Un team di ricercatori dell’Università dell’Hokkaido, in Giappone, ha scoperto un materiale morbido e umido in grado di memorizzare, recuperare e dimenticare informazioni, come il cervello umano.
Il cervello umano conserva molte informazioni, ma tende a dimenticarle quando non è importante. Ricreare questo processo di memoria in materiali sintetici è stata una grande sfida, ma ora è stato superato da un team di ricercatori dell’Università giapponese di Hokkaido.
Lo studio
Chengtao Yu e il suo team hanno scoperto che un idrogel, che contiene materiali polifenolitici – o gel PA – è in grado di imitare la funzione di memoria dinamica del cervello, codificando le informazioni che scompaiono nel tempo, a seconda dell’intensità della memoria.
“Gli idrogel sono candidati eccellenti per imitare le funzioni biologiche perché sono morbidi e umidi come i tessuti umani. Siamo entusiasti di dimostrare come questi materiali possano imitare alcune delle funzioni di memoria del tessuto cerebrale“, ha affermato il professor Jian Gong.
In laboratorio, il team ha posizionato un sottile strato di idrogel tra due piastre di plastica: la piastra superiore aveva una forma geometrica o lettere stampate, lasciando scoperta solo l’area dell’idrogel. Gli standard includevano un aereo e la parola “GEL”.
Inizialmente, gli scienziati hanno messo il gel in acqua fredda per stabilire l’equilibrio e poi hanno posizionato il materiale in acqua calda. Il gel ha assorbito l’acqua nella sua struttura e si è gonfiato, ma solo nell’area esposta. Questo processo ha impresso il motivo sul gel sul gel, ovvero informazioni.
Più lungo è il tempo trascorso dal gel in acqua calda, più l’impressione è scura e intensa, impiegando più tempo a scomparire (o “dimenticare”) in acqua fredda. Il processo si ripete negli esseri umani: “più tempo impieghiamo per imparare qualcosa o più forti sono gli stimoli emotivi, più tempo ci impiega a dimenticare le informazioni“.
“Il sistema di memoria dell’idrogel può essere sfruttato per alcune applicazioni, come la scomparsa di messaggi di sicurezza“, ha concluso il team. I risultati della ricerca sono stati recentemente pubblicati negli Proceedings of the National Academy of Sciences.