Recensione Starfield – immenso, è quasi un capolavoro

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Scrivere la recensione di Starfield è stato duro e faticoso, sono state necessarie più di 3 settimane di test per riuscire a spolpare più del necessario il titolo, e giungere ad una conclusione che ci potesse fornire una visione d’insieme dell’immenso gioco di Bethesda. Vediamolo meglio da vicino con la nostra recensione completa.

 

Trama

Il gioco è ambientato nel 2330, l’ambientazione non riguarda un solo pianeta, ma un vero e proprio Universo ricco di tantissime situazioni differenti; nel corso dell’esperienza impersoniamo un estrattore di minerali, assunto da una normalissima azienda, che esattamente nel proprio primo giorno di lavoro, scopre l’esistenza di un oggetto molto particolare: un Manufatto. Toccandolo entrerà in stato di trance, con risveglio nella propria base operativa, all’atto di vendita al committente.

La vita cambierà radicalmente, si entrerà di diritto in Constellation, un’organizzazione interplanetaria pronta a fornirvi una nave per un obiettivo finale molto nobile (di cui non vogliamo appunto svelarvi nulla). In poco tempo vi troverete su Nuova Atlantide, centro nevralgico delle operazioni, dove sarà possibile interloquire con i vari personaggi secondari, pronti a fornire una infinità di quest secondarie. E’ inutile dire che quanto raccontatovi nel nostro capitolo rappresenti solamente una piccolissima parte di ciò che vi attende in Starfield, un titolo immenso dal costrutto narrativo profondissimo, e capace di caratterizzare perfettamente i vari personaggi che incontrerete nella totalità di un’esperienza che promette centinaia di ore di divertimento. La sublime direzione artistica è perfettamente capace di offrire sensazioni quasi da film, dimostrando ancora una volta l’incredibile capacità di Bethesda di realizzare un ottimo costrutto di base.

 

Grafica

Nel corso della nostra prova abbiamo potuto testare Starfield su Xbox Series X, senza mai trovare difficoltà nel frame rate o cali particolarmente importanti. Il gioco si basa ancora sul Creation Engine 2, un motore grafico ancorato al passato, ma che riesce comunque a fornire un’esperienza generalmente ottima, che restituisce scorci pressoché unici, una infinità di dettagli negli ambienti interni ed esterni, capace di illuminare dinamicamente alla perfezione le varie aree, con riflessi estremamente interessanti sulle superfici (anche l’acqua).

L’attenzione all’estetica è un tratto distintivo dei titoli di Bethesda, e lo notiamo proprio in ogni singolo dettaglio giustamente al proprio posto; sia chiaro, qualche piccola rifinitura manca, ma considerando l’immensità dell’esperienza, ci sentiamo di ritenere Starfield come il titolo meglio rifinito tra tutti quelli pubblicati dalla software house in passato. Il comparto audio è eccellente, con una colonna sonora adeguata all’esperienza, un ottimo doppiaggio e la possibilità di godere di un’esperienza quasi unica nel suo genere, in termini sopratutto di immersione conoscitiva in un insieme di mondi in cui non avremmo mai potuto prendere parte, grazie all’incredibile capacità di Bethesda di costruire mondi differenti tra loro (chiamati Sistemi colonizzati).

 

Gameplay e Meccanica di gioco

Alla base dell’esperienza di gioco di Starfield troviamo chiaramente l’esplorazione, ma vista in versione rivisitata rispetto a quanto siamo solitamente abituati, con la navicella spaziale che funge solamente da mezzo per i viaggi rapidi, senza offrire all’utente la possibilità di controllarla sulla superficie (è utilizzabile solo in orbita o attorno alle basi spaziali). L’esplorazione spaziale è di per sé limitata, situazione che cambia drasticamente nel momento in cui l’utente mette effettivamente piede a terra.

Le aree visitabili sono davvero vastissime, e spesso molto vuote, all’interno delle quali troviamo edifici e strutture generati in modo procedurale. Nelle prime ore dell’avventura si resta davvero estasiati dal senso della scoperta, e dalla qualità di ciò che si trova; la magia tuttavia finisce molto presto, proprio perchè gli stessi asset vengono continuamente ripetuti, con la stessa disposizione degli oggetti all’interno delle strutture. Tutto questo è da ritenersi valido per le lande desolate, cosa che invece non ritroviamo nelle città, ritenute a tutti gli effetti un giusto concentrato di viottoli e viuzze colme di persone con cui parlare, missioni secondarie da scoprire ed una varietà di situazioni da farvi letteralmente impazzire, dimostrando una densità davvero unica.

L’utente si ritrova molto spesso a dover compiere diverse scelte legate all’appartenenza, o meno, alle quattro fazioni che si suddividono lo spazio; scelte che portano direttamente a risultati differenti anche nella crescita del personaggio, con differenti interazioni ed un piccolo indirizzamento verso situazioni al limite (sebbene non riesca a convincere al 100% sotto questo aspetto). Alla base del gameplay troviamo la scelta degli sviluppatori di radicare l’esperienza ai combattimenti a fuoco, nei Pianeti Colonizzati vi ritroverete a sparare moltissimo, riuscendo così a bilanciare la tranquillità dell’esplorazione nei pianeti più poveri di contenuti, uno sparatutto che ricorda Fallout 4. Gli approcci degli utenti potranno essere variegati, da chi ama uno scontro a fuoco diretto, passando per gli amanti dello stealth, i quali potranno sfruttare ad esempio i cunicoli d’areazione per nascondersi e sorprendere i nemici.

Tutto molto bello, peccato solamente che l’intelligenza artificiale non sia stata aggiornata a dovere; se da un lato la varietà dei nemici e delle armi a disposizione sono davvero molto valide, dall’altro gli stessi nemici cercheranno solamente di nascondersi dietro un riparo, sparando il più possibile. L’utente potrà vestire il proprio personaggio con un equipaggiamenti unici, tutti conditi con un sistema di abilità diversamente efficace, in relazione alle abilità o la strada intrapresa dal giocatore stesso, il quale si ritroverà a dover svolgere determinate azioni per riuscire a migliorare caratteristiche o abilità in generale.

Le esperienze sono condite poi con un sistema di costruzione delle navicelle che apre le porte ad un mondo completamente differente, aree da migliorare e da arredare secondo i propri gusti, che portano ad un incremento delle prestazioni, ma alle quali è possibile comunque fornire oggetti legati esclusivamente ad un proprio gusto estetico, tutto senza limiti, ed il crafting. E’ inutile girarci attorno, in determinate occasioni l’utente si ritroverà costretto a dedicare anima e corpo al farming, per riuscire a reperire determinate risorse, o minerali, utili per potenziamenti o miglioramenti generali.

 

Starfield – conclusioni

In conclusione Starfield è quasi un capolavoro, un’opera tanto maestosa da garantire una longevità incredibile di centinaia di ore a tutti gli utenti che vorranno spolparla in profondità, scoprendo ogni singolo anfratto dell’universo tessuto da Bethesda. La scoperta vi lascerà stregati, l’anima di The Elder Scrolls si sente e si tocca, ma allo stesso tempo è possibile godere dell’incredibile capacità della software house di creare un’esperienza variegata, tra esplorazione, crafting, sparatutto, gestionale e interazioni con una marea di NPC. Al momento attuale è difficile trovare un altro titolo tanto immenso e ricco di contenuti.

Dall’altro lato della medaglia troviamo un’eccessiva ridondanza nelle strutture dei pianeti, e forse un’esplorazione spaziale da ritenersi troppo passiva, avremmo davvero preferito poter viaggiare nello spazio verso l’infinito.

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