Più si va avanti negli anni, più la tecnologia avanza e le conoscenze si accumulano, più ritrovamenti si fanno. Ossa, resti di armi, frammenti di vita, il passato dell’uomo sparso per milioni di anni e migliaia di chilometri. L’evoluzione umana risulta ancora una teoria, per quanto ampiamente riconosciuta, in quanto mancano molti tasselli, ma successi come questi aiutano a completare, seppur di poco, la nostra storia. Come da titolo, il successo in questo caso è stato decifrare il viso di un particolare esemplare di Australopithecus.
I resti di questo individuo furono trovati ad Afar in Etiopia. Di solito i ritrovamenti legati a questa specie aveva un entità quasi infima, poche ossa frammenti almeno fino alla scoperta di tale esemplare. Una grossa parte di un teschio a cui furono aggiunti un gran numero di pezzettini. La ricostruzione parziale ha portato ad un viso.
La faccia di un Australopithecus
Il viso è stato confrontato con altri esemplari, ma di specie diverse come la famosissima Lucy; quest’ultima è un A. afarensis mentre l’esemplare appena “ricostruito” è un A anamensis. La dichiarazione di Stephanie Melillo dell’Istituto Max Planck: “Fino ad ora, avevamo un grande divario tra i primi antenati umani conosciuti, che hanno circa 6 milioni di anni e specie come Lucy, che hanno 2-3 milioni di anni. Uno degli aspetti più interessanti di questa scoperta è il modo in cui colma lo spazio morfologico tra questi due gruppi.”
La ricostruzione di una faccia può portare a diversi risposte come la dieta dell’ominide, aspetto che si può riconoscere per via della conformazione della mandibola e della mascella. Dalla dieta si può anche ipotizzare uno stile di vita e così via. Può sembrare poco, ma in realtà è un passo in avanti importante.