Potrebbe essere il momento giusto per montare il televisore più in alto e mettere da parte il nostro buon vecchio divano. Infatti, stando a quanto alcuni ricercatori hanno recentemente scoperto, stare seduti troppo a lungo è collegato ad un aumento delle morti premature.
Un team di ricerca congiunto della Queen’s University di Belfast e dell’Ulster University afferma che l’11% dei decessi prematuri nel 2016 ha riguardato persone che conducevano uno stile di vita estremamente sedentario, percentuale che equivale a circa 70’000 persone, il cui passatempo più deleterio è quello di stare semplicemente seduti.
Si tiene però conto di chi è costretto alla seduta sul lavoro
È chiaro che il discorso non riguarda le persone che stanno abitualmente sedute davanti ad un computer in orario di lavoro, dal momento che i risultati dello studio si riferiscono soprattutto a quelle persone il cui tempo libero è interamente dedicato ad attività sedentarie, come stare seduti per ore ed ore a guardare la televisione.
Infatti, la questione diventa molto più preoccupante nei casi in cui il nostro modo di rilassarci dopo una giornata seduti a fissare uno schermo è proprio continuare a fissare uno schermo, seppur in una posizione seduta leggermente diversa, fino al momento di andare a letto.
Un mix di elementi decisamente poco salutare
La combinazione di questo tipo di condotte è estremamente dannosa per la nostra salute e sarebbe auspicabile occupare il nostro tempo libero con attività diverse e più salutari, come una corsa o anche solo una passeggiata. Insomma, va bene rilassarsi con un po’ di tv, ma è importante che la gran parte della giornata sia dedicata ad altro.
Lo studio conclude così: “molte persone nel Regno Unito trascorrono il loro tempo libero in comportamenti sedentari, nonostante il posto di lavoro rappresenti una parte significativa del tempo di seduta giornaliero inevitabile per molte persone. Devono essere prese misure per ridurre questo tipo di condotta con l’obiettivo precipuo di migliorare la salute della popolazione e anche cercare di ridurre degli oneri finanziari che il servizio sanitario deve conseguentemente sostenere”.