Con una popolazione mondiale che invecchia sempre più, viene da sé che sono in aumento anche i casi di diagnosi di malattie legate all’invecchiamento. Non solo di quelle specifiche come il morbo di Parkinson o l’Alzheimer, ma in generale condizioni di decadimento cognitivo ascrivibili alla demenza. Un nuovo studio negli Stati Uniti sta però evidenziando che molte di queste diagnosi in realtà risultano scorrette cambiando quindi di molto i numeri in merito.
Lo studio parla di un 13% di diagnosi errate di demenza in persone anziane. Si tratta di una fetta enorme di persone che pensano di avere una condizione non curabili quando in realtà è tutt’altro di fatto trattabile. Questa patologia è l’encefalopatia epatica, ovvero un deterioramento cognitivo, la parte uguale alle condizioni sopracitate, causate però da un’insufficienza epatica.
Non è una forma di demenza.
Lo studio ha preso in esame oltre 175.000 cartelle di veterani statunitensi che avevano ricevuto una diagnosi demenza. Di questi, oltre il 13% presentavano tracce di FIB-4 che indicava proprio un danno al fegato.
Le parole dei ricercatori: “Abbiamo dimostrato che l’invecchiamento aggrava la malattia epatica non alcolica e riducendo questo impatto, possiamo invertire il danno. Non si è mai troppo vecchi per guarire. Sebbene non abbiamo studiato i fattori specifici alla base di queste disparità, la mancanza di accesso alla terapia o all’assistenza medica, sia nella cura della demenza che in quella delle comorbilità, potrebbe contribuire. Questo importante legame tra demenza e salute del fegato sottolinea l’importanza di sottoporre i pazienti a screening per individuare potenziali fattori curabili che contribuiscono al declino cognitivo.”