Recensione Avatar: Frontiers of Pandora, è davvero bellissimo

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Avatar: Frontiers of Pandora è il gioco di Ubisoft ispirato all’immortale saga di film di James Cameron, Avatar appunto, ambientata sul fantastico mondo di Pandora. Sarà stata in grado la casa di sviluppatori di trasporre correttamente nel mondo del gaming, il titolo che ancora oggi ha il maggior incasso nella storia del cinema? scopriamolo assieme nella recensione completa.

 

Trama

Recensione Avatar: Frontiers of Pandora, è davvero bellissimo

Nel gioco ci troviamo su Pandora, ma in una regione sconosciuta, stiamo parlando della frontiera occidentale, suddivisa a sua volta in tre regioni differenti a cui capo troviamo varie tribù. Noi impersoniamo un giovane orfano della popolazione Na’vi, addestrato in una struttura (chiamate RDA), il cui obiettivo è quello di creare un corpo di soldati con capacità ed abilità di alto livello.

In un momento non ben definito scoppia una guerra, la struttura RDA viene coinvolta, e per insabbiare tutto il direttore Mercer ordina la completa distruzione sia dei Na’vi che della struttura stessa; fortunatamente il buon cuore della tutrice, che ha allevato tutti sin dai primi momenti di vita, garantisce la sopravvivenza, nascondendo i Na’Vi in capsule criogeniche.

L’idea iniziale era di risvegliarli al più presto, ma passano 15 anni, un tempo lunghissimo durante il quale i “nemici” hanno continuato a cercare i soldati allenati nella struttura. Quest’ultimi entreranno a far parte della Resistenza, grazie a So’lek, con un unico obiettivo: riprendersi il pianeta una volta per tutte.

Una buon costrutto narrativo, che però non riesce a spiccare il volo nella narrazione per due motivi: l’assenza del doppiaggio in italiano, una mancanza non da poco considerando i tantissimi dialoghi, ed una mancanza di un background che permetta di comprendere molte più cose di quelle che effettivamente vengono raccontate.

 

Grafica

Avatar: Frontiers of Pandora è uno dei titoli dalla grafica più emozionante del 2023, alcuni scorci sono a dir poco fantastici, nella nostra prova su PS5 siamo rimasti letteralmente incantati di poter scoprire Pandora, fruendo a tutti gli effetti di una ricchezza di dettagli senza pari e limiti. Spettacolari sono le sequenze di intermezzo, perfettamente studiate e ricreate dal team di sviluppatori, numerosissime nel corso dell’intera esperienza, spingono il giocatore direttamente nella battaglia e nella guerra su Pandora.

Buona la diversità delle aree da visitare (che ricordiamo essere 3), come anche gli stessi Na’vi, chiaramente a prima vista potrebbero apparire molto simili tra loro, ma osservandoli da vicino si possono notare sfumature e differenze che riescono a dargli carattere e renderli quasi unici nel loro genere. Per quanto riguarda il comparto audio, la colonna sonora è piacevole e coinvolgente in ogni momento della partita, con musiche che accompagnano alla perfezione il giocatore: davvero un peccato l’assenza del doppiaggio in italiano.

 

Meccanica di gioco e Gameplay

Come Ubisoft ci ha insegnato nell’ultimo periodo, anche Avatar: Frontiers of Pandora nasce con la classica struttura di un open world, con una mappa molto ampia e varia (come vi abbiamo già raccontato), ma che allo stesso tempo presenta un difetto importante: per buona parte della campagna l’esplorazione sarà solamente a piedi. Tutto ciò comporta tempi biblici per lo spostamento da un’area all’altra, nel completamento di missioni primarie e secondarie, con tempi morti che potrebbero annoiare l’utente finale. Nel momento in cui si sbloccherà il volo, finalmente l’avventura assumerà un’aria completamente diversa, e sarà infinitamente più piacevole e divertente.

Fortunatamente gli sviluppatori non hanno voluto allungare particolarmente il brodo, sono tante le missioni disponibili, che portano a poter godere di una longevità di circa 40 ore, nel momento in cui si volesse davvero guardare tutto con calma. E’ chiaro che il ruolo centrale dell’esperienza sia legato all’esplorazione di Pandora ed al crafting, ma sono presenti anche intense sessioni di combattimento, che rimandano direttamente a quanto visto con Far Cry.

Non manca una parte survival, perché come qualsiasi essere vivente, anche il nostro Na’vi deve mangiare, per farlo sarà necessario prima cacciare prede, oppure recuperare bacche di vario genere, per poi cucinarle a dovere in un forno (azioni obbligatorie per il prosieguo dell’esperienza). Il sistema di combattimento in sé offre una buonissima solidità ed una versatilità di approccio che rende l’avventura personalizzabile, con armi che spaziano dai più classici arco e frecce, fino ad arrivare ai mitra e fucili di RDA. I nemici sono il giusto mix tra umani (che ricordiamo essere molto più piccoli rispetto a noi) e creature di Pandora (feroci predatori che ci daranno del filo da torcere), capaci di offrire un buon livello di sfida, anche se il bilanciamento non è dei migliori.

 

Avatar: Frontiers of Pandora – conclusioni

In conclusione Avatar: Frontiers of Pandora incanta da un punto di vista puramente grafico e nella sua capacità di portare l’utente nel mondo incantato di Pandora, permettendogli di scoprirlo in ogni sua parte, e puntando fortissimo proprio su tale aspetto. Il costrutto narrativo discreto coinvolge e convince, promettendo tanti contenuti e missioni anche differenti tra loro.

Dall’altro lato della medaglia trova posto un gameplay che sa di già visto, un open world che richiede varie ore di gioco prima di risultare davvero divertente, e la totale assenza del doppiaggio in lingua italiana.

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