Gli adulti che hanno giocato a Pokémon da bambini hanno delle particolari regioni del loro cervello che sono maggiormente reattive quando si parla di personaggi immaginari rispetto alle persone che non hanno mai giocato, stando a quanto ha rivelato un recente studio. Michael Barnett, dottorando presso l’Università della Pennsylvania e il collega di Stanford Jesse Gomez, entrambi appassionati di Pokémon, hanno mostrato i risultati della loro scoperta in uno studio pubblicato sulla rivista Human Behaviour.
L’idea per il progetto è nata quando la coppia di studenti ha discusso un articolo sulle regioni del cervello dei giovani macachi, la cui attività si intensifica quando vedono lettere, cartoni animati e pezzi di Tetris, secondo un comunicato stampa dell’Università della Pennsylvania. “Stavamo scherzando e ci siamo chiesti: non sarebbe divertente se ci immedesimassimo nel ruolo delle scimmie?” ha dichiarato Barnett.
Questa volta però, invece dei pezzi del Tetris, hanno usato i personaggi dell’universo Pokémon della prima generazione, apparsi nelle versioni Rosso e Blu del gioco. “Da bambini abbiamo trascorso molto tempo giocando a Pokémon, forse centinaia di ore. Tutti hanno giocato sullo stesso tipo di Game Boy e sullo stesso schermo“, ha aggiunto Barnett. “Era come se fossimo oggetto di un esperimento non intenzionale, ma ben impostato“.
I due studenti hanno quindi radunato 11 “esperti” di Pokémon, che avevano iniziato a giocare tra i 5 e gli 8 anni e che abbiano ripreso in mano il gioco almeno una volta da adulti, più un gruppo di 11 novizi che non avevano alcuna esperienza con il popolare gioco per Gameboy. Ai partecipanti è stato chiesto di nominare 40 personaggi di Pokémon scelti a caso, e poi sono state mostrate una serie di immagini, inclusi volti, animali e parole.
Utilizzando una risonanza magnetica, i ricercatori sono stati in grado di osservare quale regione del cervello ha mostrato maggiore attività. Negli esperti di Pokémon, si è scoperto che il “solco occipitotemporale“, una parte dei lobi temporali e occipitali del cervello noti per elaborare immagini di animali, faceva registrare una più intensa attività, cosa che con i principianti non si è verificata.
Lo studio è stata un’esperienza molto coinvolgente, addirittura nostalgica per i ricercatori, che attraverso di esso ha acquisito importanti indizi sul funzionamento del cervello. “Oggi, i Pokémon si discostano molto dalla resa grafica dei primi Game Boy, quindi è stato molto bello rievocare quei ricordi, ma non dimentichiamo il valore scientifico di questi risultati“, ha detto Barnett nel comunicato. “Il nostro messaggio non è che sono i videogiochi a cambiare il nostro cervello: letteralmente ogni cosa può farlo!“
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