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Allarme per un grande squalo bianco avvistato tra i bagnanti

Il fotografo dell’associazione “Atlantic White Shark Conservacy”, Wayne Davis, ha scattato una bellissima foto del grande squalo bianco avvistato dai bagnini a largo di Cape Cod. Gli assistenti alla balneazione della famosa spiaggia statunitense hanno subito allertato i bagnanti, intimandogli di uscire dall’acqua appena avvistato il grande squalo bianco.

Non c’è stata molta paura o sorpresa per i bagnanti del luogo in quanto, come ricorda l’Atlantic White Shark Conservancy, gli squali bianchi sono molto presenti e attivi nella zona per tutto il periodo che va da Agosto ad Ottobre. La stagioni dei grandi squali bianchi è dunque iniziata a Cape Cod.

 

L’importanza della conservazione del grande squalo bianco: la missione della AWSC

E di pari passo cresce anche l’attività dell’Atlantic White Shark Conservacy (AWSC), l’associazione no-profit che ha come scopo quello di supportare la ricerca scientifica, migliorare la sicurezza pubblica ed educare la comunità a ispirare la conservazione dello squalo bianco. L’AWSC protegge e monitora dunque questa specie che è ormai quasi a rischio.

Secondo l’AWSC lo squalo bianco è infatti un importante predatore, il cui ruolo è fondamentale per l’ecosistema marino, Come tutti i predatori all’apice della catena alimentare infatti, il suo ruolo è quello di regolare le popolazioni delle sue prede, influenzandone il numero di individui, la distribuzione ed il comportamento.

Senza il vertice della catena alimentare dunque, si creerebbero degli scompensi nei delicati equilibri ecosistemici, che si ripercuotono fino al fondo della catena alimentare e sull’intero ecosistema.

Per quanto quindi possa essere grande la paura nei confronti di questo maestoso animale, va protetto e salvaguardato. In fondo sono gli umani che si trovano nel suo ecosistema, e sono dunque loro a dover prestare la massima attenzione quando si spingono nei luoghi dove è nota la sua presenza. Se vi avventurate quindi sulla spiaggia di Cape Cod, fatelo entro la fine di luglio!

Siberia, l’inferno tra i ghiacci: bruciano 32 milioni di ettari di foresta

L’inferno nelle nello zone più fredde della Terra, l’Artico è infatti in fiamme e 3,2 milioni di ettari di foresta artica bruciano ormai da giorni. L’enorme incendio scoppiato nell’estremo nord-est della Russia sta divorando le regioni di Krasnoyarsk e di Irkutsk, in Siberia e nella Yakuzia.

 

Il grave disastro ambientale degli incendi in Siberia

L’enorme incendio è alimentato dalle alte temperature, oltre i 30° C, e dai forti venti che soffiano su queste regioni e che hanno spinto il denso fumo sino ad alcuni villaggi sugli Urali. Una delle più grandi paure degli ambientalisti è dunque che l’incendio ed il fumo possano velocizzare lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico. La sezione Russa di Greenpeace ha infatti dichiarato che si tratta ormai di un disastro ambientale di entità nazionale.

Inoltre il grande rilascio di CO2 nell’atmosfera, causato dagli incendi, contribuisce ad aumentare il riscaldamento globale. Quella che dovrebbe essere una delle zone più fredde del mondo si sta quindi riscaldando in modo più veloce rispetto al resto del Pianeta. In questo modo la situazione peggiora ed il fuoco si autoalimenta, l’innalzamento asciuga infatti le foreste, rendendole più vulnerabili al fuoco.

 

Un emergenza globale secondo Greenpeace

Il disastro, che ha già colpito più di 11 milioni di ettari e che ogni giorno aumenta di centinaia di migliaia di ettari, è ormai per l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, un emergenza che va oltre i confini della Russia. Gli incendi rilasciano infatti grandi quantità di calore e di inquinanti nocivi nell’atmosfera, che possono essere trasportati dagli agenti atmosferici, anche a grandi distanze. Tra questi vi sono monossido di carbonio, composti organici non metanici e ossido di azoto.

Inoltre, ad aggravare maggiormente la situazione, vi è il fatto dell‘impossibilità di intervenire per i Vigili del fuoco. In molte aree infatti l’intervento sarebbe troppo pericoloso e costoso. La quasi totalità delle aree avvolte dalle fiamme può solo essere monitorata a distanza dai satelliti. A questo punto si teme fortemente che gli incendi, iniziati in aree remote del nord della Terra, possano ora raggiungere villaggi e città.

 

Riscaldamento globale e cambiamenti climatici: ecco i colpevoli degli incendi in Siberia

Secondo Greenpeace la colpa dello scoppio degli incendi risiede nell’anticiclone bloccante, ovvero delle enormi masse di aria calda che impediscono all’aria più fredda e umida di giungere. A causa di questo anticiclone caldo, le piogge che avrebbero dovuto bagnare le regioni di Krasnoyarsk e di Irkutsk, arrivano solo come piogge anomale alla periferia dell’anticiclone.

La nube radioattiva ha raggiunto Milano secondo il CNR

La nube radioattiva di Rutenio-106, un isotopo radioattivo di origine artificiale, ha raggiunto anche l’Italia, ad annunciarlo è una divisione del CNR, l’istituto per la Dinamica dei Processi Ambientali (IPDA), ora Istituto di Sicenze Popolari (ISP).

 

I rilevamenti del CNR sul Nord Italia

Grazie all’analisi dei laboratori di radioattività dell’Università Bicocca di Milano, sono infatti stati rilevati alti livelli di Rutenio-106 nei filtri campionatori dell’aria nella città di Milano. Il Rutenio è stato individuato per la prima volta a Settembre del 2017. Da allora si è provveduto a monitorare e studiare la situazione, ottenendo i dati pubblicati sulla rivista Atmospheric Environment.

 

Gli studi europei sulla nube radioattiva

Gli stessi dati sono stati raccolti, tramite l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), in tutti gli stati membri dell’Unione Europea, creando un set di dati sulle misurazioni del Rutenio-106. Tramite queste analisi la presenza dell’isotopo radioattivo è stata confermata in gran parte dell’Europa, dalla Svezia alla Francia e dall’Ucraina all’Italia. Come ha spiegato il ricercatore del CNR, Niccolò Maffezzoli, “il dataset è stato rilasciato dall’Istituto Francese di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare (IRSN), prima struttura a indagarne la possibile origine. I risultati della ricerca sono stati poi confermati dall’Istituto Meteorologico Danese (DMI)”.

Nello studio danese ed in quello francese sono stati utilizzati dei modelli computerizzati generalmente usati per la meteorologia mentre, secondo quanto affermato da Maffezzoli, per lo studio del CNR sono stati utilizzati modelli di ricostruzione atmosferica assieme ad informazioni meteo open source ed applicandovi un modello statistico. Grazie a questo tipo di ricerca ed utilizzando i dati della IAEA, i ricercatori italiani sono riusciti a ricostruire l’origine della nube radioattiva che si è sparsa sull’Europa.

 

Lo studio italiano conferma quelli europei e fornisce nuovi modelli di studio

Il risultato del CNR ha confermato quindi quelli già ottenuti nello studio danese ed in quello francese. Per la terza volta dunque la sorgente è apparsa essere una zona tra l’Ucraina e le regioni del Volga e degli Urali. Da qui si è dunque originata la nube radioattiva di Rutenio, i cui livelli però non sono mai stati al di sopra dei livelli standard di sicurezza. Non si è riscontrato dunque nessun rischio per la salute.

Grazie allo studio del CNR, i cui dati sono confermati dai risultati identici ottenuti negli altri due studi europei, si è quindi ottenuto un metodo diverso per questo tipo di studi. Il nuovo metodo sviluppato dal CNR è, secondo Maffezzoli, “molto leggero dal punto di vista computazionale e totalmente open source, disponibile per istituzioni governative o accademiche che vogliano fruire di un potenziale strumento di allerta nel caso di eventi di rilascio di sostanze sia radioattive sia non”.

Inoltre se i dati dei rilevamenti di radioattività venissero messi online, ilo modello del CNR potrebbe addirittura essere usato in tempo reale, ad esempio nel caso si verifichino disastri nucleari o ambientali di varia natura.

Doomsday Vault: il riscaldamento globale minaccia la banca del seme globale nell’Artico norvegese

Doomsday Vault

I politici possono discutere sui meriti accademici delle teorie sul riscaldamento globale. Ma gli argomenti non sono più solo accademici. Un recente rapporto del Centro norvegese per i servizi climatici mostra che il riscaldamento globale nella regione artica può rappresentare una minaccia molto diretta per il benessere umano. Come per la maggior parte degli studi sul clima, il rapporto Climate in Svalbard 2100 inizia con la premessa che gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più evidenti – e lo saranno sempre di più – ai poli, le regioni più fredde della Terra. 

Non a caso, Svalbard ospita la Banca dei semi, che detiene copie delle riserve mondiali di sementi conosciute come Doomsday Vault. È letteralmente un piano di backup di sopravvivenza nel caso in cui le colture fondamentali che sostengono la vita umana siano compromesse. È stato fondato nel 2008 come piano di riserva contro le catastrofi globali che potrebbero spazzare via le colture alimentari, a causa di malattie umane, pestilenza, guerra o persino cambiamento climatico. Ospita quasi 1 milione di pacchetti di semi provenienti da tutto il mondo, per colture come riso e grano, nonché specie in via di estinzione come il fagiolo delle Bermuda.

La banca del seme si trova in un tunnel sotto una montagna nel villaggio di Longyearbyen, a 1.300 Km dal Polo Nord. È conosciuta come probabilmente la città più settentrionale della Terra. Ciò gli ha dato le condizioni di congelamento perfette per ospitare una tale banca di semi. La Norvegia è anche un paese politicamente stabile il cui estremo nord non è soggetto a catastrofi naturali come terremoti o vulcani.

 

Tuttavia, può essere soggetto a scioglimento

Un rapporto della CNN rileva che gli edifici nel villaggio di Longyearbyen sono affondati nel fango mentre il permafrost si scioglie e che il permafrost in questione, attorno al tunnel di ingresso della caverna, non si è mai più congelato dalla costruzione della banca dei semi. Forti piogge nel 2016 hanno inondato il tunnel, anche se l’acqua non ha raggiunto i semi.

L’anno scorso la Norvegia ha speso 11,5 milioni di dollari per ricostruire il tunnel, trasferendo apparecchiature di raffreddamento all’esterno del tunnel e utilizzando nuove stuoie di raffreddamento per aiutare a ricongelare il permafrost all’esterno del tunnel, utilizzando più energia fossile che sta contribuendo al riscaldamento globale per proteggere la capacità degli umani di adattarsi a i suoi effetti.

Doomsday Vault

Il rapporto norvegese prevede che la temperatura a Longyearbyen aumenterà da -10 a -7 gradi Celsius entro la fine del secolo e le precipitazioni aumenteranno dal 45 al 65 percento. Ciò potrebbe seriamente minacciare la banca del seme. L’unico modo per evitare questo riscaldamento, secondo gli scienziati, è quello di smettere di bruciare combustibili fossili in auto, centrali elettriche e altre parti dell’economia.

La Norvegia è conosciuta come il paese leader al mondo per le vendite di auto elettriche pro capite e ha fissato una data per vietare le vendite di nuove auto a combustione interna. Perché il Doomsday Vault nella Norvegia settentrionale sopravviva, il resto del mondo non può seguirne l’esempio abbastanza presto.

Gli scooter elettrici condivisi non sono poi così ecologici

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Negli anni sono nate diverse alternative comode per girare nelle grandi città con facilità e al tempo stesso poco inquinanti. Uno studio della North Carolina State University ha però evidenziato come alcuni di questi, gli scooter elettrici per l’esattezza, non siano poi così tanto ecologici come altre alternative. Sostanzialmente sono più verdi un qualsiasi auto comune, ma non di molte altre opzioni presenti nelle città. Per arrivare a questo risultati gli autori hanno esaminato il loro impatto studiando il ciclo di vita dei mezzi.

La dichiarazione di Jeremiah Johnson, autore dello studio e professore associato di ingegneria civile, edile e ambientale del North Carolina: “Le aziende di scooter elettrici si autoproclamano con poca o nessuna impronta di carbonio, il che è una dichiarazione audace. Volevamo esaminare ampiamente gli impatti ambientali degli scooter elettrici condivisi e come confrontarli con le altre opzioni di trasporto locali.

 

La verità sugli scooter elettrici condivisi

Uno scooter ha quattro step nella sua vita. Il primo è quando viene prodotto e in tal caso si analizza la produzione dei componenti che sono serviti. Il secondo è il progetto di fabbricazione in sé, il terzo è la spedizione del mezzo in un città e infine c’è la carica delle batterie. Questa analisi è stata fatta anche per altri mezzi come la bicicletta, autobus, vetture e altri mezzi elettrici.

Molto di ciò che abbiamo scoperto è piuttosto complicato, ma alcune cose erano chiare. La bicicletta, anche con una bici elettrica, è quasi sempre più rispettosa dell’ambiente rispetto all’utilizzo di uno scooter elettrico condiviso. L’unica possibile eccezione è per le persone che utilizzano programmi di condivisione della bici pay-to-ride. Queste aziende usano auto e camion per ridistribuire le biciclette nella loro area di servizio, che a volte possono renderle meno ecologiche rispetto all’utilizzo di uno scooter elettrico.”

Lo studio sottolinea che il vero inquinamento di questi scooter arriva da quello che succede una volta che vengono lasciati in giro. Per chi non lo sapesse, alla sera di solito ci sono delle persone il cui lavoro è il recupero degli scooter sparsi per la città. Quest’ultimi per andarli a recuperare finiscono per inquinare fin troppo.

Al largo della Toscana stanno morendo delfini e balene: causa ignota

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Dall’inizio dell’anno al largo della Toscana sono stati trovati una lunga serie di cadaveri, trentadue delfini e due balene. Non sono state semplicemente trovate spiaggiata, molte delle carcasse sono state rinvenute sul fondale. Al momento la loro morte risulta essere un vero mistero e molte delle cause più comune sono state escluse, come per esempio l’ingerimento di plastica. Al momento l’ipotesi più accreditata è che un virus ha colpito gli animali che gli ha sostanzialmente portati a non volersi più nutrire; il virus potrebbe essere quello del morbillo.

La notizia è tornata alla ribalta in quanto negli ultimi giorni sono stati trovati altri sei cadaveri di delfini e a riferirlo è l’agenzia di protezione ambientale della regione. La dichiarazione di Cecilia Mancusi, biologa italiana in forze all’agenzia ambientale ARPAT: “Abbiamo analizzato gli stomaci di otto esemplari e scoperto che erano mezzo vuoti, come se gli animali non avessero mangiato per due o tre giorni.

 

La moria di delfini al largo della Toscana

I risultati dei test devono ancora arrivati e sono previsti per la fine di questo mese quindi al momento si va avanti sono di speculazioni. Un’altra di queste può essere il repentino cambio di temperature collegato alle forti piogge che hanno causato la salinità delle acque circostanti. Questo squilibrio potrebbe aver reso gli animali più deboli facendo partire un’epidemia. In ogni caso c’è da dire che, tristemente, al largo della Toscana si trovano in media 18 cadaveri di mammiferi marini all’anno; è il risultato di uno studio condotto per 10 anni dal 2008 al 2018.

Londra è un’accogliente bacino di una vasta gamma di batteri

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Al mondo esistono numerosissimi batteri cosidetti opportunisti ovvero quelli che in alcune condizioni sono inermi mentre altri risultano essere fin troppo pericolosi. Uno di questi è Staphylococcus epidermidis il quale è presente tranquillamente sulla nostra pelle senza farci male. Apparentemente alcuni ricercatori hanno trovato 600 batteri della stessa famiglia di batteri e suddivise in 11 specie diverse, ma con qualcosa in più in alcune zone di Londra. Alcuni di questi sono risultati super-resistenti, ovvero che presentavano una resistenza maggior ai normali antibiotici.

Questi batteri sono stati trovati nei dintorni nella zona Est e Ovest di Londra. Sono stati trovati in luoghi comunemente fin troppo toccati o comunque frequentati quindi bancomat, pulsanti degli ascensori, i corrimano delle scale e ovviamente le maniglie delle porte della metropolitana, dei centri commerciali, negli ospedali e nelle aree pubbliche. Il fatto che alcuni di questi risultavano immuni alle più comuni forme di trattamenti medicinali è un pericolo; la pericolosità di questi batteri è comparata spesso ai cambiamenti climatici.

 

Londra e l’infestazione di batteri super-resistenti

Tralasciando il fatto che essendo opportunisti, un batterio innocuo può trasformarsi nell’inizio di una patologia grave negli individui che presentano un sistema immunitario compromesso, ma il problema è un altro. L’immunità ai comuni antibiotici può essere copiata da altri batteri più aggressivi che a loro volta possono innescare malattie anche nella maggior parte della popolazione. I test su questa area stanno continuando per scoprire da dove provengono questi batteri e a quali altri fanno riferimento. L’ipotesi più accreditata al momento è che siano arrivati da pazienti ospedalieri o da animali domestici.

I pipistrelli usano le foglie come “specchi” per scovare le prede

pipistrelli

Nelle notti senza luna, i pipistrelli sfidano l’oscurità andando a caccia di insetti: un’impresa apparentemente impossibile, almeno per un essere umano. Nuovi esperimenti presso lo Smithsonian Tropical Research Institute (STRI) mostrano che oltre a sfruttare il loro innato sistema di ecolocazione, cambiando il loro angolo di approccio i pipistrelli con il naso a foglia possono scovare anche le prede meglio mimetizzate. Questi risultati hanno interessanti implicazioni circa l’evoluzione delle interazioni predatore-preda.

pipistrelli

Per molti anni si pensava fosse impossibile per i pipistrelli individuare prede silenziose e immobili che poggiano sulle foglie solo con l’ecolocazione“, ha dichiarato Inga Geipel, scienziata presso l’STRI. Il team di Geipel ha scoperto come i pipistrelli riescono a compiere queste sensazionali imprese: combinando le prove di esperimenti che utilizzano un dispositivo biosonar per creare e misurare segnali artificiali, con prove di osservazioni video ad alta velocità di pipistrelli mentre si avvicinano alla preda, è stata rivelata l’importanza dell’angolo di approccio che questi animali sfruttano per “ingaggiare” la preda.

 

Lo straordinario sistema “sonar” dei pipistrelli

I pipistrelli hanno un “potere” che gli umani non posseggono: inondano un’area con onde sonore e quindi usano le informazioni degli echi di ritorno per navigare attraverso l’ambiente. Le foglie riflettono in maniera molto forte i segnali di ecolocazione, mascherando gli echi più deboli dagli insetti a riposo. Quindi, nel folto fogliame di una foresta tropicale, gli echi delle foglie possono fungere da meccanismo di occultamento naturale per gli insetti, fenomeno noto come “mimetizzazione acustica“.

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Per capire come i pipistrelli riescano a superare il camuffamento acustico e catturare le loro prede, i ricercatori hanno puntato le onde sonore su una foglia con e senza un insetto da più di 500 posizioni, al fine di creare una rappresentazione tridimensionale completa degli echi. In ciascuna posizione, hanno calcolato l’intensità degli echi per cinque diverse frequenze del suono, che rappresentano le frequenze del “sonar” di un pipistrello.

 

La scoperta ha implicazioni molto interessanti per quanto riguarda l’evoluzione dell’interazione predatore-preda

Le foglie con e senza insetti riflettono maggiormente il suono se proviene da una posizione perpendicolare, in particolare da angoli inferiori a 30 gradi. Quando un pipistrello si avvicina da questi angoli, non riesce a trovare la sua preda poiché i forti echi delle foglie mascherano quelli dell’insetto. Ma Geipel e i suoi colleghi hanno scoperto che se il suono proviene da angoli obliqui superiori a 30 gradi, esso viene riflesso lontano dalla sorgente e le foglie si comportano come uno specchio, proprio come uno specchio d’acqua riflette la foresta circostante al crepuscolo o all’alba. L’angolo di avvicinamento rende rilevabile addirittura un insetto a riposo!

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Sulla base di questi esperimenti, Geipel e colleghi hanno predetto che i pipistrelli dovrebbero avvicinarsi agli insetti a riposo sulle foglie da angoli compresi tra 42 e 78 gradi, angoli considerati ottimali perchè l’animale possa rendersi conto se una foglia ospiti o meno un insetto. “Questo studio cambia la nostra percezione sui potenziali utilizzi dell’ecolocalizzazione“, ha detto Geipel. “Ha inoltre importanti implicazioni sullo studio delle interazioni predatore-preda e anche sui campi dell’ecologia e dell’evoluzione sensoriale“.

L’acqua di mare sarà trattata con nuovi strumenti per renderla potabile

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Con il sempre più prepotente boom demografico e il dilagare della siccità, città costiere come Carlsbad, nella California del Sud si sono sempre più orientate verso la desalinizzazione degli oceani al fine integrare un approvvigionamento di acqua dolce in progressiva diminuzione. Ora gli scienziati del Lawrence Berkeley National Laboratory del Dipartimento dell’Energia, che stanno studiando come rendere meno costosa la dissalazione, hanno rispettato le regole di progettazione dei loro strumenti per produrre liquidi ionici detti “termicamente sensibili” per separare l’acqua dal sale.

acqua

I liquidi ionici sono un tipo di sale liquido che si lega all’acqua, rendendoli utili nell’osmosi diretta per separare i contaminanti dall’acqua. Ancora più interessanti sono i liquidi ionicitermicamente sensibili” poiché usano l’energia termica piuttosto che l’elettricità per il processo di dissalazione. Il nuovo studio del Berkeley Lab, pubblicato sulla rivista Nature Communications Chemistry, ha studiato le strutture chimiche di diversi tipi di liquidi ionici per determinare quale “ricetta” avrebbe funzionato meglio per ottenere acqua dolce pulita.

 

Un nuovo modo per ricavare acqua dolce e potabile dal mare

Le attuali conoscenze sul processo di desalinizzazione ci danno modo di ottenere buoni risultati, ma il costo del processo indotto dall’elettricità è proibitivo“, ha affermato Robert Kostecki, autore della ricerca. “Il nostro studio mostra che l’uso di calore libero, come il calore geotermico o solare, combinato con liquidi ionici termicamente sensibili potrebbe compensare in gran parte i costi necessari per le attuali tecnologie di dissalazione, basate esclusivamente sull’elettricità“.

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Kostecki, vicedirettore della divisione Energy Storage and Distributed Resources (ESDR) del Berkeley Lab, ha collaborato con Jeff Urban, scienziato dello staff della Molecular Foundry sempre del Berkeley Lab, per studiare il comportamento dei liquidi ionici in acqua a livello molecolare. Utilizzando la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare e la diffusione della luce dinamica fornite dai ricercatori della divisione ESDR, nonché tecniche di simulazione della dinamica molecolare presso la Molecular Foundry, il team ha fatto una scoperta inaspettata.

 

La scoperta apre le porte ad una rivoluzione nel campo dei processi di dissalazione delle acque

Si pensava da tempo che un’efficace separazione del liquido ionico si basasse sul rapporto complessivo dei componenti organici (parti del liquido ionico caricate né positivamente né negativamente) con i suoi ioni caricati positivamente, ha spiegato Urban. Ma il team di Berkeley Lab ha appreso che il numero di molecole d’acqua che un liquido ionico può separare dall’acqua di mare dipende dalla vicinanza dei suoi componenti organici ai suoi ioni caricati positivamente.

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Questo risultato è sensazionale“, ha detto Urban. “Ora abbiamo regole di progettazione nuove, in base alle quali gli atomi nei liquidi ionici permetteranno il processo di desalinizzazione“. Attualmente ci sono 11 impianti di dissalazione in California e ne sono stati proposti altri. Gli scienziati del Berkeley Lab, attraverso il Water-Energy Resilience Research Institute, stanno mettendo a punto una serie di tecnologie per migliorare l’affidabilità del sistema idrico americano, comprese le tecnologie avanzate di trattamento delle acque come, appunto, la dissalazione.

Amazon: iPad in offerta in occasione del ritorno a scuola

Apple iPad 9.7

Nonostante siamo ancora in piena estate, Amazon ha già deciso di proiettarci al futuro. La nota azienda di e-commerce, infatti, ha già pensato al ritorno a scuola degli studenti. Nelle scorse ore è apparsa sul sito un’intera sezione di offerte dedicata al ritorno a scuola. Per l’occasione, l’azienda ha deciso di proporre una serie di interessanti offerte per tutti gli studenti.

Ad essere in promozione, articoli di molte categorie. Si parte dai classici strumenti da cancelleria fino ad arrivare a veri e propri device tecnologici. Oggi, vi andiamo a parlare di un’offerta riguardante uno dei tablet più apprezzati di sempre, iPad 2018. Ecco l’offerta pensata da Amazon per il ritorno a scuola.

 

Amazon: iPad 2018 ad un prezzo davvero interessante

Fin dalla sua presentazione, iPad 2018 è sempre stato associato agli studenti. Non c’era prodotto migliore che Amazon potesse mettere in sconto per la sua sezione dedicata alla scuola. Il tablet della mela morsicata, infatti, risulta essere un ottimo compromesso per tutti gli studenti, anche quelli più piccoli. Il listino del modello base con 32 GB solo Wi-Fi è di 359,00 euro. Il noto sito di e-commerce, invece, lo propone alla interessante cifra di 289,00 euro.

Ad essere in promozione, la sola variante argento. Le altre colorazioni, infatti, risultano avere prezzi maggiori. Attualmente il prodotto risulta essere etichettato dal sito come “il più venduto”. Non ci è dato sapere fino a quanto verrà mantenuta la promozione, né tantomeno se le scorte del device sono limitate. Restate in attesa per eventuali aggiornamenti a riguardo.

Apple sta ancora lavorando alla produzione di un visore AR?

Apple visore AR

Il colosso della mela morsicata, Apple, sta facendo di tutto per estendere i suoi confini. Siamo sicuri che ci sono molti progetti innovativi che la casa di Cupertino sfornerà da qui a qualche anno. Tra questi, indubbiamente, ci sono i tanto chiacchierata “occhiali” per la realtà aumentata. Questi vedranno mai la luce?

Tempo fa vi avevamo parlato della rinuncia da parte di Apple al lavoro sul progetto del visore AR. Nelle scorse ore, però, una notizia ha fatto crollare tutto. Sembra, infatti, che Apple abbia assegnato un nuovo capo alla divisione che si occupa di sviluppare questo progetto. Cupertino non ha mai smesso di lavorare al prodotto.

 

Apple: nuovo capo per la divisione che lavora al visore AR

Ebbene sì, sembra proprio che il tanto vociferato visore innovativo AR di Cupertino arriverà sul mercato. Nelle scorse ore, l’azienda ha deciso di assegnare un nuovo capo alla divisione che lavora al progetto al fine di mettere un po’ d’ordine. A confermare il tutto è stato il The Indipendent. Il capo in questione, sarebbe Kim Vorrath, nell’azienda da anni come responsabile del team di sviluppo software. Cupertino pensa che la donna riesca a mettere il team AR sulla strada giusta.

Il visore innovativo della mela morsicata non vedrà la luce prima del 2021. Ricordiamo che questo avrà un sistema operativo tutto suo, rOS. Non sono note al momento, le caratteristiche specifiche del particolare device. Ciò che è certo è che sarà differente dai prodotti della concorrenza. Restate in attesa per ulteriori aggiornamenti a riguardo.

Fortnite: finalmente è arrivata la Stagione X, scopriamola

Fortnite Stagione X

Finalmente l’attesa è finita, la Stagione X di Fortnite è iniziata. Questa porta in campo una miriade di novità. Epic Games questa volta si è davvero superata. L’aggiornamento 10.0 è stato ufficialmente rilasciato il primo agosto alle ore 10:00. Tuttavia ci sono volute alcune ore per far si che il battle royale diventasse operativo.

Come avevamo già anticipato nei precedenti articoli, la sfera luminosa di Sponde del Saccheggio è esplosa. Questa ha fatto sì che tornassero nella mpappa di gioco elementi delle Stagioni precedenti di Fortnite. La mappa è cambiata poco. Tuttavia l’azienda ha annunciato che questa subirà costanti cambiamenti nel corso della Stagione. E’ molto probabile che torneranno location vecchie.

 

Fortnite: nuovo sistema di sfide settimanali

Il Pass Battaglia della Stagione X è stato definito uno dei migliori in assoluto. Anche in questo caso, le Skin e i cosmetici in generale riprendono i dettagli di Skin passate. Il risultato è un vero e proprio capolavoro. Per questa Stagione, Epic Games ha deciso di cambiare il sistema delle sfide settimanali e giornaliere. Le prime saranno sostituite da un’insieme di sfide speciali, mentre le seconde saranno rimpiazzate da una serie di sfide a tempo limitato che l’azienda rilascerà periodicamente.

Come ad ogni inizio stagione, sono state messe in magazzino una grossa quantità di armi. La novità indiscussa, però, è un nuovo veicolo robot che sicuramente gli utenti apprezzeranno. Ricordiamo che a breve Epic Games rilascerà altri aggiornamenti di Fortnite. Le novità non cesseranno di arrivare. Restate in attesa per ulteriori aggiornamenti a riguardo.

Colesterolo luminoso: un nuovo modo di curare il cuore

Esistono due tipi di colesterolo, quello buono e quello cattivo. Quello cattivo è legato a diverse sindromi cardiache. Una tecnica recente potrebbe aver cambiato il modo di studiarlo. Si tratta di un metodo che permette di mostrare l’intasamento da parte dei complessi grassi-proteici nell’arteria, per ora di alcuni pesci vivi. Tale successo è stato ottenuto da uno studio condotto dai ricercatori della Johns Hopkins e della Mayo Clinic.

 

Colesterolo luminoso

Come sappiamo il colesterolo cattivo finisce per attaccarsi ai vasi sanguigni. Man che si accumula il cuore fa più fatica a pompare il sangue; gli accumuli si chiamano placche. Riuscire a trovare modi per abbassare il livello delle lipoproteine, ovvero il colesterolo detto più semplicemente, potrebbe aiutare a salvare numerose vite umane. Per via della grandezza di tali molecole però risulta difficile usare delle tradizionali tecniche di biologia molecolare e per questo tre ricercatori hanno sviluppato un nuovo metodo.

Il sistema da loro sviluppato si chiama LipoGlo ed è merito dello sfruttamento dell’ingegneria genomica. Grazie ad un enzima luminoso sono riusciti a mostrale la molecola ApoB e grazie alla luce prodotta sono riusciti a monitorare i movimenti di quest’ultima attraverso il piccolo organismo di un pesce zebra larvale.

Una dichiarazione di Steven Farber, uno dei tre ricercatori dietro a tale progetto: “Le statine hanno aiutato molte persone e salvato molte vite, ma la gente muore ancora di malattie cardiovascolari ogni anno, quindi è urgente la necessità di nuove strategie mediche per comprendere e prevenire l’accumulo di placca arteriosa. Il nostro sistema LipoGlo ci consente di studiare ApoB in un piccolo di pesce zebra larvale, permettendoci di provare migliaia di potenziali prodotti farmaceutici e di trovare l’ago in un pagliaio che potrebbe essere il prossimo trattamento per questa terribile malattia. Questo tipo di screening su animali interi è impossibile in nessun altro vertebrato“. Affinché tutto questo venga usato anche sull’uomo ci vuole altro tempo, ma la strada presa è quella giusta.

Superumani: il bambino indiano con oltre 500 denti

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Alcune mutazioni genetiche posso rendere un individuo particolarmente diverso dai propri simili. Alcune di queste possono portare dei vantaggi, non dei superpoteri ma comunque qualcosa che potrebbe tornargli utile della vita. Detto questo però la maggior parte di queste mutazioni non si notano neanche mentre altre sono dannose e un peso. Quest’ultima descrizione potrebbe calzare a pennello per l’anomalia che presentava un bambino indiano di 7 anni. Secondo il New Indian Express al bambino sono stati tolti dalla bocca oltre 500 denti.

 

P.Ravindran, il ragazzo con oltre 500 denti

Ravindran, questo il nome. l’11 luglio fu portato al Saveetha Dental College e all’Ospedale di Chennai dove è stato curato per quello che doveva essere un banale dolore alla mascella inferiore. In ospedale i dentisti ordinarono una radiografia e una TAC le quali poi rivelarono qualcosa di particolare nella bocca. Si trattava di 526 denti, una condizione note e con un nome ovvero odontoma composito complesso e composto.

Ecco la dichiarazione di P. Senthilnathan, professore di Chirurgia orale maxillofacciale: “Non abbiamo mai visto così tanti denti in nessun sito. La crescita simile a un tumore ha impedito la crescita permanente dei molari nel ragazzo nella parte interessata. La radiografia e la TAC hanno mostrato denti multipli e rudimentali in un tessuto simile a una borsa.

Ovviamente fu stabilito che era necessario portare avanti un intervento chirurgico che durò sei ore e mezza; un’ora e mezza era per l’anestesia e cinque ore per rimuovere tutti i denti in eccesso. Attualmente il bambino ha 21 denti, uno in più del normale in quanto probabilmente i dottori hanno preferito lasciare per via della posizione.

Himalaya: lo scioglimento dei ghiacci sta liberando molti inquinanti

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Fa caldo. La temperatura media della Terra sale anno dopo anno. Le ondate di calore sono sempre più frequenti e questo sta facendo sciogliere il ghiaccio un po’ ovunque sul pianeta. Non c’è da stupirsi, solo arrabbiarsi, nello scoprire che i ghiacciai dell’Himalaya, il sistema montuoso che racchiude le montagne più alte mondo, si stanno sciogliendo. Se questo è preoccupante, quello che lo è di più è il fatto che sta accadendo anche altro in quella regione.

Non sta venendo liberata solo dell’acqua, ma il ghiaccio che si scioglie sta riversando a valle decenni di inquinanti che si erano bloccati all’interno dei ghiacciai. A dirlo è una ricerca condotta dal Journal of Geophysical Research. Se la perdita di questa superficie ghiacciata e un problema che si farà sentire più nel medio periodo, il danno nel breve è un altro. Tali sostanze si stanno accumulando nei laghi incidendo sull’ecosistema.

 

L’inquinamento dell’Himalaya

La fauna ittica sta assorbendo tutte queste sostanze e il risultato che le popolazioni che si basano sulla pesca di queste specie potrebbe presto doverne fare a meno. La parte ancora più inquietante e che molto dell’inquinamento è ancora bloccato. I ghiacciai di tutto il mondo sono noti per intrappolare certe sostanze e le montagne di questa particolare regione del mondo ne sono piene zeppe. La causa è la vicinanza con i paesi dell’Asia meridionale che sono tra le regioni più inquinate al mondo.

La Terra è un sistema chiuso. Tutto ciò che viene rilasciato sulla Terra, rimane da qualche parte sulla Terra“, Kimberley Miner, geochimico e scienziato dell’Università del Maine.

L’evoluzione dei pesci indotta dalla pesca: sono più deboli

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Come sappiamo di recente abbiamo superato il giorno che sancisce l’uso annuale della produzione del nostro pianeta. L’uomo sta sostanzialmente sfruttando la Terra all’inverosimile. Foreste, montagne, campi, ma anche il mare. Lo sfruttamento di quest’ultimi è uno dei più emblematici e lo sottolinea un recente studio che ha preso come oggetto di studio la fauna ittica. Tale ricerca ha svelato come stiamo inducendo una rapida evoluzione che sta indebolendo diverse specie di pesci.

La raccolta intensiva sta facendo si che i pesci crescono più lentamente, ma allo stesso tempo maturano prima. Questo si traduce in una resa inferiore, meno resistenza e incapace di affrontare al meglio l’ambiente marino. Per arrivare a questo gli scienziati hanno dovuto analizzare il DNA delle popolazioni dove hanno scoperto alcune differenze.

 

I pesci e la pesca intensiva

Le parole di Overgaard Therkildsen, professore di genomica della conservazione alla Cornell University: “La maggior parte delle persone pensa all’evoluzione come a un processo molto lento che si svolge su scale temporali millenarie, ma l’evoluzione può, in effetti, avvenire molto rapidamente.”

I pesci a crescita più lenta saranno più piccoli e sfuggiranno meglio alle reti, con una maggiore possibilità di trasmettere i loro geni alle generazioni successive. In questo modo, la pesca può causare rapidi cambiamenti evolutivi nei tassi di crescita e in altri tratti. Vediamo molte indicazioni di questo effetto negli stock di pesci selvatici, ma nessuno ha saputo quali fossero i cambiamenti genetici sottostanti“. Non è la prima volta che uno studio sottolinea come l’uomo stia influenzando l’evoluzione degli altri animali portandoli ad un adattamento per niente favorevole.

Spazio: si è scoperto altro sulla super-terra più vicina a noi

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All’inizio di quest’anno il telescopio spaziale noto come Transiting Exoplanet Survey Satellite, o più noto come TESS, scrutando lo spazio aveva individuato un nuovo pianeta; apparentemente un nome non ce l’ha ancora quindi per adesso il suo identificativo è GJ 357 d. Questo pianeta è particolare, non solo si tratta di un esopianeta, ma è considerata una super-terra che si traduce col fatto che ha le caratteristiche simili a Gaia. Aspetto ancor più interessante è il fatto che si trova a soli, relativamente parlando, 31 anni luce da noi.

Di recente un team internazionale di astronomi guidato da Lisa Cornell ha appreso di più su questo pianeta. Rispetto al nostro è più massiccio e presenta un’atmosfera più densa il che permetterebbe il mantenimento di acqua liquida sulla superficie. L’astronoma si è sbilanciata addirittura da affermare che alcuni telescopi che presto verranno messi online potranno anche scoprire se è presente della vita.

 

Lo spazio e la super-terra

Alcune dichiarazioni della Cornell: “Questo è eccitante, poiché questa è la prima super-Terra vicina dell’umanità che potrebbe ospitare la vita – scoperta con l’aiuto di TESS, la nostra piccola, potente missione con una vasta portata. Lavorare su un pianeta appena scoperto è una sorta di sogno che diventa realtà. Sono stato tra il primo gruppo di persone a modellare i suoi spettri e pensare a questo mi travolge ancora.”

Come suggerisce la lettera “d” alla fine del nome, questo è il quarto pianeta scoperto in torno ad una stella. In questo caso GJ 357 d gira attorno alla propria stella nana ogni 55.7 giorni; presenta un quinto della distanza che c’è tra noi e il Sole. La speranza è trovare delle forme di vita.

Loch Ness: tutti alla ricerca del mostro organizzandosi su Facebook

Che cosa succede quando si unisce la curiosità per i misteri, specialmente se irrisolti da anni, e la rete social? Beh un assaggio lo abbiamo avuto con l’organizzazione su Facebook dell’evento per “l’attacco” all’Area 51, che in poco tempo ha raccolto milioni di partecipanti. La stessa cosa ora si sta verificando per il mostro di Loch Ness.

Ad organizzare l’evento diretto all’Area 51, fu la pagina “Shitposting”, un nome un programma, anche se la pagina è registrata su Facebook come organizzazione religiosa, ma sappiamo bene che si tratta di un colossale troll. Comunque lo stampo religioso della pagina è quello dedicato al soprannaturale ed ai misteri.

 

“Storm Loch Ness, Nessie can’t hide from us all”, l’evento alla ricerca di Nessie

E prendendo spunto da questo evento, il californiano Bryan Richards, ha organizzato questo nuovo evento che è stato subito gemellato con l’evento dell’Area51. Una volta creata la pagina dell’evento dal nome “Storm Loch Ness, Nessie can’t hide from us all” (ovvero Nessie non puoi nasconderti a noi), si sono raggiunte in 48 ore 48 mila persone interessate e 25 mila partecipanti all’evento. Certo non ci si aspetta davvero che 25.000 persone entrino in acqua per setacciare le gelide e profonde acque del lago scozzese, ma di sicuro l’evento ha riscosso un enorme successo.

 

Un rischio per l’ambiente e per i partecipanti

La caccia a Nessie è dunque prevista per il 21 Settembre 2019, ma ci sarà davvero qualcuno all’appuntamento sulle gelide rive del Loch Ness in autunno? Inoltre Gemma McDonald, portavoce della Royal National Lifeboat Institution, vista per la continua ricezione di adesioni dell’evento, ha espresso la sua preoccupazione affermando che “Non c’è bisogno di assaltare una località aperta 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno”.

Anche dal punto di vista della conservazione ambientale, gli esperti si sono allarmati per quelle che potrebbero essere le conseguenze del dragare in massa le acque del gelido lago, un rischio non solo per l’ambiente ma anche per la sicurezza delle persone.

Neve radioattiva in Antartide: la colpa è di un materiale spaziale

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La sotto nel circolo polare antartico, o la sopra a seconda di come si guarda la mappa, la neve sta facendo impazzire i contatori geiger (si fa per dire). Apparentemente è stato trovato del materiale radioattivo tra la neve dell’Antartide e la sua origine non è di certo terrestre. Secondo gli scienziati che hanno scoperto tutto questo, l’origine è interstellare. Si tratterebbe di una polvere caduta dal cielo di recente, forse non più di una ventina di anni.

Il materiale è un raro isotopo del ferro noto come ferro-60. Secondo le teorie, e questa scoperta sembra confermare tutto, viene prodotto dalle supernove ovvero forti esplosioni stellari; tale elemento dovrebbe anche trovarsi in remote formazioni geologiche sul nostro pianeta. Perché tale ritrovamento conferma l’ipotesi delle supernove? Perché il ritrovamento non è stato casuale, ma il materiale è stato ricercato appositamente dal gruppo di scienziati tedeschi.

 

Neve e ferro radioattivo in Antartide

Nel nostro sistema solare è presente una nuvola composta da questo elemento e per gli scienziati è stata creata da un’esplosione del genere. La Terra orbitando in torno al Sole avrebbe raccolto delle particelle per diverse migliaia di anni. Per trovarlo hanno deciso di raggiungere l’Antartide dove hanno raccolto mezza tonnellata di neve.

La neve è stata portata a Monaco dove è stata sciolta. In quel momento hanno trovato tale materiale spaziale. Questa scoperta permette agli scienziati delle prove proprio sull’origine di questa famosa nuvola interstellare. Il passo successivo sarà scavare più a fondo nel ghiaccio per cercare di scoprire quando questo polvere è iniziata ad arrivare così da capire quando il sistema solare si è incrociato con la nuvola.

Stelle Zombie: scoperti dei “cadaveri” erranti nell’Universo

Ci sono tre stelle zombie nello spazio che vagano continuando a bruciare nello spazio anche dopo l’esplosione dei loro nuclei, questo è ciò che hanno scoperto i ricercatori nello studio pubblicato dalla Royal Astronomical Society.

 

Le tre stelle zombie della Via Lattea

I rilevamenti di queste stelle sono stati effettuati grazie al telescopio GAIA dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Si tratta di tre stelle definite come zombie dai ricercatori, in quanto si tratta di stelle tecnicamente morte, a seguito dell’esplosione del nucleo, ma che continuano a bruciare nello spazio. Si tratta di nane bianche, meno dense e principalmente composte di ossigeno e neon. Secondo i rilevamenti, due delle tre stelle zombie si muovono a gran velocità nella Via Lattea, mentre la terza sfreccia in direzione opposta alle altre stelle della Nostra Galassia.

L’osservazione di queste stelle è molto importante per i ricercatori ai fini della comprensione di eventi come le supernova. Ci sono infatti due tipi di “morte stellare”: alcune stelle muoiono svanendo quando finiscono il loro carburante, lasciandosi andare in una serie di esplosioni di materiale stellare nella Via Lattea, ovvero una supernova; ad altre stelle invece, viene offerta una seconda chance per continuare a vivere.

 

Alla ricerca di zombie e supernove

In queste stelle appena osservate, definite di “tipo Lax”, le esplosioni sono più lente nel nascere ma più rapide a dissiparsi. Studiando le esplosioni di queste stelle individuate nella nostra galassia, i ricercatori possono ipotizzare quelle che potrebbero essere le conseguenze di una supernova, un evento molto raro da osservare, proprio come le stelle zombie, in quanto sono osservabili solo in lontane galassie.

I ricercatori sono ora concentrati su altre 20 stelle che potrebbero sembrare altre stelle zombie e potrebbero essere ottimi soggetti di studio.

Clima impazzito: gli Stati Uniti sono inermi di fronte alle tempeste

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Tra gli effetti del cambiamento climatico abbia il fatto che le tempeste stanno aumentando e stanno diventando più grosse. Ovviamente non stiamo parlando del temporale estivo italiano che sebbene faccia qualche danno, come per esempio alberi sradicati o capannoni scoperchiati, ma le tempeste tropicali che ogni anno colpiscono le coste oceaniche. Tra i punti più caldi c’è la costa sud-orientale degli Stati Uniti la quale negli anni ha dimostrato di non essere esattamente pronta al nuovo clima.

Ogni volta che arriva una nuova tempesta ci sono ingenti danni, ma sono tutti considerati non eccessivi; solo ogni tanto capitava veramente la catastrofe come per esempio quella che causò l’uragano Katrina. Purtroppo per USA la situazione continuerà a peggiorare e uno studio ha sostanzialmente evidenziato come la prima potenza mondiale non sarà in grado di far fronte a tutto questo, le sue infrastrutture non reggeranno il colpo e il contraccolpo.

 

Gli Stati Uniti e il clima impazzito

Le dichiarazioni di alcuni esperti ovvero Daniel Wright, idrologo dell’Università del Wisconsin-Madison, e Amir Aghakouchak, idrologo dell’Università della California: “Il messaggio da portare a casa è che le infrastrutture nella maggior parte del paese non funzionano più al livello previsto, a causa dei grandi cambiamenti che abbiamo visto in caso di piogge estreme. I progettisti delle città, delle società di consulenza e delle contee lo usano per scopi diversi, come la gestione della progettazione delle infrastrutture, la valutazione dei rischi delle infrastrutture e così via. Ha molte applicazioni di ingegneria.

Lo studio condotto da questi due autori evidenzia diversi aspetti e i dati fornito sono tanti, ma uno in particolare fa impressione. Gli eventi estremi, come le tempeste di pioggia, si verificano con una frequenza maggiore dell’87% rispetto al 1950. Stiamo parlando di quasi il doppio delle volte e questo vuole dire che aumenta del doppio anche la possibilità di venir colpito da un evento come Katrina.

Facebook: presto scriveremo con la mente direttamente su computer

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La Neuralink di Elon Musk non è l’unica società che desidera inviare i nostri pensieri direttamente dal cervello ad un computer. Da più di due anni fa, Facebook ha rivelato di stare lavorando ad un progetto per scrivere le parole su un computer direttamente dal cervello, senza la necessità di un intervento chirurgico invasivo per farlo funzionare.

La società ha collaborato con diverse università al progetto, tra cui l’Università della California, San Francisco (UCSF). Facebook ha aiutato a finanziare lo studio dei ricercatori dell’UCSF per studiare se gli elettrodi nel cervello potessero aiutarci a imparare a “decodificare” il discorso delle onde cerebrali in tempo reale.

Si scopre che ciò è possibile: uno studio ha dimostrato che i ricercatori potevano vedere all’istante, come testo sullo schermo di un computer, una parola o una frase che un partecipante ha detto osservando l’attività cerebrale, a condizione che fosse tra una serie limitata di risposte a domande prestabilite. Lo studio include tre pazienti con epilessia impiantata volontariamente con elettrodi.

Facebook sta anche finanziando un nuovo studio che l’UCSF sta attualmente conducendo e che tenterà di utilizzare l’attività cerebrale per aiutare a comunicare con una persona che non può parlare. Il social network spera che gli sforzi possano aiutare a rivelare quali segnali cerebrali siano fondamentali per quel dispositivo portatile non invasivo che sta pianificando da prossimi anni.

Crediamo che occorrano più di 10 anni“, ha detto Mark Chevillet, direttore della ricerca dei Reality Labs di Facebook che gestisce il suo gruppo di interfacce cervello-computer. “Questo è un programma di ricerca a lungo termine“.

 

Un’idea che richiede anni di sviluppo

Alla conferenza degli sviluppatori F8 di Facebook 2017, la società ha dipinto un’immagine fantastica di un dispositivo misterioso e non invasivo che catturerebbe i segnali dal cervello e, un giorno, potrebbe permettere di scrivere 100 parole al minuto.

Un tale dispositivo sarebbe lontano dalle interfacce cervello-computer su cui gli scienziati hanno lavorato per decenni. Tendono ancora ad essere bloccati nei laboratori perché sono costosi, devono essere impiantati sotto il cranio dell’utente e collegati ad un computer per eseguire anche le attività più semplici.

Da allora non si è molto sentito parlare della ricerca su Facebook. Sei mesi dopo averlo mostrato sul palco, Regina Dugan, leader della divisione hardware segreta di Facebook, Building 8, ha lasciato la compagnia (gli sforzi di ricerca di Building 8 sono stati aggiunti a Facebook Reality Labs, che include una gamma di applicazioni virtuali e ricerca sulla realtà aumentata). Più di recente, il CEO di Facebook Mark Zuckerberg lo ha menzionato durante una conferenza di Harvard a marzo, dicendo che è entusiasta di “rimodellare le nostre piattaforme di computer per renderle più fondamentali sulle persone e su come elaboriamo il mondo“.

Ora, tuttavia, alcuni degli sforzi di Facebook stanno venendo alla luce con notizie di progetti di ricerca in corso.

Heracleion: l’Atlantide egizia è stata la protagonista di una nuova scoperta

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Atlantide non è ancora stata scoperta, ma la versione egizia di questa misteriosa e leggendaria città si. Come da titolo si tratta di Heracleion, un antico porto commerciale che con i secoli è finito a 45 metri di profondità nel Mar Mediterraneo. La città in sé è stata ritrovata ben venti anni fa, ma di recente è stata fatta forse la scoperta più sensazionale da allora, una lunga serie di ritrovamenti. Sono stati trovati i resti di un grande tempio oltre che ad una serie di nave cariche di tesori antichi.

Gli archeologi meritevoli di aver fatto questa scoperta sono stati guidati da Franck Goddio il quale faceva già parte del primo gruppo di ricerca che in passato ha localizzato i resti della città. Il tempio non è ovviamente intero, ma sono state trovate delle colonne particolari di quello che era l’edificio principale di questo tipo ovvero Amun Garp.

 

Heracleion: l’Atlantide egizia e i suoi misteri

Oltre ai tempio sono anche state trovate diverse monete di bronzo del regno di Tolomeo II, gioielli, ceramiche e utensili, tutti trovati all’interno di alcuni relitti di navi. Il fatto di aver trovare questo tipo di monete, almeno da 283 a.C., aiuta a collocare temporalmente la vita della città.

https://www.franckgoddio.org/projects/sunken-civilizations/heracleion.html

Ecco una descrizione della scoperta che si può trovare sul sito web dell’archeologo capo: “Gli oggetti recuperati dagli scavi illustrano la bellezza e la gloria delle città, la magnificenza dei loro grandi templi e l’abbondanza di prove storiche. Statue colossali, iscrizioni ed elementi architettonici, gioielli e monete, oggetti rituali e ceramiche – una civiltà congelata nel tempo.”

Focena Vaquita: il piccolo cetaceo si avvicina all’estinzione

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Come detto diversi giorni fa, le specie a rischio d’estinzione sono molte meno di quelle che ci può sembrare. Detto questo, sentir parlare di un animale che versa in tale condizione è triste e a questo giro ci tocca parla della focena vaquita. Si tratta di uno dei cetacei più piccoli al mondo e probabilmente in ben pochi tra noi ne hanno sentito parlare. Un loro altro nome è focena del Golfo del Messico in quanto, per l’appunto, vivo soltanto in quelle acqua; vivono nella parte più interna di quelle acque e di fatto il loro habitat è molto piccolo.

 

Focena vaquita: l’estinzione sembra sempre più vicina

La scorsa settimana l’Università scozzese di St Andrews ha fatto sapere che questi animali potrebbero scomparire nel giro di un anno se le reti da pesca venissero continuate ad essere usate in quelle acque particolari. Al momento la popolazione di questa focena è di appena 10 quando nel 2016 erano invece 30. Questi numeri fanno ben capire che la situazione è tragica per la specie e che basta veramente poco per condannare la specie.

Purtroppo l’uso delle reti da imbrocco in quelle acque fa si che le focene finiscono per morire in modo accidentale, un danno collaterale che chi pesca di frodo non si preoccupa di compiere. Ad aggiungere tristezza a questo storia c’è il fatto che i pescatori mirano i totoabasa la quale è un’altra specie in via di estinzione, ma non è finita qui. La pesca di quest’ultimi non viene effettuata tanto per la carne, ma perché la vescica natatoria viene considerata afrodisiaca dai cinesi.