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Pista ciclabile fosforescente al buio: il progetto sarà realtà a Pavia

Una pista ciclabile autoilluminante verrà realizzata a Pavia. L’asfalto, composto di particolari resine, immagazzinerà la luce diurna per “liberarla” la notte. L’illuminazione e la segnalazione delle piste ciclabili sono sempre al centro di dibattiti ma in Lombardia è stato dato il via libera a un’opera che permetterà ai ciclisti pavesi di pedalare in sicurezza. Infatti, la pista ciclabile con asfalto autoilluminante lungo il fiume Ticino diventerà realtà.

 

Un tratto di ciclabile fosforescente

Tre anni fa, i cittadini e i componenti dell’associazione “Mei stò in burgh” organizzarono una raccolta firme per questo progetto e presentarono ufficialmente la proposta al Comune. Il presidente dell’associazione Stefano Schinelli dichiara la sua soddisfazione nei passi avanti che sono stati fatti: “All’epoca vennero stanziati 30mila euro per dare il via alla fase di progettazione e ora finalmente siamo vicini al traguardo. La Regione Lombardia si è impegnata a coprire il 50% del costo della pista, che è di circa 260 mila euro.

asfalto fosforescente

Il tratto in questione è compreso tra via Cà Bella, nel quartiere di Borgo Ticino, e comune limitrofo di Travacò Siccomario. “I cinque chilometri del nostro tratto andranno a raccordarsi con le decine di chilometri di ciclabili già esistenti nella zona del Siccomario e a connettersi con la ciclovia VenTo, che collega Venezia e Torino passando per Travacò”.

L’agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo) ha vietato l’illuminazione tradizionale per rispettare l’ambiente. Quindi questo nuovo progetto era la risposta al problema della visibilità notturna e della sicurezza per i ciclisti, punto su cui si è battuto il presidente di “Mei stò in burgh”: “Per circa 500 metri il tracciato scorrerà su un piano diverso da quello stradale, evitando di condividere la carreggiata con le auto in un tratto particolarmente trafficato”.

 

Una pista green, per colore e per missione

La pista ciclabile sarà realizzata in asfalto autoilluminante: l’asfalto sarà composto di cristalli fosforescenti, il cui colore varierà dal blu al verde. Questi cristalli sono in grado di immagazzinare la luce solare e di rilasciarla nelle ore notturne: il tutto senza utilizzare elettricità. Questa idea è frutto dell’Istituto Tecnologie di Pruszkow, in Polonia. Oltre a non utilizzare in alcun modo corrente elettrica, questo tipo di illuminazione rispetta sia la natura che la fauna locale. Infatti, afferma Schinelli: “Abitando qui, mi è capitato di imbattermi in cinghiali, scoiattoli e tassi, ed è importante salvaguardarne l’habitat. Di conseguenza la pista ciclabile sarà ancora più green ed ecocompatibile.

resine fosforescenti

I gatti amano il sapore della nostra carne: la scoperta di uno studio

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Quanto sono belli i gatti. Piccole palle di pelo che fanno le fuse quando le coccoliamo. Certo, si potrebbe ironizzare sul fatto che qualcuno di loro in realtà stia pianificando di prendere il controllo del mondo, ma per ora non ci sono le prove. In ogni caso, uno studio sembra aver fatto una scoperta che poco si allontana da una visione malefica di questi animali. Apparentemente gli piace la carne umana in putrefazione.

La carne umana che ci decompone ha un odore nauseabondo e anche il gusto, probabilmente, non ne è da meno. Una combinazione che invece sembra piacere ai gatti, per lo meno ad alcuni esemplari che sono stati avvistati nei pressi di una struttura che per le ricerche che conduceva aveva diversi corpi in questo stato. I ricercatori hanno scoperto un paio gatti selvatici presentarsi diversi volte per nutrirsi di cadaveri.

 

Gatti necrofagi

In natura è pieno di animali necrofagi, per questa specie la documentazione in realtà risulta sorprendentemente corta. La maggior parte dei casi registrati riguarda casi in cui un proprietario è morto e i gatti abbandonati a loro stessi senza la possibilità di uscire hanno iniziato a nutrirsi di quest’ultimo. Una situazione del genere è invece nuova.

La struttura in questione aveva lasciato all’aperto dei cadaveri proprio per studiare l’effetto della natura sulla decomposizione. A un certo punto un paio di gatti hanno iniziato per diverse notti a scavalcare le recinzioni per andare a nutrirsi dei corpi. Un aspetto interessante è che ognuno dei due ha scelto un cadavere la prima notte e si è nutrito solo di quello per tutte quelle a seguire. Uno dei due si è cibato dello stesso per 35 giorni di fila ignorando gli altri 40 corpi presenti.

“Progettato dai pagliacci”: i dipendenti Boeing erano a conoscenza dei difetti nei simulatori 737-MAX

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Boeing ha fornito al Congresso messaggi di testo in cui i suoi dipendenti screditano il processo di certificazione Modello 737 MAX e denigrano il regolatore dell’aviazione. Nei messaggi, consultati dall’agenzia France-Presse, i piloti segnalano guasti nei simulatori del dispositivo, provocando due incidenti nel 2018 e nel 2019, che hanno causato 346 decessi.

Questo aereo è progettato da pagliacci, sorvegliati dalle scimmie“, recita un messaggio del 2017, in un apparente riferimento alla Federal Aviation Administration (FAA).

In un altro messaggio, un dipendente ammette a un collega che non avrebbe lasciato volare la sua famiglia su un aereo 737 Max.Non sono ancora stato perdonato da Dio per quello che ho nascosto l’anno scorso“, ha scritto un altro dipendente in un messaggio datato 2018.

Questi messaggi sono stati resi disponibili dai legislatori statunitensi che indagano sul processo di certificazione 737 MAX in due tragici incidenti in Indonesia (2018) ed Etiopia (2019) in meno di cinque mesi, causando 346 decessi. Eventi che immersero Boeing nella crisi più grave della sua storia.

 

Parola d’ordine: trasparenza

Alcune di queste comunicazioni riguardano lo sviluppo e la qualificazione dei simulatori Boeing 737 MAX nel 2017 e nel 2018“, ha affermato Boeing, aggiungendo di aver reso disponibili i messaggi in nome della “trasparenza”.

Boeing ora rischia di vedere peggiorate le sue già tese relazioni della FAA. “Queste comunicazioni non riflettono la società che siamo e devono essere, e sono completamente inaccettabili“, ha dichiarato Boeing in una nota.

Alla fine di dicembre, l’amministratore delegato della Boeing Dennis Muilenburg è stato rimosso dall’incarico a causa di tensioni ed è stato sostituito da David Calhoun.

C’è stata la seconda vittima per la misteriosa malattia in Cina: gli USA si preparano

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La misteriosa malattia che ha fatto la comparsa in una cittadina precisa in Cina ha fatto la sua seconda vittima. Una situazione abbastanza significativa sulla pericolosità del virus legato a quello della SARS, ma non è la parte peggiore. Finora si era pensato che dal punto di vista di eventuali contagi non c’erano più pericoli, ma così non è stato. Se la situazione sembrava essersi stabilizzata, la comparsa di tre nuovi casi fuori non solo dal confine della città, ma della Cina stessa, ha iniziato a fare preoccupare altre nazioni.

I nuovi casi sono stati registrati in Thailandia, due, e in Giappone, uno. Le autorità internazionali hanno cercato di sottolineare che il rischio è bassissimo, ma ovviamente è una situazione che non rassicura. Proprio a causa dell’evoluzione del tutto, gli Stati uniti hanno iniziato a tenere sotto controllo i voli che arrivano da quella zona dell’Asia, ma non solo. Stanno pensando di visitare anche diversi individui.

 

La misteriosa malattia cinese: nuova vittima e altri contagi

Le parole di Martin Cetron, un dirigente del CDC, centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie: “Per proteggere ulteriormente la salute del pubblico americano durante l’emergere di questo nuovo coronavirus, CDC sta avviando lo screening d’ingresso in tre porti di ingresso. Ci aspettiamo che la proiezione nelle prossime due settimane possa includere ben 5000 persone a partire da venerdì sera.”

Il numero di persone che hanno contratto la malattia insieme ai due morti non dipingono di per sé un quadro eccessivamente allarmante, come detto. L’uscita dai confini cinesi sta iniziando però ha causare panico da viaggio. Quest’anno sarà l’anno delle Olimpiadi di Tokyo e considerando che uno dei nuovi casi è stato registrato in Giappone, le misure di sicurezza potrebbero potenzialmente aumentare.

Clima: l’aumento di temperatura agisce come se facessimo esplodere cinque bombe atomiche al secondo

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Dopo aver analizzato i dati sul clima dagli anni ’50 al 2019, un team internazionale di scienziati ha stabilito che la temperatura media degli oceani del mondo nel 2019 era di 0,075 gradi superiore alla media registrata nel trentennio 1980–2010. Questo potrebbe sembrare un aumento irrisorio, ma dato l’enorme volume degli oceani, un aumento delle temperature, anche così piccolo, richiederebbe un incredibile afflusso di calore, secondo lo studio.

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Si tratta di valori difficili da rappresentare, perciò uno degli scienziati ha cercato di inserirli in un quadro di riferimento, confrontandoli con la quantità di energia rilasciata dalla bomba atomica che l’esercito degli Stati Uniti lanciò su Hiroshima, in Giappone, nel 1945. “La bomba atomica di Hiroshima è esplosa con un’energia di circa 63.000.000.000.000 di Joules“, ha detto Lijing Cheng, dell’Accademia cinese delle scienze. “La quantità di calore che abbiamo immesso negli oceani del mondo negli ultimi 25 anni è pari a 3,6 miliardi di esplosioni di bombe atomiche di Hiroshima“. Ciò vuol dire che circa cinque bombe di questo tipo impattano nei nostri oceani ogni secondo da 25 anni e i valori stanno ancora aumentando.

 

L’impatto dell’aumento delle temperature sul clima sarà presto impossibile da contenere

Nel 2019, il riscaldamento degli oceani equivaleva a “circa cinque bombe di Hiroshima, ogni secondo, giorno e notte, 365 giorni all’anno“, ha detto l’autore dello studio John Abraham, dell’Università St. Thomas nel Minnesota. E nel caso in cui le bombe atomiche siano ancora troppo astratte come unità comparativa, il tasso del 2019 è equivalente al calore che produrremmo se ogni persona sulla Terra puntasse costantemente 100 asciugacapelli sugli oceani, ha dichiarato Abraham.

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Il ghiaccio, inoltre, si sta sciogliendo più velocemente del previsto, causando l’innalzamento del livello del mare. I delfini e altre specie marine stanno morendo perché non riescono ad adattarsi abbastanza rapidamente e l’aumento della quantità di acqua che evapora nell’atmosfera a causa del calore ha un impatto negativo sul nostro pianeta. “Questo fenomeno rende sempre più potenti uragani e tifoni, causando poi piogge sempre più intense“, ha continuato Abraham. “È come se stessimo somministrando degli steroidi al nostro clima“.

Toxoplasmosi: il parassita rende i topi più spavaldi in presenza dei gatti

toxoplasmosi

La relazione tra un parassita diffuso dai gatti e i topi con cui vengono in contatto potrebbe essere più complessa di quanto pensassimo, secondo una nuova ricerca. Questa suggerisce che i topi infetti da Toxoplasma gondii non solo hanno meno paura dei gatti, ma sono più tranquilli in generale. La patologia che trasmette, la toxoplasmosi, ha suscitato molta preoccupazione a causa dei suoi aggressivi sintomi. Il ciclo di vita del parassita inizia nei gatti, esso deponendo uova nel terreno; un roditore potrebbe ingoiare quelle uova, che fino a sostituire le cellule del loro nuovo ospite. Quando un gatto viene infettato per aver mangiato un topo infetto, i parassiti raggiungono la piena età adulta, si riproducono e ricominciano l’intero processo.

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Ma la toxoplasmosi non è uno “spettatore passivo” nel gioco della vita. Quando infetta un topo, il parassita può influenzare il comportamento dell’animale per renderlo meno impaurito dalla presenza del gatto, suo predatore per eccellenza. È quindi più probabile che il roditore finisca per essere divorato dal felino. Ci sono poi prove che questo parassita possa influenzare anche le menti umane. Il parassita può infettarci e rimanere nascosto nel nostro corpo molto a lungo; alcuni studi hanno peraltro suggerito che le persone infettate dalla toxoplasmosi hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie mentali come la schizofrenia.

 

La toxoplasmosi può infettare anche l’uomo, ma con conseguenze meno serie rispetto a quanto visto nei topi

Attraverso una serie di esperimenti su topi infetti, i ricercatori hanno trovato prove di molti cambiamenti comportamentali. Essi, ad esempio, erano più impulsivi e meno cauti durante l’esplorazione di nuovi ambienti e tendevano a trascorrere più tempo all’aperto rispetto ai topi sani. In altre parole, i topi non solo tendevano ad essere più “spavaldi” in presenza dei gatti, ma in generale sono risultati più tranquilli e meno ansiosi. “Per 20 anni, T. gondii è stato un esempio di manipolazione adattiva parassitaria“, ha affermato Ivan Rodriguez, ricercatore di neurogenetica all’Università di Ginevra. “L’alterazione comportamentale non riguarda solo la paura dei predatori, ma influenzano vari comportamenti e funzioni neurali“.

toxoplasmosi

Rodriguez e il suo team hanno anche trovato prove che questi cambiamenti sono causati da un’infiammazione del cervello, ma gli autori avvertono che i loro risultati non devono necessariamente essere considerati affidabili per quanto riguarda le infezioni di questo tipo nell’uomo. Gli effetti sono quasi sicuramente molto meno drammatici di quello che vediamo nei topi. “Speriamo che le persone capiscano che non incorreranno in nessuna sindrome del gatto pazzo qualora finissero infettati da T. gondii“, ha rassicurato Dominique Soldati-Favre, anch’egli ricercatore dell’Università di Ginevra.

I Neanderthal facevano largo uso di gusci di molluschi per i loro utensili

Neanderthal

Gli uomini di Neanderthal erano soliti fare lunghe immersioni per raccogliere molluschi, i cui gusci erano utilizzati per fabbricare diversi utensili, secondo una nuova ricerca, suggerendo un rapporto con il mare di questi uomini primitivi più stretto di quanto si pensasse. Lo studio aveva ad oggetto 171 strumenti costituiti da materiale chitinoso, trovati in una grotta ormai inaccessibile nell’Italia centrale, nota come Grotta dei Moscerini, scavata nel 1949.

 

I Neanderthal utilizzavano i gusci dei molluschi vivi, raccogliendoli direttamente dal fondo del mare

La datazione dei denti di animali ivi rinvenuti e degli strumenti posti vicino ad essi suggerisce che questi reperti risalgono dai 90.000 ai 100.000 anni fa, un periodo in cui si pensava che nell’Europa occidentale fossero presenti solo i Neanderthal. In precedenza si pensava infatti che gli strumenti fossero stati costruiti partendo da conchiglie raccolte lungo la spiaggia, ma ora gli esperti hanno studiato con molta attenzione questi utensili, rivelando che molti di essi presentano tracce piuttosto inusuali della presenza di cirripedi e di alcuni strani segni sui gusci.

Neanderthal

Negli animali vivi, il guscio esterno è lucido, mentre nei molluschi spiaggiati, lasciati sulla riva dalle onde del mare, la superficie è opaca e patinata“, ha detto Paola Villa, coautrice dello studio e al lavoro presso l’Università del Colorado Boulder. Il team afferma che quasi un quarto degli strumenti costituiti da conchiglie, tutti realizzati con il guscio di una vongola conosciuta come Callista chione, mostrano superfici che suggeriscono che siano stati raccolti dal fondo del mare, probabilmente con il mollusco ancora vivo all’interno. Villa ha riferito che i Neanderthal erano capaci di raccogliere queste conchiglie immergendosi ad una profondità massima di 4 metri.

 

Secondo gli studiosi, questo insolito stretto rapporto col mare degli uomini primitivi sarebbe testimoniato dal loro “orecchio del surfista”

Callista chione si trova nelle acque costiere, fino a 180 metri sotto il livello del mare. Ma i Neanderthal non avevano certo l’attrezzatura adatta per effettuare immersioni subacquee “, ha aggiunto Villa. Le analisi mostrano che l’approvvigionamento di materiali utili alla realizzazione di questi strumenti in era spesso impossibile; tuttavia, il team ha scoperto che gli strumenti a base di gusci erano più comuni quando gli utensili in pietra erano particolarmente scarsi. Forse i Neanderthal facevano uso della pietra solo quando era a portata di mano.

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Il team ha riferito anche un’altra sorpresa: la scoperta di pomici, ossia accumuli di roccia vulcanica che secondo i ricercatori erano stati raccolti dai Neanderthal dalla spiaggia. È noto che tali rocce siano state utilizzate dai primi uomini per lavorare le ossa ed ottenerne utensili. Villa e colleghi notano poi che il nuovo studio suggerisce che i Neanderthal fossero abituati a vivere nei pressi del mare; è stato recentemente scoperto infatti che i Neanderthal avevano il cosiddetto “orecchio del surfista“, cioè una crescita ossea nel condotto uditivo esterno che si forma in risposta alla ripetuta esposizione all’acqua fredda o al vento.

Tumori, scoperte “centrali” di cellule all’interno del corpo che li combattono

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Purtroppo spesso sentiamo notizie di persone colpite da tumori, che a volte possono essere anche maligni e molto seri, come per esempio il cancro. Essi sono dovuti ad una massa di tessuto che cresce in modo inatteso ed in eccesso, anche dopo la fine degli stimoli che l’hanno creata. Questi avvengono principalmente a causa di alterazioni del patrimonio genetico della persona.

In merito a ciò, una nuova ricerca ha dimostrato che esistono delle “fabbriche” piene di cellule immunitarie che aiutano il corpo a combattere un’azione di retroguardia contro il cancro. Negli ultimi anni, infatti, i medici si sono rivolti a un nuovo trattamento per il cancro, l’immunoterapia, che fa leva sul sistema immunitario per combattere i tumori.

La tecnica si è in gran parte focalizzata sui globuli bianchi chiamati cellule T, che sono “addestrati” a riconoscere e attaccare le cellule tumorali. Ma il trattamento innovativo funziona bene solo per circa il 20% dei pazienti e i ricercatori hanno cercato di capire perché alcune persone rispondono meglio di altre. Tre articoli pubblicati giovedì sulla rivista Nature indicano la strada, identificando una formazione chiave all’interno di alcuni tumori: strutture linfoidi terziarie (TLS).

 

Le “fabbriche” di cellule contro i tumori

Queste strutture funzionano come “fabbriche o scuole” per le cellule immunitarie che aiutano l’organismo a combattere il cancro, ha affermato Wolf H. Fridman, professore emerito di immunologia presso il Cordeliers Research Center, che ha contribuito a condurre uno degli studi. “Le cellule hanno bisogno di essere educate nelle scuole, che sono le strutture linfoidi terziarie, dove imparano efficacemente a riconoscere e attaccare le cellule tumorali”, ha detto Fridman.

L’aspetto fondamentale dei risultati è che le cellule T sono tutt’altro che le uniche cellule immunitarie in grado di combattere il cancro, con i ricercatori che hanno scoperto infatti che il TLS era pieno di cellule B, una specie di cellula immunitaria che produce anticorpi.

“Siamo stati tossicodipendenti da cellule T da 15 anni nel cancro”, ha detto Fridman scherzando. “Abbiamo analizzato questi sarcomi per vedere quali gruppi avessero e ciò che colpisce è che sono comparse queste cellule B. “Attraverso questi studi, scopriamo che le cellule B non sono solo astanti innocenti, ma stanno essi stessi contribuendo in modo significativo alla risposta immunitaria antitumorale”.

Instagram: da ora è possibile inviare e ricevere DM via Web

Instagram introduce nuove modifiche per il feed

La casa di Facebook si sta dando molto da fare negli ultimi tempi per migliorare i suoi social network. In particolare, Instagram risulta essere quello che sta subendo più trasformazioni. Nelle scorse ore, l’azienda del noto social ha dato il via ad una fase di test volta ad introdurre la possibilità di inviare e ricevere messaggi privati via Web. Come sarà accolta la feature?

Tutti coloro che utilizzano Instagram sul proprio smartphone sanno cosa siano i DM. Per chi non lo sapesse, i DM sono i messaggi privati che gli utenti possono inviarsi all’interno del noto social network. Parliamo di una vera e propria chat alla pari di quella proposta per Facebook. Fino a qualche ora fa era possibile utilizzare i DM solamente attraverso l’app. Le cose, però, sono cambiate. Scopriamo il nuovo test dell’azienda.

 

Instagram: inviare e ricevere DM via Web è ora possibile

Ebbene sì, a partire da qualche ore, una cerchia ristretta di utenti ha avuto la possibilità di provare una delle nuove feature di Instagram. Stiamo parlando, ovviamente, della possibilità di inviare e ricevere messaggi privati tramite Web. La chat appare in tutto e per tutto simile a quella che vediamo tutti i giorni sull’applicazione. Per il momento, la funzione risulta essere disponibile solo in fase di test. Se questi dovessero andare bene l’azienda la renderà disponibile per tutti gli utenti.

La casa di Instagram non ha comunicato il perché di una scelta di questo tipo. Molto probabilmente vuole rendere il suo social fruibile al 100% su tutte le piattaforme. Come accoglieranno la novità gli utenti? Restate in attesa per eventuali aggiornamenti a riguardo.

I Fitbit possono aiutare a prevedere i focolai di influenza

fitbit logo

Uno dei device che più ha avuto successo negli ultimi anni sono stati gli smartwatch, degli orologi con numerosi funzioni, sia per gli sportivi sia per i non. Uno degli wearable più venduti è senza dubbio il FitBit, venduto in milioni di pezzi in tutto il mondo.

Esso però non conta solo i passi ed i minuti di sonno, le funzioni classiche di un wearable, ma può anche aiutare a capire se si è affetti da influenza, e avvisare le autorità sanitarie di prepararsi ad aiutare in caso di una nascita di un possibile focolaio.

 

La funzione del Fitbit per prevedere picchi di influenza

Uno studio condotto negli Stati Uniti ha rilevato che i dati relativi alla frequenza cardiaca e al sonno degli orologi da fitness tracker possono prevedere e avvisare i funzionari della sanità pubblica in tempo reale di focolai di influenza in modo più accurato rispetto agli attuali metodi di sorveglianza.

Lo studio ha utilizzato i dati di oltre 47.000 utenti Fitbit in cinque stati degli Stati Uniti. I risultati, pubblicati sulla rivista The Lancet Digital Health, hanno mostrato che, utilizzando i dati dell’orologio, le previsioni a livello statale delle epidemie di influenza sono state migliorate e accelerate.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno nel mondo muoiano 650.000 persone per malattie respiratorie legate all’influenza stagionale. Le segnalazioni di sorveglianza tradizionali, però, richiedono fino a tre settimane, il che significa che le misure di risposta, per esempio la distribuzione di vaccini o antivirali e il consiglio ai pazienti di rimanere a casa, possono spesso restare in ritardo e dunque non fermare l’accenno di focolaio.

“La risposta più rapida alle epidemie di influenza può prevenire un’ulteriore diffusione e infezione, ed eravamo curiosi di vedere se i dati dei sensori potessero migliorare la sorveglianza in tempo reale”, ha affermato Jennifer Radin, che ha co-condotto tale studio presso l‘US Scripps Research Translational Institute.

Scoperti antichi virus durante lo scioglimento dei ghiacci in Tibet

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Già lo sappiamo, nascosto nel ghiaccio di tutto il mondo, per lo meno quello più antico e che per migliaia di anni e in alcuni casi anche milioni non si è sciolto, sono nascosti virus spaventosi che si ritenevano essere scomparsi del tutto e altri che invece se ne ignorava l’esistenza. Probabilmente di quest’ultimi ce n’è un’infinità. A sottolineare questo aspetto ci ha pensato un team di ricercatori statunitensi e cinesi. Il gruppo ha da poco scoperto ben 28 gruppi di virus sconosciuti.

La scoperta è stata fatta sull’altopiano tibetano. Cinque anni fa sono stati raccolti dei campioni di ghiaccio e dopo tutto questo tempo ecco che sono arrivati a questa informazione. Una scoperta importante sicuramente in quanto potrà essere usata per cercare di capire cosa bisognerà aspettarsi nel giro dei prossimi decenni.

 

Virus e cambiamento climatico

Le parole degli autori in merito alla scoperta: “Il ghiaccio del ghiacciaio ospita diversi microbi, ma i virus associati e il loro impatto sui microbiomi del ghiaccio sono stati inesplorati. La biomassa è così bassa che tutto ciò con cui la contaminate all’esterno sarà a concentrazioni molto più elevate di qualsiasi cosa all’interno del nucleo di ghiaccio. I problemi di decontaminazione sono estremamente importanti; altrimenti, otterrai solo spazzatura.”

L’eventualità di liberare virus o altri microorganismi letali è concreta. Un esempio è quello del 2016 quando dell’antrace precedentemente sepolta nel ghiaccio si è liberata a causa dell’aumento delle temperature. Il risultato è stata l’uccisione migliaia di renne, letteralmente, e l’aver spedito 96 persone in ospedale. Alcuni di film di fantascienza non saranno più considerabili tali.

Alcuni tipi di alghe producono metano favorendo l’effetto serra

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Quando si parla di effetto serra si addita sempre, per lo meno prevalentemente, l’anidride carbonica. Si tratta sì del gas la cui concentrazione sta salendo a ritmi vertiginosi, ma non è l’elemento più pericoloso che si sta accumulando lassù. Un altro è il metano che ormai è risaputo essere 60 volte più efficacie nell’intrappolare il calore rispetto alla CO2. Essendo più pericoloso in tal senso, molti studi hanno iniziato a concentrarsi su quest’ultimo.

Una nuova ricerca ha fatto una scoperta particolare su alcuni tipi di alghe, le blu verdi che in realtà si tratta essere di cianobatteri. I test in laboratorio hanno evidenziato che questi organismi producono effettivamente metano che poi si accumula nell’atmosfera. Lo producono in modo arbitrario, non importa in che condizioni. Con alta concentrazione di ossigeno, bassa, con luce o senza, ma in quest’ultimi la produzione risulta un po’ inferiore.

 

Batteri, alghe e metano

Questa scoperta ha importanza non da poco. Si tratta di un elemento aggiuntivo che precedentemente non era stato contato nei vari calcoli fatti in merito ai cambiamenti climatici. Continuando a studiare questi batteri si potrebbe scoprire altro, ma allo stato attuale non è sicuramente una cosa positiva.

L’uomo ha un disperato bisogno di cercare di ridurre la presenza dei gas serra nell’atmosfera. La temperatura sta salendo sempre di più con tutti gli effetti che ne consegue. Scioglimento dei ghiacci, innalzamento degli oceani, fenomeni meteo sempre più imprevedibile e distruttivi, specie in via di estinzione, peggioramento della salute in generale e dell’economia di alcuni paesi ed essendo tutti sulla stessa barca, dovrebbe importarci.

Bug of the Year 2000, rinviato al 2020, oggi è tornato)

Bug of the Year 2000

Negli ultimi anni del secolo scorso, il famigerato “Bug of the Year 2000” ha suscitato preoccupazione in tutto il mondo. Molti credevano nel caos apocalittico e nel crollo della civiltà causato dal fallimento di computer, sistemi pubblici, banche e qualsiasi dispositivo che avesse un chip che calcolasse le date con solo 2 cifre all’anno.

La Y2K, o “Bug of the Year 2000” appunto, è stato un grattacapo per migliaia di manager di computer e IT alla fine del secolo scorso. Il famigerato bug minacciava di attaccare qualsiasi computer che utilizzava un formato data a due cifre per l’anno, ad esempio “17/01/97”.

Questo formato, che per ridurre al minimo l’uso della memoria del computer entro il 19 prima dell’anno, era utilizzato dai primi programmatori di computer che, negli anni ’50 e ’60, non sospettavano a cosa sarebbero giunti i sistemi informatici che stavano creando – ovvero avere una vita più lunga del previsto e sopravvivere fino all’anno 2000. O, nel formato che hanno usato, fino all’anno 00.

Il problema è che a mezzanotte del 31 dicembre 1999, i computer presumevano che la data corrente fosse il 01/01/00, cioè il primo giorno del gennaio 1900. Questo comportamento avrebbe potuto causare una varietà di problemi, piccoli e grandi: dalle banche che calcolano i tassi di interesse negativi, le attrezzature ospedaliere che avrebbero potuto chiudere perché non era un giorno lavorativo, i registri delle persone viventi in età negativa. I problemi potevano essere moltiplici e avere un grande impatto.

Il metodo utilizzato per risolvere il problema a lungo termine è stato quello di riscrivere tutti i componenti dei sistemi di programmazione, i database e il codice sorgente per utilizzare le date dell’anno a quattro cifre, il che ha richiesto tempo e denaro. Migliaia di programmatori e aziende hanno trascorso anni riscrivendo il codice e scambiando i sistemi con nuove versioni con un formato a 4 cifre per l’anno.

Tuttavia, non tutti i responsabili IT hanno scelto di risolvere definitivamente il problema. Alcuni hanno usato una soluzione rapida che l’ha semplicemente rimandata al 2020. E quando tutti pensavamo di essere sopravvissuti al Bug dell’anno 2000, una serie di incidenti ha portato alla luce un nuovo problema: l’Y2020.

 

Y2020

La soluzione rapida per il bug Y2K scelto da alcuni programmatori era quella di usare una tecnica di windowing, inserendo le subroutine nel codice in modo che ogni volta che l’anno fosse “inferiore a 20”, il sistema ne assumeva un 20 prima. Cioè, all’ultimo squillo del 31/12/(20)19, alcuni sistemi sono tornati allo 01/01/1900.

La tecnica utilizzata da molti programmatori nel 2000 per risolvere il bug Y2K, chiamato informalmente “anno centrale“, causa problemi simili a quelli dell’anno 2000. Nel sistema di dati a due cifre, “20” diventa l’anno centrale.

Ciò significa che i dati contenenti un anno a due cifre compreso tra “00-20″ saranno trattati come post-2000, mentre gli anni tra 20 e 99 saranno interpretati come riferiti al secolo precedente. I sistemi che usano l'”anno centrale” ora credono che siamo tornati nel 1920.

Il problema è già stato avvertito. I parchimetri a New York, ad esempio, hanno rifiutato i pagamenti con carta di credito dopo che il software obsoleto ha disabilitato l’opzione di pagamento di Capodanno. Il Dipartimento dei trasporti, sta ancora vagando per la città per aggiornare manualmente i 14.000 parchimetri uno per uno.

Venti anni fa, il 2020 sembrava abbastanza lontano tanto che molti programmatori avrebbero ancora scelto 20 come “l’anno centrale”, supponendo che nel frattempo la maggior parte dei sistemi e dei codici sarebbero stati sostituiti. Finora, i sistemi interessati sono stati riparati rapidamente e alcune aziende hanno presentato patch prima del nuovo anno. Tuttavia, sempre meno specialisti sono in grado di intervenire in questi sistemi e sempre più paradigmi di programmazione si stanno allontanando dal modo in cui questi linguaggi antichi sono stati implementati.

Quindi, per coloro che hanno appena risolto il problema per un paio di decenni, i problemi sono appena ricominciati. Per quanto riguarda gli altri, nessuno dovrebbe essere qui il 31 dicembre 9999.

Fortnite: l’aggiornamento 11.40 svela le sfide a tempo straordinario

Fortnite sfide straordinarie stagione 1

La casa del fenomeno videoludico degli ultimi tempi, Epic Games, ha rilasciato finalmente l’aggiornamento 11.40 di Fortnite. Questo, oltre ad introdurre alcune interessanti novità, ha portato nel gioco anche una serie di sfide a tempo straordinario. Queste, come sempre, garantiranno esclusivi stili alternativi per alcune delle Skin del Pass Battaglia. Scopriamoli insieme.

Epic Games ha dimostrato ancora una volta di essere molto affezionata alle tradizioni di Fortnite. Le sfide a tempo straordinario, rilasciate per la prima volta nella Stagione 7 del Capitolo 1, vengono riproposte anche in questo nuovo capitolo. Questa volta avremo ben 4 stili da sbloccare. Scopriamoli uno ad uno.

 

Fortnite: ecco i 4 stili sbloccabili per le Skin del Pass Battaglia

Dei 4 stili che potranno essere sbloccati con le sfide a tempo straordinario, uno era già noto. Stiamo parlando della variante viola della Skin Rimedio vs Tossina di cui vi abbiamo parlato in un altro articolo. Gli altri 3 stili, invece, sono stati svelati dai dataminer dopo il rilascio dell’aggiornamento 11.40. Il primo è la variante viola della famosa Skin Rippley. Gli altri due, invece, sono due straordinarie varianti oro delle Skin Palla 8 e Cameo vs Chic. Dei 4 stili, 3 sono già sbloccabili. Le sfide per lo stile della Skin Cameo vs Chic verranno rese disponibili nelle prossime settimane.

Beh che dire, questa Stagione Epic Games si è data davvero da fare con gli stili esclusivi delle Skin del Pass Battaglia. Bisogna ammettere, infatti, che queste risultano essere fatte davvero molto bene. Come avrà reagito la community? Restate in attesa per eventuali aggiornamenti a riguardo.

Una città australiana è stata invasa dagli emu: brutti ricordi

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Mentre una grossa fetta dell’Australia sta bruciando, in una cittadina tranquilla si sta vivendo un esperienza strana, sicuramente e assolutamente non drammatica come gli incedi, ma particolare. Nannup, un insediamento di 1.300 anime, ha iniziato a dover fare i conti con un’eccessiva presenza di emu che per chi non lo sapesse sono animali simili agli struzzi. Dall’estate dell’anno scorso un nutrito gruppo di 40 esemplari ha iniziato a farsi vivo con insistenza.

Ovviamente è un problema. Una simile quantità di esemplari fa parecchi danni soprattutto agli orti oltre che a sporcare in giro e spargere spazzatura ovunque. Sebbene gli abitanti erano abituati alla presenza di questi grossi volatili all’esterno della cittadina, questa invasione è una novità. Probabilmente il cambio di zona degli animali è dovuto al fatto di aver scoperto che dove c’è l’uomo c’è cibo facile oltre al fatto che ci sono meno predatori.

 

La guerra degli emu

Questa situazione, sotto un certo punto di vista, fa ridere. Nel 1932 c’è stato un avvenimento particolare che visto dall’esterno fa anche ridere. Ci fu la Grande guerra degli emu, un conflitto tra contadini, tra i quali molti erano ex soldati, e questi volatili. La presenza di quasi 20.000 mila esemplari aveva messo a serio rischio le coltivazioni e quindi erano state imbracciate le armi per cercare di ucciderne il più possibile.

Dire che la guerra fu persa dagli australiani è esagerato, ma da un certo punto di vista fu un disastro. Nel giro di un paio di mesi furono sparati quasi 10.000 proiettili con il risultato dell’uccisione di appena 986 uccelli. L’opinione pubblica invece, più che altro dal Regno Unito, definì l’operazione “un tentativo di distruzione di massa della popolazione degli uccelli” ovviamente in senso negativo.

Apple è al lavoro su un iPad Pro 5G con supporto mmWave

Apple iPad Pro 2018

Il 2020 sarà senza dubbio l’anno del 5G per iPhone. Tuttavia, sembra che il colosso di Cupertino sia interessato a portare questa tecnologia anche su altri suoi prodotti, in particolare iPad. Stando ad un report pubblicato nelle scorse ore da Digitimes, Apple sarebbe già in trattativa con un’azienda per la fornitura delle antenne 5G con supporto mmWave per i prossimi iPad Pro. Scopriamo insieme i dettagli.

La casa della mela morsicata, Apple, non ha presentato un iPad Pro nel 2019. Questo perché il modello del 2018 è stato una vera e propria rivoluzione in termini di potenza. Per il 2020 ci aspettiamo grandi cose. Sarà questo l’anno in cui vedremo nascere il primo iPad dotato di connettività 5G? Cerchiamo di capirlo.

 

Apple: un iPad 5G potrebbe arrivare solo nel 2021

Non ci sono dubbi sul fatto che la casa della mela morsicata stia lavorando ad un nuovo modello di iPad Pro da lanciare sul mercato. Stando a quanto dichiarato dalla maggior parte degli analisti, il nuovo device dovrebbe vedere la luce nei primi mesi dell’anno, probabilmente a marzo. Di conseguenza, ci sembra molto improbabile che Apple abbia intenzione di introdurre la tecnologia 5G sui device di quest’anno. Un recente report di Digitimes ha affermato che Apple risulta essere in accordo con la Advanced Semiconductor Engineering di Taiwan per la fornitura delle antenne 5G con supporto mmWave da montare sui prossimi iPad.

Il report non specifica il modello di iPad sulla quale le antenne verranno montate. Considerando, però, che si tratta di componenti decisamente costose, ci sono pochi dubbi sul fatto che il device in questione farà parte della gamma “Pro”. Ora l’unica domanda che rimane è: quando vedremo sorgere il primo iPad 5G? Restate in attesa per eventuali aggiornamenti a riguardo.

Trovata un’altra super-Terra vicino a noi: una scoperta tutta italiana

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La stella più vicino a noi, la stella il cui nome è quello più conosciuto da tutti e che almeno ognuno di noi ha almeno sentito nominare una volta, è Proxima Centauri. Chiamarla vicino è molto relativo considerando che si tratta di 4,2 anni luce, ma prendendo come esempio le normali distanza spaziali, è molto vicina. In ogni caso, finora si pensa che in torno a tale sole girava un solo pianeta, Proxima b. Apparentemente potrebbe non essere così, potrebbe esserci una super-Terra.

Alcuni ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica sembrano aver rilevato un cambiamento di luce nella stella. I cambiamenti di luce in questi giganti spaziali sono l’indizio maggiore che qualcosa è passato momentaneamente davanti alla stella durante l’osservazione, qualcosa che stava orbitando. La causa non risale a Proxima b e quindi potrebbe risalire a un altro pianeta che adesso sta venendo chiamato Proxima c.

 

Proxima Centauri e la nuova super-Terra

Se l’esistenza del pianeta venisse confermata il pianeta potrebbe diventare un’interessante fonte di studio in quando abbastanza vicino a noi. La distanza che presenta dal suo sole è troppa e probabilmente è congelato o avvolto da un’atmosfera particolare composta da idrogeno e elio.

Il team guidato da Mario Damasso in realtà non ha ancora la certezza che si tratti di un pianeta. La causa del cambio di luce della stella potrebbe essere dovuto a un‘attività particolare della stessa. Per raggiungere la conferma, o una rettifica, bisognerà aspettare l’arrivo di nuovi dati da parte del telescopio Gaia. I nuovi dati dovrebbero arrivare quest’estate e potrebbe dare una risposta definitiva in merito.

La pressione sanguigna aumenta più rapidamente nelle donne

Mercoledì scorso è stato pubblicato uno studio riguardo le differenze di misurazioni della pressione sanguigna negli uomini e nelle donne mentre invecchiano, il cui risultato offre nuove intuizioni sul perché i due sessi sperimentano malattie cardiache in modi diversi. A partire dalla giovane età adulta, lo studio ha rilevato che le donne sperimentano un aumento più marcato della pressione sanguigna rispetto agli uomini. Ciò suggerisce che i cambiamenti biologici possono influire sul rischio di una donna per determinati tipi di malattia e possono iniziare a manifestarsi già nei suoi 20 anni.

 

La pressione sanguigna nelle donne

“Molti di noi in medicina credono da tempo che le donne semplicemente “raggiungano” gli uomini in termini di rischio cardiovascolare”, la dott.ssa Susan Cheng, autrice dello studio e direttore della ricerca sulla salute pubblica presso lo Smidt Heart Institute presso Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles“La nostra ricerca non solo conferma che le donne hanno biologia e fisiologia diverse rispetto alle loro controparti maschili, ma illustra anche perché le donne possono essere più suscettibili allo sviluppo di alcuni tipi di malattie cardiovascolari e in diversi punti della vita”, ha aggiunto Cheng.

Il grande studio, pubblicato sulla rivista JAMA Cardiology, ha rintracciato quasi 33.000 persone tra i 5 e i 98 anni in più di quattro decenni. I ricercatori hanno osservato un aumento più marcato delle misurazioni della pressione arteriosa per le donne a partire dai 20 anni, aumenti che sono continuati per tutta la vita.

Cheng ha fornito l’esempio di un’ipotetica donna di 45 anni e di un uomo di 45 anni, che entrambi si presentano allo studio medico lo stesso giorno con una pressione sistolica (il numero più alto) di 140 mmHg. Quella lettura sarebbe considerata ipertensione per entrambe le persone. Ma secondo la nuova ricerca, la pressione sanguigna della donna è aumentata di più e nel tempo è aumentata più rapidamente di quella dell’uomo per raggiungere i 140.

“I modi in cui pensiamo e miriamo a prevenire o curare la pressione alta probabilmente devono essere più personalizzati, almeno per sesso”, ha infine affermato l’esperta, che dunque apre a nuovi modi di controllare e intervenire sulla salute delle persone.

Il Sole interferisce con la navigazione delle balene: colpa delle macchie solari

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Le balene per orientarsi nelle vastità degli oceani sfruttano un sistema di ecolocalizzazione, un biosonar che spesso e volentieri finisce per essere disturbato da quello delle barche. Quando si parla di spiaggiamento di queste creature di solito il motivo è proprio questo. Detto questo, un’altra colpa potrebbe arrivare dal Sole che con le sue macchie solari finisce per far perdere l’orientamento a una particolare specie, le balene grigie.

Secondo un nuovo studio, quest’ultime vengono disturbate dalle tempeste magnetiche le quali sono sono strettamente collegate alle macchie solari. Lo studio sembra anche di conseguenza aver dimostrato che questa specie in particolare sfrutta la magnetorecezione per navigare. È un altro modo di navigare che non sembra essere usato da tutti i cetacei.

 

La migrazione delle balene

Durante la migrazione di questi esemplari, di solito passano dalle acque a ovest del Messico per poi salire a nord dell’Alaska e viceversa, spesso qualcuno finisce per perdersi. Le cause possono essere diverse, come abbiamo visto anche dell’uomo. L’analisi dei dati ha però sottolineato una strana coincidenza con le tempeste magnetiche. I dati presi in esame vanno indietro fino al 1985.

Le onde elettromagnetiche però potrebbe non essere le uniche ad avere qualche strano effetto. La causa potrebbe anche risiedere nel blocco di onde a radiofrequenza il cui rumore potrebbe interrompere la capacità di orientamento. Un rumore elevato derivato da queste onde corrispondeva ad aumento di 4,8 volte della probabilità che le balene si arenassero.

Per ora lo studio si è concentrato solo su questa specie di balene. Per cercare di scoprire l’effettivo effetto di questi fenomeni ne andrebbero studiate anche altre.

Il rodio, il metallo più costoso al mondo vale cinque volte di più dell’oro

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Il prezzo del rodio, un metallo estremamente raro utilizzato nell’industria autonoma, è aumentato del 31% nel 2020, raggiungendo un nuovo massimo dal 2008. I numeri sono stati avanzati questa settimana da Bloomberg, che riferisce come questo metallo del gruppo del platino costi già cinque volte di più dell’oro.

Il prezzo del rodio, utilizzato nella costruzione di convertitori catalitici per auto, è aumentato del 225% in un anno e il suo prezzo si è moltiplicato per 12 negli ultimi quattro. Questo continuo aumento è legato alla domanda del settore automobilistico.

Venerdì scorso, il prezzo del rodio ha raggiunto gli 8.000 dollari per 30 grammi circa. Alcuni esperti non sostengono che il metallo potrebbe raggiungere i 10.000 dollari, una cifra già registrata nel 2008. “La principale causa dell’aumento di gennaio [2019] è stata la domanda in Asia, correlata anche alle automobili. Gli acquisti hanno incoraggiato ulteriori acquisti e l’effetto è stato enorme nel mercato non regolamentato, facendo sì che le dinamiche dei prezzi si vedessero probabilmente solo in un decennio”, ha spiegato Andreas Daniel, broker della raffineria di Heraeus Holding.

 

Un buon investimento

Investire nel rodio è più difficile di altri metalli preziosi in quanto non viene venduto in borsa. Il mercato di questo metallo è limitante, con la maggior parte degli affari tra fornitori e industrie.

Il rodio è il metallo più costoso al mondo ed è anche estremamente raro: una tonnellata di crosta terrestre contiene solo 0,001 grammi di questo metallo di transizione, caratterizzato da un alto punto di fusione e da eccellenti proprietà anticorrosive.

Le sue proprietà riflettenti sono utilizzate in articoli come specchi, riflettori e gioielli. Sudafrica, Russia e Canada sono i maggiori produttori mondiali di rodio.

Inquinamento: aumento dei decessi per infarti ed ictus nel decennio

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Oltre 160 mila persone potrebbero morire nei prossimi dieci anni per infarti ed ictus: la causa di queste patologie è l’inquinamento dell’aria, secondo un’organizzazione benefica inglese.

La British Heart Foundation, ente di beneficenza che si occupa di finanziare le ricerche sulle malattie cardiocircolatorie, dichiara che al momento si contano circa 11 mila decessi per anno. Quindi, sono oltre 40 morti al giorno a causa di patologie del cuore legate all’inquinamento atmosferico. Lo scopo di queste stime è la sensibilizzazione affinché il Regno Unito adotti le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e le rispetti entro il 2030.

 

Adottare i limiti più severi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

Nell’ambito di particolato PM2.5, detto particolato fine, i limiti dell’Unione Europea, ai quali il Regno Unito si uniforma, sono 25 μg/m3 annualmente. Tuttavia, quelli fissati dall’Organizzazione mondiale sono più rigidi, ossia 10 μg/m3 in media annua. Il PM2.5, come riportato dalla British Heart Foundation, può compromette la salute del cuore, aumentando il rischio di infarti e ictus: inoltre, al tempo stesso, peggiorerebbe le condizioni di persone già affette da patologie cardiache.

Il direttore esecutivo della British Heart Foundation, Jacob West afferma che “ogni giorno, milioni di persone nel paese inalano particelle tossiche che penetrano nel sangue e rimangono bloccate negli organi, aumentando il rischio di infarti e ictus. Basta commettere errori, la nostra aria è nociva e si tratta di un’emergenza sanitaria nazionale: non abbiamo fatto abbastanza per bloccare questa minaccia alla nostra società”.

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Emergenza sanitaria nazionale nel Regno Unito

Nel luglio 2019, il dipartimento per l’ambiente e le zone rurali inglese ha pubblicato un articolo: si evidenzia che il limite alle polveri sottili fissato a 10 μg/m3 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è raggiungibile nella maggior parte delle aree del Regno entro il 2030. “Siamo tutti consapevoli dell’impatto che ha l’inquinamento atmosferico sulle comunità britanniche; motivo per cui il governo sta aumentando il passo e prendendo seri provvedimenti per migliorare la qualità dell’aria” ha affermato Rebecca Pow, Ministro dell’Ambiente.

“L’emergenza climatica è anche un’emergenza sanitaria, con migliaia di ricoveri ospedalieri e decessi che si potrebbero evitare perché legati all’inquinamento dell’aria” spiega il Professor Stephen Powis, direttore sanitario del National Health Service, il sistema sanitario nazionale inglese.

Se le stime parlano di circa 40 decessi al giorno dovuti a malattie cardiocircolatorie per inquinamento nei prossimi dieci anni, i numeri dei ricoveri sono naturalmente più elevati, dovuti a maggiori richieste di assistenza medica negli ospedali. Nelle cifre attuali, spiega Powis, “4 su 10 sono bambini che frequentano le scuole nelle zone maggiormente inquinate. È chiaro che l’inquinamento atmosferico deve essere una questione urgente di tutti”.

Google, la novità che fa felici gli utenti ma spaventa gli inserzionisti

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La privacy è un aspetto fondamentale per le persone che navigano nel mondo del web. Purtroppo, sempre più leggiamo notizie di social network o altro che viola il nostro diritto di riservatezza. In merito a ciò, l’azienda americana Google è pronta provocare un drammatico sconvolgimento nell’ecosistema della pubblicità digitale, diventato sempre più invasivo nel modo in cui tiene traccia degli utenti sul Web e studia il loro comportamento al fine di offrire loro annunci migliori e migliori.

Martedì scorso, tramite un post sul blog aziendale, ha annunciato che entro due anni avrà eliminato tutto il supporto per i cookie di tracciamento di terze parti sul Web, una mossa che segue analoghe restrizioni da parte dei browser Apple Safari e Firefox di Mozilla.

 

La mossa di Google contro le violazioni di privacy

“Gli utenti chiedono una maggiore privacy, tra cui trasparenza, scelta e controllo sull’utilizzo dei loro dati, ed è chiaro che l’ecosistema Web deve evolversi per soddisfare queste crescenti esigenze”, ha scritto il direttore dell’ingegneria di Chrome Justin Schuh nel post di martedì. “Alcuni browser hanno reagito a queste preoccupazioni bloccando i cookie di terze parti, ma riteniamo che ciò abbia conseguenze indesiderate che possono avere un impatto negativo sia sugli utenti che sull’ecosistema web.”

Tutto questo deriva dall’annuncio di Google di agosto della sua cosiddetta iniziativa Privacy Sandbox, continua Schuh, che coinvolge la società che cerca di aiutare a sviluppare un nuovo set di standard aperti per migliorare la privacy sul web, utilizzando questa iniziativa come trampolino di lancio per rendere il web “più privato e sicuro per gli utenti, supportando al contempo gli editori”.

Ovviamente, Google se attuerà effettivamente ciò chiude un modo per gli inserzionisti di fare soldi e ciò potrebbe finire per suscitare preoccupazioni antitrust, poiché il browser Chrome di Google è il più popolare al mondo, con una quota di mercato di quasi il 70% in tutto il mondo, secondo una recente analisi di statistica.

 

 

Dieta cheto, ecco perché potrebbe non aiutarti a perdere peso

dieta cheto

L’alimentazione è un aspetto fondamentale per mantenersi in salute, avere un corretto assetto psicofisico ed evitare molte patologie e rischi che possono essere correlati all‘obesità. Pertanto, tantissime persone seguono specifici regimi alimentari, ognuno con proprie caratteristiche e svolgimento, come la tanto diffusa ed utilizzata dieta cheto, che negli ultimi anni sta spopolando.

Però, non tutti perdono peso sul cheto e alcuni smettono di perdere peso dopo alcuni mesi. Se non stai raggiungendo i tuoi obiettivi di peso, potrebbe essere necessario apportare alcune modifiche o parlare con un dietista registrato.

 

 

I problemi della dieta cheto

Lo scopo principale della dieta cheto è di inviare il tuo corpo in chetosi. Nella chetosi, il metabolismo cambia e inizia a bruciare i grassi anziché i carboidrati per alimentare il tuo corpo. Tuttavia, può essere necessaria un’attenta pianificazione per mettere il tuo corpo in chetosi. Durante la dieta cheto, il regime alimentare è composto dal 60% al 75% di grassi, dal 20% al 30% di proteine ​​e dal 5% al ​​10% di carboidrati.

Puoi controllare se sei davvero in chetosi usando le strisce reattive per l’urina a casa. Queste strisce rilevano i chetoni, sostanze che il fegato crea durante l’elaborazione del grasso. Tuttavia, essere in chetosi non ti farà perdere peso se stai ancora assumendo troppe calorie, afferma Scott Keatley,  dietista presso la Keatley Medical Nutrition Therapy.

Ma perdere peso con la dieta cheto è come perdere peso con qualsiasi dieta: devi bruciare più calorie durante il giorno di quante ne consumi. La restrizione non deve essere estrema, ma dovresti avere un deficit calorico. La chetosi lo rende un po ‘più semplice poiché riduce l’appetito, quindi hai meno fame e, quindi, meno probabilità di mangiare troppo.

Tuttavia, se limiti troppo le calorie, a meno di 1.200 al giorno per l’adulto medio,questo può anche rallentare i tuoi obiettivi di perdita di peso. Perché quando non mangi abbastanza, puoi mandare il tuo corpo in modalità di fame, dove il tuo metabolismo rallenta e potresti smettere di perdere peso.

Alligatori e vermi mangia-ossa: ecco i risultati del bizzarro esperimento

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In occasione di un particolare esperimento, alcuni scienziati avevano legato assieme tre alligatori morti con delle imbracature e hanno disposto i corpi a circa due chilometri dalle coste del Golfo del Messico. Il primo alligatore venne sbranato dai crostacei in poco meno di in un giorno e lentamente anche i suoi organi interni vennero consumati; il secondo finì divorato dopo 51 giorni; il terzo corpo invece è andato incontro ad un destino ancora ignoto per i ricercatori.

 

Le carcasse degli alligatori sono stati il banco di prova per un’interessante studio

Nessuno di loro infatti è riuscito a capire cosa possa essergli capitato, dopo che il suo cadavere venne strappato dall’imbracatura e portato via da un misterioso predatore, lasciando dietro di sè null’altro che una corda strappata. I ricercatori che hanno partecipato allo studio hanno studiato il ciclo alimentare marino e in particolare il modo in cui le creature degli abissi avrebbero reagito dinanzi ad una fonte di cibo che non avevano mai visto prima, ossia una carcassa di alligatore.

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Quel che è certo è che questi esseri non possono permettersi di essere schizzinosi: il fondale oceanico è infatti un luogo buio ed estremamente freddo, troppo inospitale perchè possa ospitare fonti di cibo utili al sostentamento di molto specie animali e vegetali. “Le profondità dell’oceano sono un vero deserto per quanto riguarda il cibo, salvo l’esistenza di alcune aree particolarmente popolose che definiamo oasi“, ha detto Clifton Nunnally, del Consorzio Marino delle Università della Louisiana. “Alcune di queste oasi sorgono in corrispondenza delle cosiddette prese d’aria, poste sul fondo dell’oceano, da cui fuoriescono sostanze chimiche. Molto spesso ci finisce anche il cibo caduto dalla superficie“.

 

Grazie all’esperimento è stata individuata una nuova specie di vermi marini, capaci di cibarsi di ossa

La ricerca su queste fenomeno si è concentrata principalmente sui grandi mammiferi, come le balene, i cui cadaveri offrono un corposo banchetto per creature marine grandi e piccole. Mentre i cadaveri di alligatori d’acqua dolce possono finire nell’oceano a causa degli uragani, le conseguenze ecologiche della “caduta degli alligatori” non sono mai state osservate prima d’ora. I vermi, i crostacei e gli altri abitanti del fondale oceanico sapranno passare attraverso le spesse squame degli alligatori e cibarsi della carne al loro interno? I ricercatori pensavano fosse improbabile, ma sono stati presto smentiti.

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Quando il team ha inviato un robot dotato di telecamera per controllare il primo alligatore posizionato, hanno scoperto che il cadavere era stato sbranato da enormi isopodi, chiamati Bathynomus giganteus, alcuni dei quali avevano giù iniziato a mangiarlo dall’interno. Questi crostacei possono immagazzinare l’energia di un singolo pasto per mesi o anni, il che significa che il banchetto deve aver costituito un’occasione davvero irripetibile per questi “spazzini dell’oceano”.

 

Per quanto riguarda la terza carcassa, il suo destino resta ignoto ai ricercatori

Il secondo alligatore ha avuto una sorte più drammatica. Quando i ricercatori hanno rivisitato il cadavere 51 giorni dopo il posizionamento, lo hanno trovato interamente ripulito, fino alle ossa. I resti erano però ricoperti da una misteriosa sostanza marrone, che un’analisi del DNA ha rivelato essere una specie di “verme mangia-ossa” da poco scoperta, appartenente al genere Osedax, la cui presenza è stata per la prima volta segnalata nel Golfo del Messico.

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Il cadavere del terzo alligatore, come detto, è scomparso dalla sua imbracatura prima che i ricercatori potessero scoprire quali creature marine potessero cibarsene, ma è ovvio che l’alligatore non si sia allontanato da solo. Considerando che la creatura e l’imbracatura pesavano un totale di 40 chili, il colpevole più probabile potrebbe essere stato uno squalo, stando a quanto ipotizzano i ricercatori.