Un team di ricercatori ha compiuto un’impresa straordinaria: riportare in vita antiche alghe rimaste sepolte nei sedimenti del Mar Baltico per quasi 7.000 anni. Questo traguardo segna un nuovo record nella rianimazione di organismi viventi e offre spunti inediti sulla capacità della vita di resistere a condizioni estreme.
Un viaggio nel tempo sotto il Mar Baltico
Gli organismi risvegliati appartengono alla specie Skeletonema marinoi, un tipo di fitoplancton unicellulare che svolge un ruolo cruciale negli ecosistemi marini. Rimaste intrappolate in strati di sedimenti privi di luce e ossigeno, queste alghe sono riuscite a sopravvivere in uno stato di letargo per millenni, aspettando il momento giusto per risvegliarsi.
La scoperta, pubblicata sulla rivista ISME Journal, è il risultato di un lungo lavoro di ricerca condotto dal Leibniz Institute for Baltic Sea Research. Gli scienziati hanno raccolto campioni da dodici strati di sedimenti e li hanno esposti nuovamente a luce e ossigeno, riuscendo a risvegliare le alghe in nove casi.
Alghe antiche e moderne: poche differenze sorprendenti
Uno degli aspetti più straordinari della ricerca è che le alghe risvegliate non hanno mostrato segni di deterioramento rispetto ai loro discendenti moderni. Le loro capacità di crescita, divisione cellulare e fotosintesi risultano quasi identiche a quelle delle alghe rimaste dormienti solo per pochi anni.
Gli scienziati ritengono che le temperature costantemente fredde del fondale marino, intorno ai 4°C, abbiano contribuito alla perfetta conservazione di queste antiche cellule, rallentando il loro metabolismo fino a mantenerle vitali per migliaia di anni.
L’importanza dell’ecologia della resurrezione
Lo studio di questi organismi rientra in un campo emergente della biologia noto come “ecologia della resurrezione”. Analizzare come le alghe sopravvissute si differenziano geneticamente dai loro equivalenti moderni può offrire importanti indizi su come le specie si siano adattate ai cambiamenti climatici e ambientali nel corso dei millenni.
Questa scoperta segna un nuovo primato nella ricerca biologica. Prima di questa impresa, l’organismo vivente più antico riportato in vita era un seme di palma da dattero risalente a circa 2.000 anni fa. Con la rianimazione di Skeletonema marinoi, il record si sposta ora in ambito acquatico, ampliando le nostre conoscenze sulla resistenza e sull’evoluzione della vita nel tempo.
La ricerca proseguirà per comprendere meglio le implicazioni di questa straordinaria capacità di sopravvivenza e le possibili applicazioni future, dalle biotecnologie alla comprensione dell’adattamento della vita ai cambiamenti climatici globali.
Foto di The Tampa Bay Estuary Program su Unsplash