Secondo un nuovo studio condotto negli Stati Uniti, i “superbolt”, la forma più rara e più estrema di fulmine, possono essere oltre mille volte più luminosi dei normali lampi e hanno un meccanismo di formazione unico, come suggeriscono studi satellitari. Questo nuovo studio svela nuovi dettagli su questi straordinari esempi di fulmini e potrebbe anche fornire informazioni utili per gli sforzi di protezione dai fulmini.
I superbolt rilevati dalle osservazioni satellitari
I superbolt furono individuati per la prima volta nel 1977 grazie alle osservazioni satellitari del Progetto Vela, un programma statunitense per monitorare il pianeta alla ricerca di esplosioni nucleari.
Ma, invece di bombe atomiche, Vela ha individuato lampi che erano almeno 100 volte più intensi dei tipici fulmini e della durata di circa 1 ms. I Superbolt sono stati avvistati in tutto il mondo, anche se più frequentemente nel Pacifico settentrionale, nelle regioni di forte attività convettiva e in associazione a forti temporali.
Da allora si cerca di capire quale sia il loro meccanismo e se si tratta di un tipo distinto di fulmine. Si è anche ipotizzato che i rilevamenti di Vela e altri satelliti siano stati dei semplici artefatti, dovuti al fatto che quando il fulmine viene visto dallo spazio, la copertura nuvolosa lo fa apparire più scuro di quanto apparirebbe se osservato dal suolo.
In due nuovi studi, i ricercatori Michael Peterson, Erin Lay e Matt Kirkland hanno analizzato i dati raccolti dai sensori ottici posizionati sui satelliti Fast On-Orbit Detection of Transient Events (FORTE) e GOES-16, con il suo Geostationary Lightning Mapper (GLM), per determinare la luminosità degli eventi superbolt. I dati di FORTE hanno fornito dodici anni di osservazioni di fulmini, mentre sono stati analizzati due anni di dati raccolti da GOES-16.
Soltanto il GLM di GOES-16, ha registrato 2.021.554 superbolt con una magnitudo di almeno 100 volte maggiore rispetto a quella della media dei fulmini regolari, mentre FORTE ne ha rilevati 20.283.
Eventi terribilmente potenti che scaturiscono da eventi rari
Grazie all’analisi di questi dati, i tre ricercatori hanno scoperto che la distribuzione globale dei superbolt meno radianti rispecchiava quella dei fulmini regolari. Gli eventi più estremi invece, hanno una distribuzione unica, con quelli osservati da GLM, che osserva l’intero continente americano, concentrati sul bacino di La Plata degli Stati Uniti centrali e del Sud America.
Nelle loro analisi, il team ha stabilito che gli eventi di superbolt più luminosi derivano tipicamente dai più rari lampi originati da nubi a terra caricati positivamente, piuttosto che dai fenomeni caricati negativamente che caratterizzano la maggior parte dei fulmini.
Peterson afferma dunque che “esiste un collegamento tra superbolt e colpi di polarità positiva ad alta corrente nei lunghi lampi orizzontali che si estendono per centinaia di chilometri noti come megaflash”. Eventi molto diversi dai fulmini normali, che hanno origine nella regione principale caricata negativamente nei livelli intermedi dei temporali e che quindi trasportano una carica negativa netta al suolo.
“I fulmini con polarità positiva provengono da una regione di carica positiva. Il più prominente di questi si trova solitamente sopra la principale regione di carica negativa, quindi i fulmini con polarità positiva tendono a viaggiare su distanze maggiori per raggiungere il suolo. Un evento più difficile da realizzarsi, e che spesso ha luogo al di fuori del nucleo del temporale, dove può colpire come un fulmine a ciel sereno”, come ha spiegato Peterson.
I superbolt fanno parte di ampie reti di fulmini
I superbolt sono stati spesso osservati in questo studio, come parte di lampi più grandi che coinvolgevano ampie reti di canali di fulmini ionizzati. Queste reti spostano quantità di carica maggiori del normale e hanno fulmini più compatti. Producono quindi emissioni ottiche notevolmente più intense rispetto ai normali fulmini.
Queste ricerche, come osserva Martin Fullekrug, fisico dell’Università di Bath, sono molto importanti nello sviluppo di strategie per la protezione degli impianti eolici dai fulmini, dato anche il crescente sviluppo dei parchi eolici.
Nuovi satelliti per nuove informazioni
Ma resta ancora molto da imparare su superbolt, megaflash e su come i fulmini illuminino le nuvole temporalesche in generale. Peterson ritiene infatti che “solo di recente, negli ultimi anni, abbiamo iniziato a effettuare misurazioni continue spaziali dall’orbita geostazionaria che consentono di identificare regolarmente questi casi eccezionalmente rari.”
“Il lancio del satellite Meteosat di terza generazione, che avverrà il prossimo anno, sarà un’importante pietra miliare per la ricerca spaziale sui fulmini perché coprirà una regione chiave per l’attività di fulmini: il bacino del Congo in Africa e una regione critica per i superbolt, ovvero il Mar Mediterraneo.”
Ph. Credit: Geostationary Lightning Mapper (GLM)