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I vantaggi di lavorare con un software ERP

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ERP (Enterprise Resource Planning) è l’acronimo che sta per pianificazione delle risorse d’impresa e si tratta di un sistema di gestione che integra tutti i processi di business rilevanti per una azienda: dalle vendite alla contabilità. Viviamo in un’era in cui il costo del valore aggiunto è in percentuale sempre più importante rispetto al costo delle materie prime, vuoi per l’aumento dell’efficienza e della redditività, vuoi per l’acquisto al minor prezzo. Insomma, si ha sempre più necessità di ottimizzare i processi organizzativi di una azienda. Sprechi, errori ed orrori possono essere risolti ed eliminati solo con l’ausilio di un mezzo informatico. In una logica aziendale sempre più soggetta al flusso di materiali e informazioni il coordinamento è alla base dei processi decisionali.

L’ERP rappresenta la soluzione a tutti i problemi. Si tratta di un sistema che consente di controllare e gestire tutti i processi aziendali, in quella che è l’ossatura del sistema informativo, organizzativo ed operativo. Se in passato venivano creati stock di prodotti e materie prime per far fronte ad una sempre più crescente domanda, oggi si devono fare i conti con una domanda variabile sempre più. Produrre per il magazzino vuol dire anche eccedere in prodotti non desiderati che poi vengono svenduti.

L’ERP e la supply chain sono progettati per produrre ed acquistare velocemente solo e soltanto se necessario, eliminando il superfluo e basando tutta la produzione e la logistica sulla domanda pull. Il tutto rende un’azienda moderna un sistema aperto”, spiegano i produttori di appvizer. Nel nuovo Millennio i software ERP, soprattutto nell’ultima decade, hanno assunto un ruolo totalmente centrale all’interno dei processi aziendali.

Nati inizialmente come programmi di gestione di processi dell’area logistico-produttiva, sono poi diventati sistemi integrati e modulari capaci di coprire tutte le aree che così vengono automatizzate e monitorate all’interno dell’azienda, permettendo così agli utilizzatori un’operazione in un contesto grande ma uniforme, a prescindere dall’area applicativa.

Agli ERP si sono poi aggiunti i loro fratelli minori, gli ERP estesi o di seconda generazione (ERP2), che hanno inglobato al loro interno funzioni anche più ampie, utilizzando le nuove tecnologie di comunicazione che consentono il dialogo live con la filiera produttiva e commerciale. Si è creata così una nuova gestione d’impresa in cui è sempre più normale considerare l’azienda come un sistema aperto ma integrato in un processo dinamico col mondo al di fuori di sé.

Proprio i nuovi sistemi informativi in molti casi hanno risolto le singole esigenze operative, favorendo l’evoluzione dell’organizzazione aziendale. Nell’ultimo ventennio hanno poi fatto la loro comparsa, in una continua crescita, gli ERP italiani che, a differenza dei leader internazionali di settore, garantiscono una completa gestione degli adempimenti contabili e fiscali nel quadro di una normativa comunque complessa a livello nazionale, calandosi con precisione nel modus operandi locale, con modelli e processi vicini alle procedure delle imprese italiane che sempre più li adottano.

I processi vengono ottimizzati in due zone: una interna, che coinvolge quanti operano in maniera attiva nelle mura dell’azienda, ed una esterna, che coinvolge tutto il mondo esterni, dagli operatori aziendali, ai consulenti, tecnici, o fornitori, filiali, distributori, fino al cliente. Gli strumenti fondamentalmente utilizzati per il dialogo esterno sono in genere soprattutto portali web aziendali ma anche altri strumenti con diverse procedure che utilizzano EDI, XML, PC Palmari, WEB Service, i centralini VOIP, l’archiviazione digitale integrata e l’integrazione della posta elettronica all’interno dell’ERP, la cosiddetta mail collectors. I maggiori spazi di crescita per la disponibilità delle nuove tecnologie sono le procedure di dialogo tra interno dell’azienda e mondo esterno.

Sono indubbiamente molti i vantaggi nell’utilizzo di software gestionali ERP, dovuti alla centralizzazione di tutti i dati in un unico luogo. Anzitutto va menzionata la notevole riduzione dei tempi di produzione misti a quelli di consegna. Non va dimenticato che parliamo di sistemi di alta tecnologia ma molto flessibili, che permettono l’utilizzazione di un unico sistema ampiamente modificabile in qualsiasi momento.

Tutto il business process, poi, è interamente controllato e monitorato, cosa non da poco conto soprattutto per le grandi imprese. Il fatto che i software abbiano poi funzionalità di controllo interno va tutto a loro favore. Con gli ERP è anche possibile sincronizzare ogni modifica tra tutti i diversi sistemi, come per esempio il marketing, le risorse umane e la finanza, così come per tutti gli altri reparti coinvolti nel processo aziendale. La sicurezza è garantita dall’alta protezione da spionaggio industriale.

I software sono progettati per prendere decisioni appropriate a supporto di dati e informazioni, garantendo una visione globale e totale dei processi. Inoltre, altro grande vantaggio, rende fruibili a tutti gli operatori informazioni sempre in tempo reale, Le stesse informazioni vengono rese disponibili ovunque ed in qualsiasi momento, anche in mobilità grazie a dispositivi quali smartphone, tablet ed altri dispositivi. I dati sono protetti e la loro perdita è ridotta sensibilmente.

Energie rinnovabili: gli Stati Uniti hanno fatto un passo importante

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Quando Trump ha fatto uscire gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi tutti si sono scagliati contro tale atto, giustamente visto l’importanza di cercare di imporre un’inversione di marcia ai cambiamenti climatici. Detto questo però lo stesso paese lo scorso aprile ha raggiunto un punto notevole, ma di cui non se n’è discusso affatto. Per la prima volta le fonti energetiche rinnovabili hanno superato la produzione di energia rispetto a quella prodotta dal consumo di carbone. Certo, la strada è ancora lunga, ma lo sfruttamento di queste fonti sta prendendo il versione giusto anche sul suolo statunitense.

 

Energie rinnovabili e Stati Uniti

Il rapporto mensile rilasciato dall’Energy Information Administration ha messo in luce il fatto che le principali fonti rinnovabili, ovvero l’eolica, la solare e l’idroelettrica hanno prodotto il 23% dell’energia nel mese di aprile mentre il carbone è arrivato al 20%; la differenza non è molta, 8,5 milioni di megawattora, e all’appello mancano comunque il 57%, ma è un inizio. Il consumo di carbone ha registrato il livello più basso dell’ultimo decennio.

Merito di questo parziale successo c’è il fatto che il costo relativo alla messa in orbita delle energie rinnovabili si è abbassato di molto. L’efficienza, d’altro canto, ha visto un miglioramento molto blando, ma i presupposti per un’inversione di rotta sono concreti. Detto questo c’è da vedere se è stata una causalità dovuto ad un minor consumo in quel mese unito ad una maggiore produzione dovuta ai forti eventi e quindi ad una sovrapproduzione eolica. Sarà interessante vedere come nel futuro gli Stati Uniti risponderanno ai cambiamenti climatici.

Butac: bufale tanto al chilo, attenzione alle Bufale che combattono le fake news

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Butac, Bufale Tanto al Chilo nato nel 2013 dall’idea di Michelangelo Coltelli gioielliere di Bologna per combattere le Bufale e le Fake News in questo ultimo periodo sta facendo parlare molto di se poiché lo stesso sito favorirebbe appunto le Bufale e le Fake News manipolando anche le vere notizie in modo da difendere le grandi aziende.

Combattere le fake news e le bufale non è mai semplice ma in alcuni casi si assiste a veri e propri casi di chi utilizzando le stesse cavalca l’onda aumentare la visibilità o favorire e manipolare l’opinione pubblica. Basta pensare a come le ultime elezioni siano state condizionate da Internet e dagli articoli scritti nelle varie testate giornalistiche

Per riconoscere una fake news è necessario analizzare:

  • TITOLI: Le fake news fanno leva su titoli esagerati e altisonanti
  • URL: Spesso vengono storpiate le url di siti di informazione
  • IMMAGINI: Anche le immagini, così come i titoli, sono spesso pensate per catturare l’attenzione del lettore.
  • FORMATTAZIONE ED ERRORI: Gli errori capitano a tutti, ma i siti che diffondono fake news sono spesso zeppi di errori di battitura-
  • FONTI: Anche se il tempo a disposizione non è tanto, assicurati che la notizia provenga da una fonte di cui ti fidi e o da un sito attendibile.
  • DATE: Controlla la data di pubblicazione della notizia, spesso potrebbe essere vecchia e riproposta con il solo intento di acchiappare qualche like sui social.
  • TESTIMONIANZE: Verifica le fonti e assicurati che siano attendibili.
  • ALTRE FONTI: Una notizia vera viene sempre riportata da più di una fonte.

Dopo la segnalazione di diversi lettori abbiamo analizzato il sito Butac, Bufale Tanto al Chilo e abbiamo riscontrato che gli articoli sono tutti firmati da maicolengel butac che dopo un’attenta analisi si è dimostrato essere il creatore del sito “Michelangelo Coltelli” e tutti gli articoli sono privi di fonte e mostrano solamente il punto di vista dell’autore.

Analizzando gli articoli una buona parte di essi smaschera delle fake news palesi ma in altri si denota una certa tendenza a difendere interessi che riguardano politica e grandi aziende. Purtroppo anche Butac, Bufale Tanto al Chilo si è dimostrato un sito poco attendibile visto anche i vari attacchi a testate giornalistiche di livello come Messagero, Repubblica e Sole24ore.

Grasso corporeo: la differenza tra l’uomo e i primati

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A meno di sforzi che solo in pochi sono disposti a compiere, l’uomo presenta più grasso corpo rispetto ai primati, almeno a quelli considerati più prossimi nella linea evolutiva. Il motivo non è stato noto, almeno finora ovvero quando alcuni biologi della Duke University sono riusciti a comprendere la differenza tra noi e loro. La risposta è da ricercare nel DNA, ovviamente, ma più nello specifico in alcuni gruppi di geni che su di noi funzionano in modo diverso. Quest’ultimi sembrano essere in grado di convertire le calorie delle cellule con più facilità; anche noi abbiamo un sistema simile, ma meno efficace.

Detti in altri termini, la nostra riserva di adipe risulta essere molto meno accessibile rispetto che ad alcuni tipi di scimmie come gli scimpanzé e i macachi. Attingere a questa fonte energetica dal nostro punto di vista risulta avvenire in condizioni che non rientrano nella normalità, come appunto un esercizio intenso. Si potrebbe affermare che lo stile di vita tra le due specie risulta essere diverso e quindi è normale che ci sia tale diversità, ma è una cosa che è stata presa in considerazione.

 

Uomini, scimmie e grasso

Il tasso di grasso corporeo medio delle scimmie sopracitate è di meno del 9% mentre per gli umani, nonostante ci siano una sostanziale differenza tra i due sessi, è di circa il 18%. Questo è dovuto principalmente ai gruppi di geni sopracitato che nel caso delle scimmie risulta essere più accessibile ed esposto. Una delle ipotesi per cui questa differenza è stata sviluppata è dovuta allo sviluppo stesso del cervello. Il nostro si è triplicato in fatto di dimensione e per garantirsi una riserva di energia maggiore l’evoluzione ha messo in piedi questa riserva energetica.

Ecco una dichiarazione di Devi Swain-Lenz, ricercatore in genomica funzionale alla Duke University: “Forse potremmo capire un gruppo di geni che dobbiamo attivare o disattivare, ma siamo ancora molto lontani da questo. Non penso che sia così semplice come capovolgere un interruttore: se lo fosse, lo avremmo capito molto tempo fa.”

Stazione Spaziale Internazionale: i funghi trovati risultano essere troppo resistenti

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Qualche settimane si è scoperto che sulla Stazione Spaziale Internazionale sono trovati delle colonie fungine non desiderate; il senso è che non si trattava di qualche esperimento, ma una crescita spontanea. Ovviamente essendo il luogo la casa temporanea degli astronauti nello spazio la presenza di quest’ultimi sono un problema. La speranza era di liberarsene in fretta, ma la situazione risulta essere più difficile di quanto preventivato. La muffa in sé è risultata resistente a dosi di radiazioni ionizzanti elevate.

 

La situazione sulla Stazione Spaziale Internazionale

Le due muffe, del genere Aspergillus e Pennicillium, non hanno subito nullo ad una dose di raggi X 200 volte quella fatale per l’uomo. Ecco una dichiarazione di una microbiologa in forse al German Aerospace Center, Marta Cortesão: “Ora sappiamo che le spore fungine resistono alle radiazioni molto più di quanto pensavamo, al punto in cui dovremmo prenderle in considerazione quando puliamo i veicoli spaziali, dentro e fuori. Se stiamo pianificando una missione di lunga durata, possiamo pianificare di avere con noi queste spore di muffa perché probabilmente sopravviveranno ai viaggi spaziali.

Nonostante tutte le precauzioni prese, la condizione dell’ISS è risulta essere in realtà proprio un luogo con condizioni favorevoli. Il clima e l’umidità dovuti dalla chiusura ermetica ha favorito la diffusione di questo sfavorevole problema. Al momento ci sono altre possibilità come l’uso di temperature estremamente calde o altre condizioni chiamate “spaziale”. Da un certo punto di vista tutto questo risulta però un’ottima occasione per studiare queste muffe in un ambiente del genere le cui informazioni potranno essere usate per il futuro per le colonie di Marte o altri luoghi.

Il nutrizionista dice che la morte prematura è prevenibile con questa dieta

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Gli americani devono ancora ridurre il loro consumo di carne lavorata come hanno fatto quasi due decenni fa, nella loro dieta alimentare, secondo un nuovo studio pubblicato sul Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics.

Il Dr. Michael Greger, un medico di origine vegetale e autore di “How Not To Die”, ha identificato alcuni cibi che ti aiuteranno ad evitare i più grandi assassini come le malattie cardiache e il cancro. Ha detto che le persone hanno un enorme potere sul loro destino di salute e longevità.

“La stragrande maggioranza della morte prematura e della disabilità è prevenibile con una dieta a base vegetale e altri comportamenti legati allo stile di vita”, ha detto il Dr. Greger a FOX Business.

 

Una dieta ben seguita può evitare la morte prematura

La carne trasformata comprende carne rossa o pollame “trasformata mediante salatura, stagionatura, fermentazione, fumo o aggiunta di conservanti chimici”, afferma lo studio. Ha analizzato i dati di 43.995 adulti di età compresa tra 20 e più che hanno partecipato al National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) tra il 1999 e il 2016. Lo studio ha rilevato che le carni lavorate in alto consumate erano a pranzo carne, salsiccia, hot dog, prosciutto e pancetta.

Il Dr. Greger incoraggia tutti a implementare una dieta a base vegetale con verdure come i più sani ortaggi, bacche, frutti più sani, cereali integrali, legumi e un cucchiaio di semi di lino al giorno per aiutare a perdere peso ed essere più sani.

C’è una grande varietà di diete per perdere peso e vivere sani. Dieta mediterranea, Paleo, Keto, South Beach, Adkins sono tra le opzioni di dieta più popolari. La maggior parte delle diete hanno dimostrato di provocare una perdita di peso a breve termine.

Tuttavia, una dieta alimentare non trasformata a base vegetale senza sale, zucchero o olio aggiunto è l’unica dieta che ha dimostrato di provocare perdita di peso a breve e lungo termine, per migliorare la longevità e per prevenire e in molti casi invertire la maggior parte delle malattie croniche che ammalano e alla fine uccidono le persone. Le malattie croniche comprendono obesità, ipertensione, infarti e ictus, diabete, malattie infiammatorie e autoimmuni, demenza, osteoporosi e molti tipi di cancro.

La NASA invierà un drone su Titano alla ricerca di forme di vita

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Una delle prossime missioni della NASA, prevede il lancio di un drone su Titano, la luna più grande di Saturno. La missione, chiamata Dragonfly verrà lanciata nel 2026 e atterrerà nel 2034. L’agenzia spaziale ha dichiarato che il suo scopo sarà quello di cercare la presenza di organismi viventi sul satellite.

La missione Dragonfly avrà come protagonista un velivolo ad ala rotante che sorvolerà numersi luoghi di Titano. Il motivo per cui gli scienziati hanno preso la decisione di studiare questa luna, è che la sua atmosfera è molto simile a quella della Terra durante la sua formazione. Sulla superficie di Titano infatto sono presenti fiumi, laghi e mari liquidi. Questi elementi però, non sono formati da acqua come sul nostro pianeta, ma sono ricchi di idrocarburi come il metano, un composto che può indicare la presenza di organismi viventi.

 

La missione Dragonfly

Jim Bridenstine, amministratore della NASA, ha affermato in una dichiarazione: “Visitare questo misterioso mondo oceanico potrebbe rivoluzionare ciò che sappiamo sulla vita nell’universo. Durante la sua missione di 2,7 anni, Dragonfly esplorerà ambienti diversi: da dune organiche al pavimento di un cratere da impatto in cui una volta l’acqua liquida e materiali organici complessi esistevano insieme per forse decine di migliaia di anni“.

Gli stumenti, di cui sarà equipaggiato il drone, studieranno la chimica e le proprietà atmosferiche e superficiali di Titano, oltre al suo oceano e ai suoi serbatoi liquidi. In questo modo la sonda cercherà le prove dell’esistenza della vita presente o passata. Inoltre si fermerà in alcune aree interessanti per raccogliere dei campioni. La speranza dell’agensia spaziale è che essa possa percorrere più di 175 chilometri sulla superficie del satellite.

Scoperte incisioni preistoriche in un cratere da impatto in grado di estinguere l’umanità

Gli scienziati sono in grado di riconoscere la natura speciale del cratere Vredefort, sebbene questo fosse già stato riconosciuto dagli antichi abitanti della regione. Diverse incisioni rupestri furono misteriosamente scoperte all’interno del cratere presente in Sud Africa, il più grande da impatto al mondo, largo circa 186 chilometri, formato da un asteroide circa due miliardi di anni fa.

Un team di scienziati crede che il cratere sia il risultato di un impatto maggiore dell’asteroide che ha estinto i dinosauri e che, “se all’epoca fosse esistito l’uomo”, si sarebbe estinto. I ricercatori, dunque, hanno lavorato sodo per analizzare le influenze geologiche del cratere nell’area circostante e sono convinti che il cratere non sia solo un sito di significativa importanza geologica e planetaria, ma anche la possibilità di comprendere la prima popolazione di umani in quella regione.

 

La scoperta

Le incisioni trovate rappresentano un ippopotamo, un cavallo e un rinoceronte – tutti animali che si potevano trovare in quell’area circa 8.000 anni fa. Gli scienziati hanno quindi stabilito che l’arte rupestre era il segno distintivo del lavoro manuale dei Khoi-San, il primo popolo sudafricano.

Gli scienziati sospettano che queste incisioni abbiano svolto un ruolo importante nelle cerimonie associate alla pioggia. Come scienziati, riconosciamo la natura speciale del cratere da impatto, ma è stato riconosciuto anche dagli antichi abitanti della regione“, ha detto Matthew Huber, un geografo dell’Università del Free State of South Africa.

Poiché i segni sono diventati una significativa scoperta archeologica, Huber ed i suoi colleghi hanno chiesto agli archeologi locali di aiutarli a scoprire cosa è stato fatto in questi luoghi e come questi tipi di rituali abbiano influenzato le persone che vivevano lì.

Antiche incisioni compaiono all’esterno delle strutture in pietra all’interno dell’area del cratere conosciuta come The Granophyre Dykes, che si estende per sei chilometri di lunghezza e 16 metri di larghezza. I segni, di circa 8.000 anni, appaiono un po’ sbiaditi, ma ancora evidenti.

Shiona Moodley e Jens Kriek, due archeologi che lavorano sul sito, hanno detto che la mitologia Khoi-San credeva in un universo a tre livelli in cui il livello superiore ospita il dio e gli spiriti dei morti, il livello intermedio rappresenta il mondo materiale o fisico e quello più basso “trattiene” i morti.

In questa mitologia, si ritiene che i serpenti occupino tutti e tre questi regni e che siano creature “piogge”. Le immagini vengono visualizzate in una parte della superficie che fa parte di un tipo di serbatoio che, stranamente, avrebbe potuto “evocare” la pioggia.

I calli del camminare a piedi nudi sono ancora meglio delle scarpe

Ah, estate. Soffice brezza tra i capelli, erba tra le dita dei piedi, calli brutti in piedi da andare a piedi nudi… Non temere quei calli, però. Una nuova ricerca ha rivelato che i calli del piede, la pelle ispessita che si forma naturalmente quando si cammina a piedi nudi, si sono evoluti per proteggere i piedi e offrire una camminata confortevole in modi che le scarpe non possono eguagliare.

A differenza delle scarpe, i calli del piede offrono protezione senza compromettere la sensibilità o l’andatura, secondo uno studio pubblicato oggi (26 giugno) online sulla rivista Nature. Le scarpe, al contrario, riducono la sensibilità del piede e alterano il modo in cui le forze dell’impatto si trasferiscono dal piede alle articolazioni più in alto nella gamba.

 

I calli del piede sono meglio delle scarpe

I ricercatori,provenienti da istituti negli Stati Uniti, in Germania e in Africa,hanno sottolineato che le loro scoperte non dimostrano che camminare a piedi nudi è più salutare che camminare nelle scarpe. Al centro, lo studio riguarda l’evoluzione umana.

Tuttavia, il fatto che ci siamo evoluti per camminare a piedi nudi, e che camminare a piedi nudi è meccanicamente diverso dal camminare con le scarpe, può implicare che andare scalzi può fornire certi benefici per la salute a lungo termine che vale la pena investigare, hanno detto i ricercatori.

“È divertente capire come i nostri corpi si sono evoluti per funzionare”, ha dichiarato Daniel Lieberman, professore di biologia evolutiva umana presso l’Università di Harvard, che ha co-diretto lo studio. “I benefici sensoriali dell’essere scalzi possono avere implicazioni sulla salute, ma questi devono essere studiati.”

Per la maggior parte dell’esistenza umana di 200.000 anni, abbiamo camminato scalzi. La più antica calzatura scoperta risale a circa 8.000 anni fa, anche se ci sono prove indirette di sandali e mocassini decine di migliaia di anni prima di questo, hanno detto i ricercatori. Le scarpe imbottite sono anche più recenti – solo circa 300 anni.

Poiché i calli sono la soluzione evolutiva per proteggere il piede, il team di Lieberman ha deciso di valutare in che modo queste formazioni potrebbero differire dalle scarpe nel mantenere la messa a terra e il comfort. Il loro studio ha esaminato i calli del piede di oltre 100 adulti, la maggior parte del Kenya. Circa la metà dei soggetti camminava a piedi nudi per la maggior parte del tempo e metà portava quasi sempre le scarpe.

Per i camminatori scalzi, lo spessore dei calli non ha smorzato la sensibilità tattile, o la capacità del piede di sentire la sensazione del terreno mentre si cammina. Le scarpe, con il fondo imbottito, mettono chiaramente in sordina questa sensazione.

Tuttavia, calli molto spessi non agiscono semplicemente come cuscini per le scarpe. Lo spessore del callo può proteggere dal calore o da oggetti appuntiti, offrendo comfort e sicurezza, come le scarpe. Ma i recettori sensoriali nel piede che rilevano le differenze di superficie del terreno trasmettono ancora segnali al cervello.

Questo segnale disinibito,quella sensazione di sentire la terra, può aiutare il camminatore scalzo a mantenere l’equilibrio, rafforzare i muscoli e creare una connessione neurale più forte tra i piedi e il cervello.

SpaceX: completato il difficile lancio di 24 satelliti di ricerca

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Secondo il CEO dell’azienda, Elon Musk, quello effettuato dal Falcon Heavy della SpaceX lo scorso 25 Giugno è stato il lancio più impegnativo nella storia dell’azienda. Si è trattato infatti di un lancio con quattro cicli di accensione e spegnimento dei motori e 3 diversi posizionamenti di satelliti su 3 orbite diverse.

Immagine: REUTERS

 

La difficile missione della SpaceX

La missione è la prima commissionata alla SpaceX dall’Esercito americano e trasportava 24 satelliti di ricerca da posizionare nello spazio. Questa missione commissionata dal Dipartimento della difesa degli Stati Uniti è la terza del Falcon Heavy ed è partita dal Kennedy Space Center della NASA in Florida alle 07:30 BST del 25 Giugno.

Poiché i satelliti dovevano essere posizionati su tre orbite diverse, il Falcon ha dovuto effettuare uno spegnimento dei motori per fermarsi sull’orbita stabilita per poi riaccenderli per passare alla successiva. Operazione ripetuta per bene 3 volte.

A complicare ulteriormente la missione si aggiunta anche la volontà della SpaceX di recuperare i tre booster del razzo per poterli riutilizzare in altre missioni. Due dei ripetitori hanno con successo raggiunto il punto di atterraggio a Cape Canaveral alcuni minuti dopo il lancio. Mentre il terzo ripetitore, quello principale, ha mancato la piattaforma nell’Oceano.

 

Non solo satelliti: un carico davvero…Heavy

Oltre ai 24 satelliti, a bordo del Falcon Heavy vi erano: il Deep Space Atomic Clock un orologio atomico costruito dal Jet Propulsion Laboratory (JPL), che servirà per rendere più autonome le navicelle spaziali del futuro aiutandole nella navigazione, e che è stato posizionato nell’orbita bassa alle 3:54; ed il veicolo spaziale finanziato da LightSail della Planetary Society che vuole essere il primo veicolo spaziale in orbita ad essere spinto esclusivamente dalla luce del sole; ed infine le ceneri di oltre 150 defunti, mandate nello spazio dai congiunti grazie alla Celestis, un’agenzia funebre che offre voli commemorativi nello spazio.

Tra i satelliti posizionati dal Falcon Hevy vi sono: gli Enhanced Tandem Beacon Experiment (E-TBEx) che misureranno l’interruzione dei segnali radio dovuta alle bolle di formazione naturale nell’alta atmosfera terrestre; l’Air Force Research Laboratory con esperimenti meteorologici spaziali; ed infine i sei piccoli satelliti atmosferici per le previsioni meteorelogiche della NOAA.

Un calamaro gigante è stato ripreso negli abissi del Golfo del Messico

calamaro gigante

Nelle profondità del Golfo del Messico è stato ripreso da una fotocamera subacquea, un calamaro gigante le cui dimensioni sono state stimate attorno ai 3,7 m di lunghezza. La telecamera da cui è stato ripreso da un gruppo di ricercatori americani, fa parte della strumentazione in dotazione alla nave oceanografica Medusa. Si tratta di un particolare strumento ottico che si illumina imitando la bioluminescenza di alcune meduse, così facendo riesce ad attirare le creature marine che si cibano di esse.

 

Calamaro gigante: il colossale mollusco abissale

I calamari giganti, appartengono alla famiglia Architeuthidae, a cui appartengono otto specie del genere Architeuthis. Questi cefalopodi abitano le profondità oceaniche e possono raggiungere i 10 m di lunghezza per le femmine e 13 m per i maschi. Il mantello, esclusi i tentacoli misura attorno ai 5 metri. Le dimensioni del calamaro gigante sono però state spesso sovrastimate. Si è parlato perfino di esemplari che superavano i 18 m, ma non sono mai stati documentati casi di calamari così grandi. Secondo il Dr. Steve O’Shea, le misure furono probabilmente sovrastimate a causa dei due lunghi tentacoli che si allungano come elastici. Sulla base dell’esame di 105 esemplari e dei becchi ritrovati all’interno dei capodogli, non sono mai stati ritrovati calamari con mantelli più lunghi di 2,25 m. Compresa la testa e le braccia, ma escludendo i tentacoli, la lunghezza supera raramente i 5 m.

Le braccia ed i tentacoli costituiscono la maggior parte della lunghezza del calamaro e le loro superfici interne sono ricoperte da centinaia di ventose con un diametro tra i 2 ed i 5 centimetri, circondate da anelli di chitina taglienti e dentellati. Il calamaro le usa per attaccare le sue prede. Possiedono inoltre dei grandi occhi con cui percepiscono meglio la scarsa luce abissale e sono in grado di percepire la luce bioluminescente.

 

Uno sfuggente mostro marino

Questi molluschi sono molto diffusi e si trovano in tutti gli oceani del mondo, a grandi profondità, è raro trovarli solo a latitudini tropicali e polari. Proprio per le grandi profondità a cui vivono, è molto difficile individuarli ed è raro che si avvicinino alle telecamere come in questo caso.

Come hanno affermato i ricercatori della NOAA che hanno effettuato le riprese, “ciò che una volta erano mostri da temere ora ci appaiono come creature curiose e magnifiche. La scienza e l’esplorazione hanno reso il mondo meno meno spaventoso”.

Le immagini riprese dalla NOAA mostrano questo straordinario mollusco ripreso a 750 m di profondità mentre esplora la telecamera con i suoi tentacoli. Dopodiché l’intero animale compare davanti all’obiettivo per un breve istante, prima di sparire di nuovo nell’oscurità dell’abisso.

Video: NOAA

Individuati 56 laghi sotto la calotta glaciale della Groenlandia

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Fino a pochi giorni fa, i laghi subglaciali della calotta glaciale della Groenlandia conosciuti dagli scienziati erano solo quattro. Utilizzando i dati acquisiti grazie all’eco prodotto dal suono di una radio trasmessa per via aerea, ne sono stati individuati ben altri 54. Grazie agli strumenti e al monitoraggio dei laghi, gli scienziati possono ora ottenere una migliore comprensione delle dinamiche di drenaggio della calotta. Ciò fornirà anche ulteriori dati su come essa reagirà ai cambiamenti climatici.

La nuova ricerca, pubblicata questa settimana sulla rivista Nature Communications,può aiutare i glaciologi ad avere un’idea migliore di come le acque reagiscono al fenomeno di fusione dei ghiacci. Jade Bowling, studentessa di dottorato presso la Lancaster University, ha affermato: “I ricercatori hanno una buona conoscenza dei laghi subglaciali antartici, che possono riempire, drenare e far scorrere il ghiaccio sovrastante più veloce. Tuttavia, fino ad ora si sapeva poco sulla distribuzione e il comportamento dei laghi subglaciali sotto la calotta glaciale della Groenlandia. Le ultime scoperte sono importanti per determinare la loro influenza sul più ampio sistema idrologico subglaciale e sulla dinamica del flusso ghiacciato. Inoltre possono migliorare la nostra comprensione dello stato termico basale della calotta glaciale“.

 

La formazione dei laghi subglaciali

La presenza di un così alto numero di laghi subglaciali suggerisce ai ricercatori che i ghiacciai si stanno sciogliendo più rapidamente di quanto misurato nei decenni scorsi. Ciò, secondo gli scienziati, potrebbe portare ad un insolito aumento del livello del mare.

Questo tipo di laghi si forma quando l’acqua, che ha orogine dalla fusione dei ghiacci, rimane intrappolata. Dopo di che essa si accumula sul fondo di una calotta glaciale. L’acqua può essere prodotta dal ghiaccio sciolto dalla pressione di quello sovrastante, dal calore geotermico o da quello prodotto dal flusso del ghiaccio. Sebbene la maggior parte dei laghi si trovi al si sotto della superficie, i ricercatori suggeriscono che il cambiamento climatico potrebbe innescare la fusione ad altitudini più elevate, formando laghi subglaciali sotto il cuore della Groenlandia.

L’Italia nello spazio con Luca Parmitano: il comandante dell’ISS

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Tra meno di un mese la navicella Soyuz porterà dei nuovi membri dell’equipaggio sulla Stazione Spaziale Internazionale dopo che diverse settimane fa alcuni astronauti sono stati portati a terra. Tra i nuovi membri ci sarà anche l’uomo che prenderà il grado di comandante dell’ISS. Quest’ultimo è l’astronauta Luca Parmitano, il primo italiano a ricevere tale grado; non è il primo record per l’uomo che già era stato il primo nostro connazionale ad effettuare una passeggiata nello spazio il che avvenne il 9 luglio 2013.

Attualmente Parmitano si trova a Star City nei pressi di Mosca ed è entrato in uno stato di quarantena; non è esattamente come quando si prende una malattia infettiva, ma non può comunque permettersi di fare determinate cose. La fase successiva, un isolamento vero e proprio, inizierà il 3 luglio mentre la partenza dalla base russa con lo Soyuz è previsto per il 20 luglio in Kazakhstan. La missione prende il nome di Beyond e durante tutta la durata di quest’ultimo Parmitano invierà sulla Terra dei video messaggi, una cronaca di quello che succede lassù.

 

Luca Parmitano: il primo comandante italiano della Stazione Spaziale Internazionale

Ecco una dichiarazione dell’uomo sulla sua esperienza in orbita:Ci saranno sempre delle emergenze, ci sarà sempre qualcosa a cui non abbiamo pensato e l’allenamento e l’esperienza sono l’unica cosa che può salvarci. L’ISS diventa il nostro spazio vitale, il nostro spazio di lavoro, è dove ci rilassiamo, è dove passiamo il tempo con i nostri amici, quando torni a terra, è quello che ti manca. Niente mi impedisce di sognare che un giorno potrò andare sulla Luna e magari atterrare per fare esperienza, impareremo ciò che abbiamo bisogno di inventare e creare per andare oltre.”

Apple Music: superati i 60 milioni di utenti abbonati

Apple Music utenti attivi

Il colosso della mela morsicata ha da poco presentato una serie di nuovi servizi in arrivo nel suo ecosistema. Pare che Apple sia sempre più interessata a questo campo. Dopo aver registrato un calo nelle vendite di iPhone, questa ha capito che i servizi saranno la sua unica salvezza. Grazie a loro, infatti, la casa della mela morsicata continuerà a mantenere un fatturato alto.

I nuovi servizi di Apple riguardano i più svariati ambiti. Si va, infatti, dalla piattaforma di videogiochi a quella di serie TV e film. L’azienda vi riporrà molta attenzione nei prossimi mesi. Ciò però non vorrà dire che i servizi già esistenti verranno trascurati. Nelle scorse ore, Apple Music ha raggiunto un nuovo traguardo importante.

 

Apple Music: la piccola miniera d’oro di Cupertino

Ebbene sì, il noto servizio di streaming musicale della mela morsicata è stato una miniera d’oro fin da subito. Questo, infatti, ha riscosso subito un elevato successo. La sua crescita è stata nettamente più veloce rispetto a quella di concorrenti come Spotify e tuttora non sembra arrestarsi. Nelle scorse ore è giunta nota di un grosso traguardo per il servizio, Apple Music ha superato i 60 milioni di abbonati.

A confermare la notizia è stato il vicepresidente dei servizi Apple, Eddy Cue. Parliamo di un incremento degli abbonati di 10 milioni in 6 mesi. La crescita risulta essere davvero impressionante. Se continuerà così, il servizio di Cupertino potrebbe presto superare Spotify (+100 milioni di iscritti), il quale trionfa nel settore. Ricordiamo che la mela morsicata ha grosse novità in arrivo per il nuovo servizio. Queste aiuteranno Apple Music a surclassare Spotify? Restate in attesa per ulteriori aggiornamenti a riguardo.

Apple: iOS 13 potenzia sensibilmente il Machine Learning

Apple iOS 13 Machine Learning

iOS 13 sembra essere uno degli aggiornamenti software di Cupertino più ricchi di sempre. Tutti gli utenti sono impazienti per il suo arrivo e in tanti si accingono a scaricare la beta pubblica per poterne testare le funzionalità in anteprima. Ci sono, però, alcuni dettagli del nuovo update di Apple che pochi conoscono. Uno di questi riguarda il Machine Learning.

Ebbene sì, non è la prima volta che parliamo di Machine Learning sui dispositivi Apple. Il colosso di Cupertino lavora al perfezionamento di questo aspetto da parecchio tempo. Con iOS 13 avremo un vero e proprio salto di qualità grazie all’introduzione di nuovi algoritmi. iPhone potrà fare cose mai viste prima.

 

Apple: ecco come il Machine Learning permetterà di identificare cani e gatti

Il Machine Learning continua a migliorarsi upgrade dopo upgrade. Già con iOS 12 i risultati erano diventati più che buoni. Infatti, grazie agli algoritmi introdotti, iPhone poteva identificare i volti umani, ma anche cani e gatti all’interno dell’app foto. Per iOS 13, Apple ha studiato dei nuovi algoritmi che rendono il tutto molto più efficiente. Pare che sarà possibile per gli sviluppatori, utilizzare questi algoritmi anche per le proprie app. Di conseguenza si aprirà un vero e proprio mondo.

Oltre ai cani e ai gatti, il nuovo sistema permetterà di identificare anche una serie di oggetti. Gli sviluppatori potranno sbizzarrirsi con la creazione di app incentrate su questa nuova aggiunta. Siamo sicuri che molti apprezzeranno questa miglioria introdotta da Apple. Restate in attesa per ulteriori aggiornamenti a riguardo.

Fortnite: ecco le sfide della Settimana 8 della Stagione 9

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Negli ultimi tempi si è parlato spesso di Epic Games e del suo fenomeno videoludico Fortnite. Nelle scorse ore, l’azienda ha rilasciato un ulteriore pacchetto di Skin esclusive su tutti gli store online. In concomitanza con questo, sono state rese disponibili anche le sfide della Settimana 8 della Stagione 9. Quali saranno le challenge questa volta?

Oramai è una prassi, ogni settimana la nota azienda di Fortnite propone una serie di sfide per far si che gli utenti possano procedere più velocemente nei livelli del Pass Battaglia. Questa settimana le sfide sono molto avvincenti. Andiamo a scoprirle una ad una.

 

Fortnite: Scopriamo le sfide della Settimana 8 della Stagione 9

Epic Games ha rilasciato nelle scorse ore le consuete sette sfide settimanali. Di queste, 3 sono aperte a tutti mentre 4 sono riservate esclusivamente ai possessori del Pass Battaglia. La ricompensa totale ammonta a ben 50 stelle del Pass Battaglia e a 8000 punti esperienza se si completano almeno 4 sfide. Di seguito andiamo a riportare tutte e 7 le sfide:

1) Applica scudi. 2) Visita diversi orologi. 3) Elimina nemici a Spiagge Snob o a Grandi Magazzini. 4) Danneggia nemici con fucili d’assalto. 5) Atterra a Palmeto Paradisiaco (sfida a 5 fasi). 6) Usa un condotto vulcanico, un condotto d’aria e una zipline in una partita singola. 7) Eliminazioni al di fuori dei luoghi indicati.

Ricordiamo che bisognerà completare tutte e 7 le sfide per aggiudicarsi anche un’esclusiva schermata di caricamento. Oramai manca poco alla Stagione 10 di Fortnite. Quale sarà il tema? Restate in attesa per ulteriori aggiornamenti a riguardo.

La NASA analizzerà i campioni di roccia lunare raccolti 50 anni fa

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Dal 1969 al 1972, gli astronauti delle missioni Apollo hanno riportato sulla Terra 382 chilogrammi di campioni lunari. Alcune di queste rocce sono state confezionate sottovuoto nel momento in cui si trovavano nell’atmosfera lunare e non sono mai venuti in contatto con quella terrestre. Ma 50 anni dopo la NASA ha concesso a dei team la possibilità di aprire i campioni raccolti.

Per le analisi l’agenzia spaziale sta utilizzando un caveau chiuso situato nel Johnson Space Center di Houston dove i team analizzeranno le rocce utilizzando le tecnologie più recenti. Ryan Zeigler, responsabile dei campioni lunari, ha affermato: “A causa dei miglioramenti tecnologici negli ultimi 50 anni, l’agenzia spaziale è stata intelligente nell’attesa di analizzare i campioni lunari“. Ora possiamo fare di più con un milligrammo di quanto potremmo fare con un grammo di allora“.

 

I campioni lunari

All’interno dell’inventario lunare delle missioni Apollo ci sono più di 100.000 campioni. La missione Apollo 11 però, sembra aver portato sulla Terra solo una piccola parte di essi. Aldrin e Armstrong ne hanno raccolti solo 48. In quell’occasione la NASA voleva cercare di ridurre al minimo i danni per i due astronauti, dato che erano i primi a mettere piede sulla superficie lunare.

Per lo studio dei campioni lunari, i team riceveranno 8 milioni di dollari ed ogni squadra ne riceverà una quantità di peso e dimensioni variabili. Thomas Zurbuchen, Amministratore associato per le missioni scientifiche della NASA, ha affemato: “Studiando questi preziosi campioni lunari per la prima volta, una nuova generazione di scienziati contribuirà a far progredire la nostra comprensione del nostro vicino lunare e prepareremo per la prossima era di esplorazione della Luna e oltre. Inoltre il ritorno dei campioni dallo spazio esterno è molto efficace nell’apprendere l’intero sistema solare”.

La NASA sta tenendo sotto osservazione un meteorite particolare

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Ai tempi della formazione della Terra molto del lavoro è stato svolto anche dai meteoriti che schiantandosi sulla superficie del pianeta hanno portato con sé nuovi elementi. Ormai è una cosa risaputa che certi materiali preziosi siano un dono dello spazio e proprio in virtù di questo la NASA sta tenendo sotto stretta osservazione un asteroide particolare il cui nome è Psiche 16. Qual è la particolarità? Semplice, apparentemente al suo interno sono contenute ricchezze che potrebbero rendere tutta la popolazione della Terra miliardaria.

Al momento questo oggetto spaziale viaggia tra le orbite di Marte e di Giove. Al suo interno, secondo le analisi fatte a distanza, dovrebbero esserci ingenti quantità di oro, ma anche platino, ferro e nichel. La stima fatta è che l’interno contenuto si aggiri intorno ad un valore di 10 dollari per un quintilione; la cifra finale ha 19 zero. L’economia mondiale si attesta in torno ai 75.5 trilioni di dollari quindi in realtà nessuno vorrebbe questo asteroide sul pianeta e non tanto perché lo distruggerebbe, ma perché farebbe collassare l’intera economia mondiale.

 

La NASA è il meteorite dei sogni

In realtà questo oggetto non è solo visto da lontano con un telescopio, ma sarà l’obiettivo di una missione che vedrà la luce nel 2022. L’agenzia sembrerebbe voler sondare il meteorite attraverso la missione Discovery il quale, se il lancio verrà effettuato nell’anno appena nominato, sarà intorno al 2026. Ovviamente in questo caso il tutto ha uno scopo prettamente scientifico e non c’è alcuna intenzione di portare a casa un carico d’oro, cosa comunque infattibile con la tecnologia attuale.

Gli scienziati hanno misurato una luce con una quantità di energia mai vista

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Gli scienziati hanni recentemente scoperto una fonte luminosa ricca di raggi gamma. La luce, situata in corrispondenza dell’altopiano tibetano, emana un’energia che supera i 100 trilioni di elettronvolt. Alcune misurazioni hanno raggiunto persino i 500 trilioni.

La scoperta è avvenuta grazie ai risultati del’esperimento Tibetan Air Shower Array. Questo utilizza quasi 40.000 metri quadrati di rilevatori per individuare particelle ad alta energia come i raggi cosmici o i raggi gamma. Dopo le anelisi dei dati, gli scienziati hanno scoperto che i raggi individuati dai rilevatori provenivano dalla Nebulosa del Granchio. Essa è una pulsar, o un potente residuo di una supernova, che si trova a 6.523 anni luce di distanza dalla Terra.

 

Un’energia mai vista prima

Quando le particelle colpiscono la nostra atmosfera, esse creano una pioggia di particelle subatomiche che viene registrata dai rilevatori. Studiando le piogge di particelle gli scienziati sono riusciti ad individuare la fonte e misurare l’energia dei raggi gamma da cui esse provengono. In una pubblicazione del Physical Review Letters, gli astronomi che studiano questi fenomeni hanno affermato: “Abbiamo riportato 24 eventi causati da fotoni con energie superiori a 100 trilioni di elettronvolt. Per fare un confronto, le particelle di luce visibile del nostro sole hanno solo un’energia di pochi elettronvolt“.

Questi risultati aiuteranno gli scienziati a comprendere come i fotoni siano in grado di fornire quest’enorme quantità di energia e se c’è un limite ad essa. Al momento la loro ipotesi è che i fotoni siano venuti in contatto con alcuni elettroni ad altissima energia e che ciò li abbia caricati enormemente. Felix Aharonian, professore dell’Istituto di studi avanzati di Dublino, ha dichiarato: “Sapevamo che la Nebulosa del Granchio era una fonte unica nell’universo. Ora vediamo che sì, gli elettroni nella Nebulosa del Granchio sono accelerati fino a 1.000 trilioni di elettronvolt“.

Marte potrebbe essere colonizzato grazie a queste particolari abitazioni

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Una casa futuristica stampata in 3D consentirebbe agli ospiti di “sperimentare” come sarebbe la vita su Marte restando comodamente sul nostro pianeta e presto offrirà la possibilità di sperimentare come sarebbe intraprendere una vacanza interplanetaria, sostengono i responsabili del curioso progetto. Immerso nei boschi della parte settentrionale dello stato di New York, Tera (questo il nome della futuristica abitazione) sarà disponibile per i visitatori desiderosi di sperimentare la vita su Marte.

 

Visitare Marte “da casa”: con Tera sarà possibile!

Tera nasce da un’idea di AI SpaceFactory, un’agenzia di design di New York che ha vinto 500.000 dollari all’inizio di quest’anno per essersi posizionata al primo posto all’Habitat Challenge 3D-Printed della NASA con il suo precedente progetto: l’abitazione “Marsha“. Ogni soggiorno sarà utilizzato per finanziare la missione dell’azienda, che spera di ricercare e sviluppare tecnologie rinnovabili e sostenibili.

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Questa tecnologia sarà usata sia qui sulla Terra che, dicono, un giorno come base per una colonia sostenibile su Marte. I materiali di Tera sono biodegradabili. È stata costruita con le stesse tecnologie di stampa 3D e materiali di Marsha per consentire una vita sostenibile su Marte a lungo termine. Come il suo predecessore, il “Martian habitat Marsha”, Tera è stato realizzato in un materiale composito biopolimerico stampato in 3D, un materiale sviluppato da colture come il mais e la canna da zucchero. È stato testato e riconosciuto dalla NASA stessa come almeno il 50% più forte e più durevole del calcestruzzo.

 

Una struttura completamente biodegradabile

Un portavoce dell’azienda ha dichiarato: “Questo materiale ha il potenziale per rappresentare un passo avanti rispetto al cemento e all’acciaio tradizionali, portando a un futuro in cui possiamo eliminare il massiccio spreco di materiali non riciclabili del settore edile. Potrebbe trasformare il modo in cui costruiamo sulla Terra e salvare il nostro pianeta“.

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L’innovativa struttura può ospitare gli astronauti e proteggerli dai forti venti e dalle radiazioni solari ed è completamente attrezzata con laboratori, dormitori e aree fitness. La AI SpaceFactory ha costruito il modello utilizzando la stampa 3D automatizzata e ha completato un cilindro di grandi dimensioni in grado di contenere 5.500 l di acqua utilizzando macchine da stampa 3D automatiche.

 

Il futuro dell’umanità sul pianeta rosso partirà da queste strutture?

Per questi “pods“, il team ha usato quello che chiamano un “polimero marziano” che la ditta dice essere prodotto creato con un materiale presente anche su Marte. Il polimero viene utilizzato come sostituto del cemento ed è salutato dall’azienda come una forma innovativa di materiale da costruzione.

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AI SpaceFactory lo ha descritto sul suo sito web come resistente alla trazione e alla compressione. La compagnia sostiene che la NASA abbia bisogno di inviare macchine su Marte prima degli astronauti umani per “raccogliere” il composto dal suolo marziano: ciò fornirebbe le materie prime per le stampanti robotizzate per poi arrivare ad iniziare la costruzione in loco.

Gioco d’azzardo, perché è così avvincente e attrattivo?

La National Problem Gambling Clinic aiuta le persone di età compresa tra 13 e 25 anni. Quindi, cos’è il gioco d’azzardo che lo rende così avvincente? E cosa possiamo fare a riguardo?
Per rispondere a quelle domande a cui devi tornare quando gli umani erano semplici cacciatori-raccoglitori e il nostro unico lavoro era sopravvivere.

“In termini semplicistici, i nostri cervelli sono progettati in modo tale da cercare ricompense”, spiega il dott. Cyrus Abbasian, specialista delle dipendenze al Nightingale Hospital di Londra.

 

La patologia del gioco d’azzardo

Quella ricompensa, dice, arriva sotto forma di dopamina – una sostanza chimica nel cervello che ci fa sentire bene.
La stessa sostanza chimica che molti farmaci assuefatti aiutano a produrre.

“Il gioco d’azzardo colpisce una parte primitiva del cervello, un po ‘del cervello che, da una prospettiva evolutiva, è meno avanzato e si tratta più di guadagni immediati. In passato avremmo avuto una grande ricompensa emotiva per aver ucciso un animale, averlo riportato indietro e foraggiato abbastanza cibo per le nostre famiglie”.

Ma con le cose che creano dipendenza, che si tratti di alcol, droghe o gioco d’azzardo, il dott. Abbasian dice che il sistema di ricompensa è dirottato.

“Ora viviamo in ambienti molto artificiali, non siamo progettati per guidare automobili e spostarci su aerei e treni. Ma quel pezzo primitivo del cervello è ancora lì e quella ricompensa immediata senza molto pensare e senza molta logica è ancora funzionale”

Quindi quando giochiamo,e vinci, il nostro cervello ci regala una ricompensa emotiva di base. Un sacco di persone saranno in grado di ottenere quel brusio della dopamina e andare avanti con le loro vite. Ma non tutti.

“Quando le persone diventano tossicodipendenti raggiunge uno stadio in cui le normali attività non sono più gratificanti e l’individuo poi gioca solo per quel ronzio, quella felicità, quella liberazione che la maggior parte di noi ottiene naturalmente attraverso la vita di tutti i giorni.”

E poiché è in parte il modo in cui funziona il nostro cervello, il comportamento di dipendenza può essere eseguito in famiglia. C’è sicuramente un contributo genetico ad esso: alcune persone sono geneticamente predisposte a preferire ricompense immediate.

Come si formano le cascate? Questo è ciò che dice la scienza

Cascata

Se qualcosa è prerogativa della natura, è un’incredibile capacità di stupirci con paesaggi altrettanto incredibili. Uno di questi scenari sono le cascate, che di solito offrono spettacoli impressionanti. Tuttavia, nel corso degli anni, è stato difficile determinare come si formino questi paesaggi. A questo proposito, le teorie tradizionali suggeriscono che le cascate siano il risultato di forze esterne, come i terremoti.

Ora, uno studio recente suggerisce che le cascate, anziché essere il risultato dell’azione di forze esterne, potrebbero essere formate dal movimento dell’acqua nel tempo.

 

Ecco come si formano le cascate

La formazione di cascate corrisponde a un importante mistero per la scienza. In gran parte, questo perché le cascate si evolvono lentamente per lunghi periodi geologici.

A questo proposito, le teorie tradizionali suggeriscono che le cascate sono il risultato di fattori esterni, come forti terremoti. Tuttavia, dopo uno studio recente, si suggerisce che le cascate possano essere formate in modo autogeno.

Per verificarlo, un gruppo di scienziati ha costruito un fiume in miniatura in laboratorio. Questo fiume è stato costruito da un canale lungo 7,3 metri, con un letto di roccia sintetica, realizzato con schiuma di poliuretano. Inoltre, il canale è stato inclinato di circa il 19,5%.

Da parte loro, per simulare i sedimenti rocciosi naturali, i ricercatori hanno posizionato piccoli ciottoli di ghiaia nel canale e hanno permesso all’acqua di correre lungo la struttura. Così, in poche ore, è stato osservato che il flusso costante di acqua e roccia ha iniziato a erodere il letto del canale, producendo una forma simile a quella delle cascate.

Ciò suggerisce che le cascate potrebbero essere formate grazie a processi di feedback interni tra il flusso di acqua, il movimento dei sedimenti e l’incisione delle rocce sul fondo, al di là di fattori esterni.

Cascata

 

Le cascate potrebbero essere il risultato di un processo autogeno

Dopo aver sviluppato il modello del letto di un fiume, è stato osservato che le variazioni di decimetria dell’erosione hanno creato creste rocciose convesse, così come depressioni concave, che sono cresciute in ampiezza, formando gradini ciclici.

Pertanto, i ricercatori concludono che le cascate potrebbero essere il risultato di una combinazione di fattori, come l’idraulica del flusso, il trasporto dei sedimenti e l’erosione della roccia risultante. Da questo si formano forme ondulate nei letti dei fiumi che, quando trasportano abbastanza acqua, si trasformano in cascate.

Tuttavia, dobbiamo tenere presente che si tratta di un esperimento pionieristico. Pertanto, sono necessarie ulteriori ricerche per corroborare i risultati. Anche così, lo studio rappresenta un approccio che ci avvicina sempre di più alla conoscenza di come si sono sviluppati i paesaggi più impressionanti del pianeta Terra.

Gli uomini giovani che mangiano cibi trasformati hanno meno spermatozoi

Uno studio suggerisce che gli uomini giovani e in forma, le cui diete sono costituite da pizza, hamburger, patatine fritte e altri alimenti trasformati, hanno un numero di spermatozoi drasticamente inferiore rispetto a quelli che mangiano cibi più freschi.

Un team di ricercatori statunitensi e danesi, guidati dall’università di Harvard, ha trovato uomini la cui dieta più strettamente correlata a una “dieta occidentale” stereotipata aveva il numero medio di spermatozoi medi.

Questo ammontava a una media di 25,6 milioni di spermatozoi per eiaculato in meno rispetto a quelli che mangiavano meno carne rossa e lavorata, bevande zuccherate e carboidrati amidacei.

 

Gli uomini giovani che mangiano alimenti trasformati hanno molti meno spermatozoi

Piatti pronti e fast food hanno trasformato carne rossa e lavorata, grassi, bevande zuccherate e carboidrati semplici, pietre miliari economiche e convenienti della dieta quotidiana.

Questo sta guidando alti tassi di obesità e malattie correlate come diabete e cancro.Ma gli ultimi risultati suggeriscono che potrebbe anche essere uno dei fattori principali nella crescente crisi della fertilità che ha visto il numero medio di spermatozoi nell’incidente occidentale del 60% dagli anni ’70.

Lo studio ha utilizzato campioni di sperma di circa 3.000 uomini, con un’età media di 19 anni, sottoposti a un esame medico di routine prima di unirsi alle forze armate danesi per il servizio nazionale.

Ha utilizzato sondaggi dietetici per raggruppare gli uomini in quattro categorie e ha trovato uomini che mangiavano una dieta equilibrata “prudente”, con abbondanza di pesce, carni magre, frutta e verdura, con il conteggio totale più sano di spermatozoi. Seguirono i vegetariani, le cui diete includevano anche soia e uova, e poi uomini che mangiavano una dieta scandinava con carni più elaborate, cereali integrali, pesce freddo e latticini.

“È quasi certo che questo è dovuto al fatto che quelli con le diete migliori assumono più antiossidanti”, ha detto il professor Allan Pacey, esperto di fertilità, della Sheffield University.

“Con pizza, patatine e carne rossa, sappiamo che lo stress antiossidante sale e questo fa male allo sperma.”

CHEOPS: la missione europea per la ricerca di esopianeti è pronta

L’Europa si prepara per il lancio della missione CHEOPS (Characterising ExoPlanets Satellite) dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Il team di ricercatori e scienziati è composto da 11 paesi europei e guidato dalla Svizzera ed è già all’opera per programmare la fitta agenda di impegni previsti dalla missione. All’Italia è stata affidata la costruzione del telescopio spaziale CHEOPS e parteciperà attivamente al progetto con importanti missioni.

 

CHEOPS: il telescopio spaziale dell’ESA

CHEOPS è un telescopio spaziale per lo studio di esopianeti con il metodo del transito. Questo significa che i pianeti verranno individuati osservando il transito davanti alla loro stella, che sarà percepito come una riduzione di luminosità della stella stessa. La missione ha come fine ultimo quello di misurare le dimensioni di esopianeti la cui massa è conosciuta, permettendo di determinarne la densità permettendo così di classificarli come gassosi o rocciosi.

Questa missione è frutto della collaborazione tra ESA e Swiss Space Office ed è gestita dall’Università di Berna. Il telescopio sarà alimentato da pannelli solari, che oltre a fornire un’alimentazione di 60 W, lo ripareranno dalle radiazioni solari.

 

La missione ed i centri di controllo

Il lancio di CHEOPS è previsto tra metà Ottobre e metà Novembre del 2019. Si tratta di un satellite a basso costo, la spesa complessiva è stata infatti di circa 100 milioni di euro, di cui la metà sono stati sborsati dall’ESA, ed è stato prodotto interamente in Itlaia. Il progetto di CHEOPS è infatti degli osservatori dell’INAF di Catania e Padova, sotto la guida della stessa INAF e dell‘Agenzia Spaziale Italiana (ASI). La costruzione è avvenuta nei laboratori della Leonardo Spa, in collaborazione con la Thales Alenia Space e la  Media Lario.

La missione sarà diretta dai due centri di controllo europei: lo Science Operation Centre (SOC) a Ginevra ed il Mission Operation Centre (MOC) di Torrejón. Come indicato dal nome, il MOC si occuperà di configurare e manovrare CHEOPS in base alla missioni previste dal piano di osservazione. Inoltre avranno anche il compito di monitorare il corretto funzionamento e la corretta trasmissioni dei dati di CHEOPS.

Lo svizzero SOC invece avràcome obiettivo principale quello di raccogliere i dati scientifici trasmessi dal telescopio spaziale ed elaborare i dati di telemetri in modo da renderli disponibili per gli scienziati. Sarà suo compito anche occuparsi dei piani di osservazione settimanali di CHEOPS. Una copia dei dati raccolti dal SOC, verranno conservati ial centro dati SSDC dell’ASI.

 

Le diverse fasi della missione CHEOPS

La fase che precede il lancio previsto verso fine anno, prevede una fitta agenda di impegni per i membri del team, che devono essere addestrati per poter manovrare CHEOPS e raccoglierne i dati.

Durante lo scorso mese, sono state inoltre revisionati tutti i componenti hardware e software della missione, le procedure, le interfacce, la documentazione e persino il personale. Tutto questo per garantire che al momento del lancio della missione tutto funzioni in modo corretto. Ora che tutto è scrupolosamente controllato e sicuro, la missione è finalmente pronta ad iniziare. Ma mentre si aspetta Ottobre, i membri della squadra continuano ad esercitarsi e ad eseguire simulazioni di ogni sorta, inclusi possibili situazioni di emergenza, anche le meno probabili.

Una volta lanciato nello spazio, anche CHEOPS avrà bisogno di un periodo di esercitazioni. Prima della vera fase di osservazione infatti, è prevista la Lunch and Early Orbit Phase, un periodo di 5 giorni successivi al lancio in cui il telescopio spaziale calibrerà tutti i suoi strumenti e verificherà le attrezzature. Nella fase successiva invece, denominata In-Orbit Commisioning, della durata di due mesi, in cui saranno analizzate le prestazioni di volo del telescopio ed eventualmente corretta la sua orbita.

 

Il coinvolgimento dell’Italia e dell’INAF

A spiegare la missione di CHEOPS ed il coinvolgimento in essa dell’Italia è Isabella Pagano dell’INAF di Catania, responsabile della missione per l’Italia e project manager del telescopio. Pagano ha dichiarato che “un interesse particolare è riservato all’uso del telescopio per trovare ulteriori pianeti con il metodo del transito, nei sistemi planetari per i quali almeno un pianeta sia stato già scoperto. Identificare sistemi con pianeti multipli e studiarne le caratteristiche è rilevante per comprendere i meccanismi di formazione ed evoluzione dei sistemi planetari”.

“Inoltre il team italiano darà un contributo specifico agli studi indirizzati a comprendere in dettaglio la relazione massa-raggio dei pianeti e utilizzerà CHEOPS anche per studiare la microvariabilità delle stelle nane rosse. Infine va ricordato che con CHEOPS saremo in grado di cercare anche oggetti minori, quali anelli planetari e lune”.