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Terremoto in California: le scioccanti immagini della NASA

La NASA è da settimane al lavoro per aiutare le autorità americane a valutare quali siano i danni dovuti al forte terremoto in California di inizio mese. Le analisi saranno anche di aiuto agli ingegneri per la costruzione futura di opere strutturali che possano essere in grado di resistere alle profonde rotture che si potrebbero verificare in seguito a terremoti di questo tipo.

 

Le analisi del laboratorio ARIA mostrano i danni del terremoto in California

Ad eseguire le analisi è il reparto ARIA (Advanced Rapid Imaging and Analysis) del Jet Propulsion Laboratory della NASA (JPL). Grazie alle loro osservazioni, hanno potuto creare una mappa delle zone danneggiate, mostrando quali siano state le conseguenze dei due devastanti terremoti. In questa immagine possiamo osservare delle zone la cui colorazione varia dal giallo al rosso, questo cambiamento indica un danno alla superficie ed un suo cambiamento dalla precedente conformazione.

Gli scienziati e gli ingegneri della NASA, sono a lavoro quindi per cercare di scoprire quali siano i devastanti effetti nella profondità della Terra, provocati dai due forti terremoti della scorsa settimana in California. L’epicentro del terremoto in California, si è verificato poco vicino alla città californiana di Ridgecrest, e da allora la NASA continua ad investigare sulla zona, alla ricerca di eventuali profonde rotture o altre anomalie nel terreno, tramite le analisi satellitari.

Il California Earthquake Clearinghouse, sta tutt’ora cooperando con la California Air National Guard, il servizio geologico degli Stati Uniti e l’Agenzia Federale di Gestione delle Emergenze, per affrontare le conseguenze del terremoto e monitora continuamente la situazione assieme al programma disastri della NASA per cercare di determinare un quadro chiaro della situazione e dei danni.

 

L’importanza delle analisi per la prevenzione

Attraverso le analisi satellitari della NASA si possono infatti ottenere delle chiare osservazioni delle deformazioni subite dal terreno e che potrebbero provocare eventuali frane e smontamenti. Tutti i dati vengono poi messi a disposizione delle agenzie federali per cercare di prevedere ulteriori conseguenze catastrofiche del terremoto in California, e rispondere ai danni subiti dalla terra e dalle popolazioni locali.

Le analisi sono state possibili grazie alla mappa creata dall’ARIA grazie alle immagini realizzate dai satelliti Copernicus Sentinel-1 dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Per ottenere le immagini sono stati utilizzati i radar ad apertura sintetica (SAR) dei satelliti ESA. Si tratta di una serie di immagini catturate prima e dopo la violenta sequenza di terremoti che ha colpito la zona rispettivamente il 4 ed il 10 Luglio scorso.

Da queste immagini si è ottenuta la mappa che mostra un area di 250×300 km, in cui ogni pixel corrisponde ad un’area di 30 m di diametro. Nelle zone coperte da vegetazione la mappa satellitare non può essere considerata attendibile, ma può fornire indicazioni utili alle autorità e agli ingegneri, in merito ai danni subiti a causa del terremoto in California.

Animali e cambiamenti climatici: l’adattamento avviene troppo lentamente

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La natura si adatta, l’uomo si adatta, gli animali si adattano, le piante si adattano. È un processo del tutto naturale il quale però richiede del tempo e per come le cose stanno evolvendo, per alcuni di questi soggetti il tempo non è sufficiente. La salute di tutti gli ecosistemi stanno cambiando in peggio e gli animali non sembrano in grado di rispondere con mutazioni funzionali. Questa è sostanzialmente l’esito di uno studio portato avanti da un gruppo guidato da Viktoriia Radchuk e composto da ben 64 ricercatori internazionali i quali hanno valutato oltre 10.000 studi scientifici.

 

L’adattamento degli animali ai cambiamenti climatici

Nella fauna selvatica la risposta che si presenta con più frequenza, e di solito in anticipo rispetto alle altre, è un’alterazione dei tempi degli eventi biologici come il letargo, la riproduzione, ma anche la migrazione. Altri cambiamenti come quelli morfologici sono invece casuali visto che non è stato trovato un modello sistematico, o almeno è quello che è saltato fuori da tale studio.

Ecco una dichiarazione degli autori, Viktoriia Radchuk, Steven Beissinger e Alexandre Courtiol: “La nostra ricerca si è concentrata sugli uccelli perché i dati completi su altri gruppi erano scarsi. Dimostriamo che nelle regioni temperate, le temperature in aumento sono associate allo spostamento dei tempi degli eventi biologici a date precedenti. Ciò suggerisce che le specie potrebbero rimanere nel loro habitat di riscaldamento fintanto che cambiano abbastanza velocemente da far fronte ai cambiamenti climatici. È improbabile che ciò avvenga, perché anche le popolazioni che subiscono un cambiamento adattativo lo fanno a un ritmo che non garantisce la loro persistenza.

Elefanti delle foreste: degli aiutanti inaspettati nella lotta ai cambiamenti climatici

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La natura da sola è in grado di far fronte ai cambiamenti climatici, ma noi stiamo esacerbando quest’ultimi ferendo la prima. Un esempio possono essere gli elefanti delle foreste, una specie più piccola rispetto ai pachidermi che tutti noi abbiamo in mente. Questi animali nativi delle foreste africane si stanno estinguendo pian piano a causa dell’uomo e questo porterà ad un’inevitabile peggioramento del clima. Perché? Perché secondo uno studio pubblicato recentemente su Nature Geoscience questi elefanti aiutano l’immagazzinamento del carbonio nelle foreste.

 

Gli elefanti delle foreste e i cambiamenti climatici

Potrebbe sembrare un controsenso per chi conosce questo genere di animali. Anche se sono relativamente piccoli rispetto ai cugini più conosciuti un normale esemplare femmina può mangiare fino 200 Kg di materiale vegetale al giorno. Un gruppo di elefanti quindi è in grado di spazzare via intere zone boschive quindi come dovrebbero favorire l’intrappolamento del carbonio?

Questa specie vive nelle foreste pluviali tropicali le quali presentano vegetazione ricca di difese chimiche. Ovviamente quest’ultime non sono sul menù di tali animali i quali preferiscono cercare il loro nutrimento all’esterno delle foreste. In tali zone possono trovare piante note come di prima successione le quali hanno una caratteristica ben precisa. Per velocizzare la crescita non producono tossine e questo li fa diventare un cibo pregiato per gli erbivori.

La domanda non ha ancora risposta. Il passaggio di un branco di elefanti delle foreste fa incetta di queste piante, ma ne lascia altre, quelle più robuste. Si tratta di una selezione naturale delle piante più robuste e grosse che una volta cresciute finiscono per immagazzinare più ossigeno. La distruzione delle piante più piccole fa si che ci sia più spazio per la crescita delle altre.

Miniere nelle profondità marine: individuate le prime specie a rischio

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La materia sul nostro pianeta è limitata. Se escludiamo accidentali schianti di meteoriti, una volta finito quello che abbiamo qua dovremmo cercare altro. Molti elementi preziosi vengono si trovano nelle profondità della terra e per arrivarci nel corso dei secoli sono nate migliaia e migliaia di miniere. Purtroppo molto di queste hanno esaurito le loro riserve e sempre più spesso bisogna cercare in luoghi ancora più remoti per trovare qualcosa. Sempre più paesi e società private stanno guardando proprio le profondità marine, il che non fa strano visto che lo si fa già per il petrolio.

In realtà attualmente nessuna miniera in tali luoghi è già iniziata, ma qualcuno ha già fatto qualche tentativo per vederne la fattibilità. Le zone più ricche sono quelle a ridosso dei vulcani sottomarini i quali potrebbe essere dei tesori in fatto di oro, zinco, cobalto e litio. Al momento la tecnologia non è abbastanza sviluppata per iniziare un’attività di estrazione, ma non mancherà molto prima che lo sarà. In attesa di questo, un’associazione nota come IUCN ha già una lista in cui compare il primo nome di una specie che potrebbe subire le conseguenze delle future attività.

 

Miniere nelle profondità marine e la prima specie a rischio

Si tratta del Chrysomallon squamiferum o anche detto pangolino di mare; in realtà sempre più una lumaca infatti è anche detta lumaca dai piedi squamosi per via della parte del corpo ricoperta da scaglie. Questa specie particolare è stata analizzata ad una profondità di 2.400 metri in una zona chiamata Kairei vent field; la terraferma più vicina è a 900 Km. Questa è solo una delle specie analizzate finora, ma questi sfoghi idrotermali presentano tantissime specie rare con una densità pari a quelle delle foreste pluviali tropicali.

Apple iPhone 11: anche la fotocamera frontale sarà migliorata

Apple iPhone Cina

L’azienda della mela morsicata, Apple, è alle prese con i preparativi per il lancio dei suoi tre nuovi melafonini. I tre nuovi dispositivi, infatti, verranno presentati ufficialmente il prossimo settembre. Il lancio, invece, dovrebbe ricadere poche settimane dopo. Parliamo dell’evento Apple più importante dell’anno. Nelle scorse ore sono emerse novità in merito alle possibili caratteristiche dei tre device. Di cosa si tratterà?

Manca oramai davvero poco tempo al debutto dei nuovi smartphone di Cupertino e giorno dopo giorno emergono sempre più notizie in merito alle loro caratteristiche. Nelle scorse ore, una fonte affidabile sembra aver confermato alcuni dettagli importanti dei tre nuovi device. Tra le novità confermate, un miglioramento della fotocamera frontale. Scopriamo i dettagli.

 

Apple: fotocamera migliorata, porta lightning e Taptic Engine

Nel corso dei mesi siamo venuti a conoscenza di numerose caratteristiche dei nuovi melafonini. Nonostante tutto, però, ci sono ancora alcune cose che rimangono ignote. Nelle scorse ore sono state confermate diverse novità, prima tra tutte un sostanziale miglioramento della fotocamera frontale su tutti e tre i device. Pare, infatti, che da ora in poi questa sarà in grado di girare video in slow motion a 120 fps.

Una novità che deluderà molti sarà l’introduzione del Taptic Engine al posto del 3D Touch. Pare che Apple abbia voluto mandare in pensione l’iconica funzione per uniformare tutti i device. E’ stata confermata, inoltre, la presenza del classico connettore lightning. Per la porta USB-C bisognerà aspettare ancora un po’. Restate in attesa per ulteriori aggiornamenti a riguardo.

 

Fortnite: ecco il nuovo fucile di precisione Scout tempesta

Fortnite nuovo fucile precisione

L’azienda del fenomeno videoludico degli ultimi tempi, Epic Games, ha da poco rilasciato un nuovo aggiornamento contenuto di Fortnite. Parliamo dell’ultimo update prima del debutto della tanto attesa stagione 10. Quello di cui parliamo oggi è l’aggiornamento contenuto 9.40. Questo ha portato nel battle royale una nuova particolare arma. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

Ebbene sì, Epic Games non smette mai di sorprendere con il suo noto battle royale. Nonostante questo abbia avuto degli alti e dei bassi negli ultimi tempi, l’azienda sta facendo di tutto e di più per rendere il suo videogioco memorabile. In attesa dell’uscita della Stagione 10, Epic Games ha deciso di rilasciare una nuova arma all’interno del gioco, il fucile di precisione Scout tempesta. Andiamo a scoprire le sue caratteristiche.

 

Fortnite: scopriamo le caratteristiche del nuovo fucile di precisione

Un fucile di precisione era proprio quello che mancava all’interno del battle royale di Epic Games. Era, infatti, molto tempo che non ne veniva introdotto uno nuovo all’interno del gioco. Il fucile di precisione Scout tempesta risulta essere davvero molto particolare. Il mirino di questo fucile di precisione ha una mappa meteorologica che mostra i prossimi cerchi della tempesta prima che compaiano sulla minimappa. Si trova in due rarità, Epica e Leggendaria. Il danno al corpo è rispettivamente di 81 e 85 punti vita. I colpi alla testa, invece, affliggono rispettivamente 202 e 212 punti danno.

L’arma si può reperire nel bottino a terra, nei forzieri, nei distributori automatici, nelle consegne di rifornimenti e nei lama. Al momento non sono noti i dettagli in merito al feedback dei giocatori. Restate in attesa per ulteriori aggiornamenti a riguardo.

Apple: iPhone 11R sarà l’iPhone più venduto di quest’anno?

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L’azienda della mela morsicata, Apple, ha deciso finalmente di cambiare la sua politica sugli smartphone. Lo scorso anno, infatti, Cupertino ha introdotto tre device ben diversificati. Da una parte, i top di gamma iPhone XS e iPhone XS Max. Dall’altra, il più economico iPhone XR. Quest’ultimo è stata una sorpresa per tutti. Lo smartphone, infatti è stato accolto molto bene dalla clientela. Accadrà lo stesso con il suo successore?

Manca davvero poco alla presentazione dei nuovi smartphone della mela morsicata. Anche quest’anno l’azienda deciderà di optare per il lancio di tre diversi device. Avremo nuovamente due iPhone top di gamma, iPhone 11 e iPhone 11 Max, e un iPhone low cost, iPhone 11R. E’ su quest’ultimo che sembrano puntare gli analisti.

 

Apple: il nuovo iPhone 11R è un successo annunciato?

Nelle scorse ore, Consumer Intelligence Research Partners ha pubblicato i dati in merito alle vendite di iPhone all’interno degli Stati Uniti nel secondo trimestre 2019. I risultati della ricerca risultano essere davvero interessanti. E’ emerso, infatti, che il 67% degli iPhone venduti in quel periodo è da dividere tra iPhone XS, XS Max e XR. Di questo 67%, iPhone XR ne possiede il 48%. Un dato così significativo per un unico device non si registrava dai tempi di iPhone 6.

L’azienda ha spiegato come il prodotto low cost di Apple sarà un successo anche quest’anno. iPhone 11R, infatti, sarà in grado di incontrare le esigenze di molti grazie alle sue caratteristiche premium e al costo decisamente più contenuto rispetto ai top di gamma. Lo smartphone di Cupertino sarà presentato il prossimo settembre. Restate in attesa per ulteriori aggiornamenti a riguardo.

 

Assemblare il tuo pc: guida per principianti

Per avere una macchina super performante per il gaming, per divertimento o semplicemente perché siamo fanatici del tailor made. Sono tante le ragioni per cui, magari dopo anni di pc tradizionali, decidiamo di assemblare da soli il nostro computer. E non è nemmeno una cattiva idea: ciascun utente conosce esattamente l’uso che ne fa e gli ambienti in cui lavora. Quindi, le caratteristiche che dovrà avere il pc.

Alcuni hanno bisogno di un processore superveloce e multitasking, altri hanno particolari esigenze di memoria. Altri ancora di più di una ventola. Tutte esigenze specifiche che solo un pc assemblato può soddisfare. Inoltre, sebbene possa sembrarlo, montarsi il pc da soli non è poi così difficile. E per aiutare te, che sei alle prime armi, abbiamo pensato a una guida a prova di principiante.

 

Di cosa hai bisogno: pianifica le spese

Assemblarsi il pc da soli, in verità, più che difficile può rivelarsi molto costoso, questo in particolare se ti lasci trasportare e acquisti la versione più esosa di tutte le componenti. Ma, ne hai davvero bisogno? Usualmente sono solo due o tre le parti che sfruttiamo in modo massivo, e delle quali abbiamo bisogno quindi del massimo della qualità. Ad esempio, la scheda video se usi il pc per la grafica, o una buona pasta raffreddante se lo usi per il gaming.

Sicuramente, non è pensabile risparmiare quando si investe in una scheda madre performante. Trattandosi della scheda elettronica che collega l’alimentazione a tutte le altre parti del pc, la scheda madre deve necessariamente essere della migliore qualità per garantire il funzionamento ottimale del computer, montare slot PCI di ultima generazione e avere un certo numero di jack se la si vuole usare anche per l’audio. Si tratta quindi di una delle poche componenti al cui acquisto dovrai destinare una parte consistente del budget.

 

Di cosa hai bisogno: gli attrezzi da tenere a portata di mano

Cacciavite, pinza e forbicine sono indispensabili. Fascette da elettricista per tenere in ordine i cavi, e per sicurezza un cavetto antistatico: l’energia statica danneggia le componenti elettroniche. Guanti in lattice, salvo che non compromettano eccessivamente la sensibilità delle dita. Una lavagnetta magnetica o una ciotola per i pezzi più piccoli e infine, cosa più importante di tutte: un tavolo ampio e pulito meticolosamente.

 

Primo step: case e ventole

Apri il computer e smontalo se parti da un vecchio modello. Oppure metti in salvo tutti i pannelli del case che non utilizzerai nell’immediato, come quello frontale. Ogni componente, fattore molto importante, dev’essere al riparo dalla polvere.

Per prima cosa, monta le ventole e la pasta raffreddante. Per essere sicuro di fare questo lavoro al meglio, guarda dove si trovano i vari alloggiamenti delle componenti, e fissa le ventole in un punto in cui il getto possa direzionarsi verso di loro. Se usi il pc per il gaming ti servirà una ventola nella parte frontale e una nella parte posteriore, in corrispondenza con il filtro antipolvere.

 

 

Secondo step: le componenti essenziali

È il momento delle componenti più importanti, a cominciare ovviamente dalla scheda madre. Non dovrai inserirla subito nel case, ma assemblarla con la CPU e la memoria RAM. Qui è possibile scoprire come funziona la memoria RAM.

La scheda madre ha due alloggiamenti appositi per queste componenti, che vanno prima appoggiate per controllare la corrispondenza, e poi fissate facendo una leggera pressione.

Infine, va montata la ventola sulla CPU o, se questa non è prevista, è necessario applicare una quantità di pasta raffreddante corrispondente a un chicco di riso. Quanto alla ventola per la CPU, gli esperti segnalano all’unanimità l’opportunità di acquistarne una a parte anziché utilizzare quella in dotazione. La differenza di prezzo è minima, mentre quella di potenza è molto significativa. Una volta fissata la ventola, collegare il cavetto di alimentazione: si riconosce dalla dicitura “CPU FAN”.

 

Prendiamo il case

È arrivato finalmente il momento di lavorare sul case. Inseriamo l’alimentatore in basso, in corrispondenza del filtro antipolvere e della relativa ventola. Poi montiamo la mascherina imput/output tenendo le porte usb verso l’alto e i jack verso il basso.

Infine, la scheda madre con CPU e RAM già assemblate. Sul case e sulla scheda madre ci sono dei piccoli fori, chiamati distanziali, che devono corrispondere tra loro. Una volta trovata la corrispondenza, affianchiamoli, inseriamo le viti e stringiamo. Infine, colleghiamo tutti i cavi: alimentazione, usb e jack.

 

Hard disk e schede audio e video

Una volta fissata la scheda madre, si passa all’installazione dell’hard disk, della scheda video, e dell’eventuale scheda audio aggiuntiva. È un’operazione semplice, perché basta estrarre dal case i relativi slot (di solito accanto alla scheda madre), fare una leggera pressione e avvitare.

Oltre a quello per la scheda audio, saranno presenti slot anche per altre componenti aggiuntive, e ci sarà uno spazio apposito per il masterizzatore. Tutte queste componenti si installano seguendo il procedimento già descritto.

 

Le operazioni finali

Una volta montate le componenti essenziali e quelle aggiuntive, il tuo lavoro è praticamente concluso. Non ti resta che ordinare i cavi all’interno del case (evitando grovigli e percorsi non necessari), installare il sistema operativo e accendere il pc. Attenzione: non è ancora il momento di chiudere il case. Controlla prima che tutte le componenti siano effettivamente operative, ed eventualmente smonta e rimonta finché non sei soddisfatto del risultato. A questo punto, goditi il tuo nuovo computer!

UFO avvistato durante una diretta dalla ISS: il web si scatena

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La Stazione Spaziale Internazionale è un enorme laboratorio spaziale dal costo di 150 miliardi di dollari in orbita attorno alla Terra dal 2000. Fin dal suo lancio, gli astronauti della NASA a bordo della ISS hanno compiuto innumerevoli scoperte scientifiche, dalle scoperte mediche ai materiali migliori per le future missioni spaziali. Tuttavia, un importante cacciatore di UFO crede che la Stazione Spaziale Internazionale abbia ora fatto la sua più grande scoperta, filmando un UFO da vicino. L’utente di YouTube Streetcap1 ha caricato un video di ciò che descrive come un avvistamento UFO.

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Il filmato è stato registrato dalla NASA, dalla propria telecamera live ISS che trasmette su YouStream. Diversi punti del presunto UFO sono chiaramente visibili al di fuori della Stazione Spaziale Internazionale. Il teorico della cospirazione è andato su YouTube per commentare il filmato bizzarro e ha detto: “Come puoi vedere, c’è un enorme oggetto in agguato sullo sfondo. L’oggetto è completamente illuminato dal Sole ed è molto difficile non notare la sua forma bizzarra“.

 

La NASA avrebbe eliminato di proposito il video dell’avvistamento UFO

Il commentatore procede quindi a ipotizzare polemicamente che la NASA abbia deliberatamente tagliato l’oggetto non identificato. Ha detto: “Dopo alcuni istanti in cui l’oggetto è completamente allo scoperto, tutti possono vederlo, e indovinate cosa succede dopo? Gli spettatori sono stati poi colpiti dal famigerato “schermo blu della NASA”, che compare ogni volta viene inquadrato qualcosa di controverso“. La NASA infatti elimina i filmati della ISS dopo alcuni mesi e questo avvistamento UFO ha avuto luogo anni fa, il che significa che il video non può essere verificato.

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Scott Waring, esperto di UFO che si è auto proclamato, si è rivolto al suo blog etdatabase.com per discutere con la sua community sulla provenienza del repertorio UFO. Ha scritto: “Il filmato mostra uno straordinario UFO, con una forma diversa da qualsiasi cosa io abbia mai visto prima. L’oggetto è stato registrato dalla camera NAS della stazione spaziale dal vivo e ha un aspetto molto strano. Mi è a questo punto chiaro che gli UFO visitano spesso la stazione spaziale per tenere d’occhio il progresso delle scienze umane“.

Un tramonto “diviso a metà”: a cosa è dovuto il fenomeno verificatosi negli Stati Uniti

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Recentemente, un insolito effetto ottico ha reso il tramonto simile a un’immagine su uno schermo diviso, mostrando due cieli molto diversi uno accanto all’altro. Sul lato destro della foto, c’è un orizzonte saturo di sfumature di rosso e giallo. Ma sul lato sinistro, il cielo è più scuro. La fotografia è stata catturata a Charlotte, nella Carolina del Nord, il 13 luglio alle 21 di sera.

Anche se non sembra naturale, il cosiddetto “Tramonto diviso” non è stato creato con filtri o Photoshop. Al contrario, è stato causato dall’ombra di una grande nube sotto l’orizzonte che ha impedito alla luce del sole di raggiungere le nuvole più vicine agli spettatori a terra. “Non avevo mai visto niente del genere. E non potevo crederci quando l’ho visto quella notte!“, ha dichiarato Uma Gopalakrishnan, l’autore della fotografia.

 

Un fenomeno inatteso

Gopalakrishnan non è nuovo di foto del tramonto. Sue sono le più belle fotografie di un altro fenomeno cosmico: Manhattanhenge. A volte chiamato Solstizio di Manhattan, è il nome dato a un evento che si verifica al tramonto quando il Sole è allineato con le strade disposte sulla normale griglia di Manhattan a New York. Il fenomeno si verifica due volte l’anno.

Questa volta, il fortunato fotografo si trovava sul divano. Gopalakrishnan, infatti, assisteva a quello che sembrava essere un normale tramonto. Ma quando si è appoggiato allo schienale, ha notato che solo metà del cielo era illuminato. “In quel momento mi sono alzato, sono andato al mio balcone e ho catturato le foto e i video. Sono rimasto totalmente colpito“, ha detto.

Tramonti e albe producono colori spettacolari perché, con il sole all’orizzonte, la luce deve viaggiare più lontano nell’atmosfera terrestre, secondo la National Oceanographic and Atmospheric Administration. A causa di questo lungo viaggio, una maggiore quantità di luce blu è diffusa sullo spettro elettromagnetico, quindi la luce che raggiunge i nostri occhi sembra rossastra.

E se la luce del sole al tramonto deve viaggiare attraverso le particelle nell’aria, come la cenere vulcanica o l’inquinamento, la luce blu si diffonde ulteriormente, rendendo i toni rossi più vividi.

Quando una grande nuvola si trova tra il sole e le nuvole più vicine al suolo, la grande nube proietta un’ombra. Questo blocca la luce solare diretta e impedisce di raggiungere le altre nuvole, creando quella che sembra essere una barriera verticale che divide due cieli diversi.

Lo scrittore scientifico Joe Hanson ha pubblicato su Twitter una spiegazione visiva del fenomeno. Il diagramma traccia strati di nuvole, mostrando come una grande nuvola può parzialmente bloccare il sole e proiettare un’ombra sulle nuvole più vicine agli spettatori.

L’India punta alla Luna: partita un’ambiziosa missione spaziale

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Quando si parla delle missioni spaziali si pensa soprattutto a quelle della NASA, l’agenzia spaziale statunitense. Lo si fa per ovvie ragioni, ma in ogni caso anche l’ESA negli ultimamente ha fatto capire agli appassionati, e anche al grande pubblico, di esserci. Oltre a questi due pesanti nomi ci sono anche i programmi spaziali russi, cinesi e giapponesi. Un membro un po’ più defilato di questo gruppo è invece l’India la quale però nella giornata di ieri ha ricordato di essere presente.

Dal paese asiatico è partita la missione Chandrayaan-2 la quale punta a raggiungere la Luna; si tratta della missione spaziale più ambiziosa di quella nazione. Il lancio condotto dall’Indian Space Research Organization, o ISRO, è stato un successo nonostante un intoppo iniziale. Lo scopo ultimo sarà quello di portare sano e salvo un lander, ma non solo, sul nostro caro satellite il quale raccoglierà informazioni topografiche e per cercare dell’acqua.

 

L’India e lo spazio: raggiungere la Luna

L’intoppo iniziale è avvenuto una settimana fa e come si capisce ha ritardato il tutto. Gli esperti sottolineano però come l’efficienza degli ingegneri indiani abbia permesso un secondo tentativo in un così poco lasso di tempo; notevole è anche per via del budget a disposizione che è circa il 5% di quello della NASA.

L’insieme della tecnologia spedita nello spazio un orbiter, un lander e un rover, è costato relativamente poco, ovvero 141 milioni di dollari. Questo però è solo l’inizio, l’ISRO ha già fatto capire di essere intenzionata a portare un equipaggio umano sulla Luna già entro il 2022 ovvero prima degli Stati Uniti.

Giza: svelato finalmente il segreto della Grande Piramide

Unico ritrovamento in Egitto potrebbe rivelare il segreto della Grande Piramide di Giza, si tratta di una serie di travi di legno accuratamente smantellate, trovate in un pozzo vicino alla base della piramide. La scoperta è stata effettuata da un gruppo di archeologi e scienziati egiziani, nel lontano 1954.

 

La scoperta delle travi nel pozzo

In un pozzo vicino alla base della piramide, un gruppo di scienziati egiziani ha scoperto una serie di travi di legno accuratamente smantellate. All’epoca, la scoperta fece poco per illuminare i segreti della piramide.

Tuttavia, i moderni progressi tecnologici hanno permesso agli scienziati di stabilire che i fasci di legno erano i resti di una nave smantellata. Il documentario ha aggiunto: Oggi, ai piedi della piramide, una scoperta unica sta illuminando questa teoria“. I pezzi di legno sono in realtà una nave disassemblata – una nave cerimoniale che Khufu avrebbe comandato nell’aldilà.

Ma una cosa che ha sempre lasciato perplessi laici e scienziati è come un’antica civiltà risalente al 2.500 a.C. sia stata in grado di trasportare sei milioni di tonnellate di blocchi di pietra sul sito e assemblarli per produrre una struttura grandiosa.

 

La Grande Piramide di Giza: svelato il mistero sulla costruzione

La Grande piramide conosciuta anche come la Piramide di Khufu è la più antica e la più grande delle tre piramidi del complesso di Giza in Egitto. Era una volta la più antica delle sette meraviglie del mondo antico – ed è ora l’unica rimasta. Il segreto di come sia stata costruita ha lasciato perplessi gli archeologi e gli scienziati.

Tuttavia, potremmo finalmente essere sul punto di risolvere questo mistero. Durante il documentario “Great Pyramid of Egypt: The New Evidence” di Channel 4, è stato infatti rivelato come gli archeologi stiano iniziando a conoscere meglio quest’antica civiltà.

Il documentario spiega: “Ottenere 170.000 tonnellate di calcare di alta qualità per rivestire la piramide era la più grande sfida di Khufu“. Secondo lo stesso documentario, potevano essere estratte solo da cave lontane in un luogo chiamato Torah. “Nessuno ha mai saputo con certezza quanta pietra sia stata portata a Giza per completare la costruzione in poco più di un quarto di secolo“.

La serie fece riferimento a un ritrovamento da parte di un gruppo di archeologi nel 1954. Ma ora nuove prove rivelano che Khufu avrebbe potuto raggiungere questo obiettivo solo con una flotta di barche appositamente costruite e con marinai altamente addestrati.

 

Una visione unica sulla vita nell’antico Egitto

Il ritrovamento offre ai ricercatori una visione unica delle navi che erano in uso in quel periodo di tempo. Eissa Zidan, che ha supervisionato il progetto, crede che questa barca privata possa appartenere al grande Faraone stesso. “Secondo la nostra analisi, questo è un prodotto del 2.600 a.C.“, ha detto. “Questo è lo stesso periodo delle piramidi di Khufu, quindi sappiamo che è la barca del re Khufu“, ha detto Zidan, aggiungendo che attualmente si tratta del progetto archeologico più imponente non solo in Egitto ma nel mondo.

In altri recenti ritrovamenti, gli archeologi hanno scoperto statue e sarcofagi eccezionalmente ben conservati fatti di calcare di alta qualità in un cimitero appena scoperto vicino alle piramidi di Giza. Secondo gli studiosi, una delle più antiche tombe risale al 2.500 a.C.

Secondo le iscrizioni, l’antica tomba contiene i resti mummificati di due uomini – un sacerdote e un funzionario – che presumibilmente vivevano al tempo dei costruttori delle prime piramidi. La maggior parte degli storici ritiene che la Grande Piramide di Giza sia stata costruita in un periodo di oltre 20 anni per il faraone Khufu, che fu sepolto in una tomba al suo interno. 

Nostradamus: le previsioni per il 2019 si stanno realizzando?

Il veggente Michel de Nostredame, meglio noto come Nostradamus, rimane molto citato e consultato anche oggi, a ben 400 anni dalla sua morte. Nostradamus acquistò la sua fama dopo aver scritto nel 1555, il libro “Les Propheties”, una raccolta di 1.000 quartine (versi in rima a quattro righe) che profetizzerebbero il futuro.

 

Le interpretazioni delle profezie di Nostradamus: avvertimenti per la storia

Fino ad oggi le interpretazioni delle quartine di Nostradamus è stata associata alla predizione di molti eventi storici, anche dell’era moderna, come l’attacco terroristico alle torri gemelle del 2001, la bomba nucleare di Hiroshima, l’incidente dello Space Shuttle Challenger nel 1986. Assieme a questi anche moti altri eventi della storia, come le due guerre mondiali e la rivoluzione francese. Secondo alcuni infatti, Nostradamus avrebbe previsto la nostra storia dalla sua morte in poi.

Molte delle sue profezie si sono svelate al compimento degli eventi a cui sembravano essere attribuite, e molte altre sembrano essere perfettamente calzanti al momento storico attuale.

 

Inondazioni, cambiamenti climatici, uragani e terremoti: sembra proprio quello che sta accadendo

In alcune di esse si parla infatti di affrontare inondazioni di straordinaria magnitudo. Tra gli altri, i paesi che subiranno il maggior danno vi saranno Ungheria, Italia, Repubblica Ceca, ma anche Gran Bretagna. I cambiamenti climatici continueranno a influenzare il pianeta e i leader politici raggiungeranno un accordo sulla riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici.

Nel frattempo uragani spazzeranno diverse regioni degli Stati Uniti e questo modellerà il fosco paesaggio descritto da Nostradamus. Gli americani che vivono in Florida, Texas e New Orleans devono essere preparati ad affrontare il cattivo tempo. Inoltre, il riscaldamento globale causerà molti conflitti armati. Attraverso un movimento strategico, la Cina diventerà il nuovo leader mondiale (il nesso, però, è pressoché ignoto).

Inoltre spaventa la predizione, sopratutto dopo i due forti terremoti di inizio luglio, si un grande terremoto negli Stati Uniti che dovranno prepararsi per il «Grande terremoto». Ciò potrebbe verificarsi su una lunghezza di oltre 800 chilometri, l’area di subduzione copre l’intera distanza tra California, e Vancouver Island, in Canada. L’evento, di 8 gradi o 9, potrebbe essere l’incidente più distruttivo della storia.

 

Nostradamus predisse anche i problemi di immigrazione e l’arrivo di un’altra guerra

Ed In tutto il mondo, sia nei Paesi europei che negli Stati Uniti, ci sarà una serie di eventi legati non solo al dilemma della gestione dell’immigrazione, ma anche all’aumento del numero di attacchi terroristici. L’ascesa dell’estremismo religioso in Medio Oriente e in diversi Paesi e regioni del mondo porterà a disordini e guerre, costringendo molte persone a lasciare il loro Paese e cercare di trovare rifugio in Europa.

Secondo le previsioni di Nostradamus, la Terza Guerra Mondiale coinvolgerà due superpoteri. Si ritiene che la guerra inizierà dopo la morte dell’ultimo Papa (colui che seguirà dopo Papa Benedetto XVI, quindi dovrebbe essere quello attuale), che verrà ucciso dall’anticristo.

Inoltre, un’eclissi solare totale il 23 luglio 2019 segnerà l’inizio del disastro che inghiottirà la Chiesa cattolica, ma anche tutte le altre chiese cristiane, e che per fortuna fino ad ora non si è verificata, anche se c’è tempo fino a stasera! Ma potrebbe comunque riferirsi all’eclissi solare del Sud America, magari l’errore di previsione sulla data ci può stare dato che è stata fatta oltre 400 anni fa!

 

Il segnale della fine è il progresso

Secondo le previsioni di Nostradamus, la medicina avanzerà molto. Le nuove scoperte aiuteranno a prolungare la vita delle persone. Coloro che leggono le profezie di Nostradamus affermano di aver predetto che le persone vivranno fino a 200 anni.

“DOPO CHE APPARIRÀ UN NUOVO MOTORE, IL MONDO SARÀ COME NEI GIORNI PRECEDENTI A BABEL”

Molti credono che il motore a cui si riferisce sia Internet e che la tecnologia creerà un nuovo linguaggio globale. Altri dicono che riguarda i social network che continuano a svilupparsi ogni giorno. Molte persone nel mondo credono nelle profezie di Nostradamus e sostengono che fosse uno dei più grandi e più accurati profeti della storia, eppure molti altri considerano queste predizioni come una coincidenza o solo il risultato di interpretazioni errate o mistificazioni.

Sebbene le previsioni di Nostradamus siano tutte ricoperte da una coltre di mistero, molti studiosi hanno dichiarato che le sue parole non fossero altro che supposizioni, alcune fortunate e altre no. Ma in questo periodo sembrerebbero essere delle vere predizioni. Sarà quindi vicina la Fine del Mondo? Sono gli ultimi tempi? Ce lo può dire solo il nostro buon senso.

Mozziconi di sigaretta: un problema per la natura e per le piante

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La spazzatura lasciata in giro è sempre qualcosa di sbagliato, un danno per la natura. A seconda di quale rifiuto è il danno può essere diverso e recentemente si è scoperto che i mozziconi di sigaretta danneggiano la crescita delle piante vicine. A dirlo è un studio condotto dall’Università Anglia Ruskin di Cambridge. Per i ricercatori di questa facoltà questi particolari scarti umani sono in grado di influire sulla germinazione delle piante.

Prendendo per esempio la comune erba, la germinazione di quest’ultima viene ridotta del 10% mentre la crescita risulta minore del 13%. Nel caso del trifoglio questi numeri aumentano, rispettivamente 27 e 28%. Considerando la quantità di mozziconi che l’uomo disperde nell’ambiente questo si trasforma in un problema abbastanza grave. Secondo la BBC, a livello globale vengono dispersi per il globo 4,5 trilioni di mozziconi, una stima basata sulle 5,6 trilioni di sigarette prodotte.

 

Mozziconi di sigaretta e la crescita delle piante

L’elemento principale che causa problemi alle piante circostanti è l’acetato di cellulosa, una plastica la cui decomposizione avviene in circa 10 anni. Questo elemento fa parte del filtro il quale secondo diversi studi risulta essere completamente inutile. Fumare una sigaretta col filtro o no non cambia i danni alla salute, ma non avere tale parte potrebbe favorire la natura. Già l’anno scorso una proposta per vietare il filtro, e quindi l’acetato di cellulosa, era stata presentata in California. Purtroppo venne respinta e questo sembra avere chiuso quasi tutti gli spiragli. Al momento l’unica soluzione sarebbe quella di non buttare i mozziconi per terra, ma si parla di 4,5 trilioni all’anno.

Kena Mobile: ecco le nuove promozioni adatte a tutti gli utenti

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Gli operatori virtuali stanno acquistando sempre più notorietà. Dopo l’arrivo in Italia di Iliad, questi hanno fatto decisamente il salto di qualità per le loro tariffe davvero vantaggiose. Ogni operatore telefonico ha il suo operatore virtuale. Oggi, vogliamo parlarvi di quello di Tim, Kena Mobile. Scopriamo le nuove interessantissime promozioni dell’azienda.

Non è la prima volta che parliamo dell’operatore virtuale di Tim. Questo, infatti, risulta essere molto famoso per aver proposto nel corso del tempo delle offerte davvero mozzafiato. Le promozioni di cui vogliamo parlarvi oggi risultano essere adatte a tutti i tipi di utenti. Andiamo a scoprirne i dettagli.

 

Kena Mobile: il pacchetto che soddisfa tutti i clienti

Ebbene sì, il noto operatore virtuale ha deciso di proporre ben tre offerte differenti adatte a tutti i clienti. Parliamo, infatti, di un unico pacchetto ma con tre prezzi differenti in base all’operatore di provenienza. Il pacchetto comprende minuti illimitati verso tutti, messaggi illimitati verso tutti e 50 GB di traffico dati in 4G fino a 30 Mbps. Questo viene proposto allo strepitoso prezzo di 6,99 euro per tutti coloro che provengono da operatori virtuali (escluso Ho Mobile) o da Iliad. 8,99 euro in esclusiva per chi proviene da Ho Mobile. 12,99 euro per tutti coloro che provengono da altri operatori o attivano una nuova scheda.

Le tre promozioni risultano essere a tempo limitato. l’attivazione online è in offerta ed è completamente gratuita. L’unico costo da sostenere è quello della SIM, 5 euro. Le offerte possono essere sottoscritte online o in un punto vendita Kena Mobile. Restate in attesa per eventuali aggiornamenti a riguardo.

WhatsApp: sta per arrivare finalmente l’app per iPad

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WhatsApp risulta essere a tutti gli effetti la piattaforma di messaggistica più utilizzata in Italia. Nonostante nel corso degli anni, la piattaforma abbia fatto davvero passi da gigante a livello di aggiornamenti, questa rimane ancora arretrata su alcuni aspetti. Nelle prossime settimane arriverà un aggiornamento che metterà fine a due problemi dell’app. Di cosa si tratterà?

L’azienda di Facebook aggiorna WhatsApp per iPhone periodicamente. Il prossimo aggiornamento porterà in campo due novità molto attese. Da una parte, la possibilità di ascoltate gli audio in arrivo direttamente dalle notifiche push. Dall’altra, l’introduzione di un’app dedicata per il tablet della mela morsicata. Era molto tempo, infatti, che gli utenti ne chiedevano una. Andiamo a scoprire i primi dettagli.

 

Whatsapp: la beta dell’aggiornamento conferma le nuove caratteristiche in arrivo

A dare conferma delle novità in arrivo su iPhone e iPad è stato WABetaInfo. Questo, infatti, ha messo già le mani su quella che sarà la nuova versione di WhatsApp per i dispositivi della mela morsicata. Come già anticipato, le novità sostanziali saranno due. Sarà finalmente possible ascoltare memo vocali in arrivo senza dover entrare per forza sull’app. Si potrà farlo, infatti, semplicemente tramite le notifiche Push.

Un’altra novità ancora più interessante riguarda l’arrivo, finalmente, di un’applicazione specifica per iPad. Parliamo di una caratteristica richiesta da una miriade di utenti nel corso degli anni. La casa di Facebook ha finalmente deciso di accontentare gli utenti. Le novità sono attualmente in fase di beta. L’aggiornamento ufficiale dovrebbe essere rilasciato nelle prossime settimane. Restate in attesa per ulteriori aggiornamenti a riguardo.

Apple ha rilasciato finalmente iOS 12.4 e watchOS 5.3

Apple iOS 12.3 beta 5

L’azienda della mela morsicata, Apple, è più impegnata che mai sul fronte degli aggiornamenti software. Nelle scorse ore, la casa ha finalmente rilasciato uno degli aggiornamenti più attesi delle ultime settimane. Parliamo, ovviamente, di iOS 12.4. Il colosso di Cupertino ha deciso di rilasciarlo dopo una miriade di beta. Insieme ad esso, anche il nuovo watchOS 5.3. Quali sono le novità dei due aggiornamenti?

iOS 12.4 ha avuto una storia abbastanza contorta. L’aggiornamento, infatti, avrebbe dovuto vedere la luce già qualche settimana fa. Ricordiamo che questo è conosciuto come l’update in grado di portare Apple Card sui dispositivi della mela morsicata. Cupertino si è presa tutto il tempo per fare i dovuti test alla release. Ora è stata finalmente pubblicata. Andiamo a scoprire le novità più importanti.

 

Apple: trasferimento di dati wireless tra iPhone

Il nuovo aggiornamento software di iPhone non porta molte novità. La feature decisamente più importante riguarda l’introduzione della possibilità di effettuare un passaggio dati da un iPhone vecchio a uno nuovo in maniera completamente wireless. Un’introduzione di questo tipo risulta essere molto comoda per coloro che non vogliono utilizzare un computer per l’operazione. Negli Stati Uniti, l’aggiornamento porta in campo anche diverse migliorie per il servizio News di Apple.

Per quanto riguarda watchOS 5.3, invece, la novità più sostanziale risulta essere la reintroduzione della funzione Walkie Talkie. Pare, infatti, che Apple abbia risolto il problema di sicurezza correlato alla feature. Ricordiamo che salvo aggiornamenti minori, il prossimo aggiornamento in vista, dopo questo, sarà iOS 13. Restate in attesa per eventuali aggiornamenti a riguardo.

Apple adotterà una nuova tecnologia per il display dei suoi iPhone

Apple

Apple sta considerando la possibilità di montare uno schermo con frequenza di aggiornamento 60Hz/120Hz su iPhone nel 2020 e ne sta discutendo con Samsung e LG“, ha affermato UniverseIce, noto blogger e insider, su Twitter. L’internauta non si interessa spesso del mondo Apple, ma è una fonte più che affidabile e di solito molto ben informata, soprattutto su Samsung. Samsung e LG sono infatti noti fornitori di schermi OLED per iPhone XS e XS Max.

Apple

Sull’iPad Pro, il display ProMotion può scalare in modo dinamico le frequenze di aggiornamento in base ad esigenze di prestazioni e di durata della batteria. Il tablet continua comunque a utilizzare la tecnologia LCD e Apple non ha ancora implementato 120 hertz su nessuno dei suoi prodotti OLED. Poco è invece emerso sugli iPhone 2020, probabilmente perchè Apple sta ancora finalizzando il lavoro di progettazione.

 

L’unica cosa certa è che Apple ha davvero molte frecce al proprio arco

Alcune indiscrezioni hanno suggerito che Apple utilizzerà una fotocamera TrueDepth più piccola, in maniera tale da ridurre latacca” sui suoi schermi OLED, e in più un sistema di lentia sette pezzi” per la fotocamera posteriore. Un’affermazione più discutibile riguarda invece la probabile uscita di un modello esclusivo per il mercato cinese, che potrebbe abbandonare Face ID in favore di una tecnologia Touch ID sotto il display.

Apple

Come spesso è stato in passato, ci si aspetta che Apple presenti una gamma composta da tre modelli, tutti basati su una tecnologia OLED per i loro schermi, dalle dimensioni di 5.4, 6.1 e 6.7 pollici. L’unità da 6,1 pollici potrebbe tuttavia rinunciare al supporto 5G, riservando la prerogativa al modello di media gamma, come l’iPhone XR del 2018.

SpaceX lancerà i suoi razzi in orbita “entro due o tre mesi”, assicura Musk

SpaceX

Elon Musk, CEO di SpaceX, crede che entrambi i suoi prototipi di missili spaziali, sviluppati dalla compagnia spaziale privata, volerannoin 2 o 3 mesi“, un vero e proprio azzardo se consideriamo che il volo del prototipo Starhopper ha fallito clamorosamente durante un test la scorsa settimana. SpaceX sta peraltro sviluppando due prototipi di veicoli, sia in Texas che in Florida. Entrambi i team sviluppano autonomamente i propri razzi, nel tentativo di stimolare la concorrenza interna e arrivare a progressi che non sarebbero possibili con un solo team al lavoro sul medesimo progetto.

SpaceX

All’inizio di questo mese, Musk aveva inoltre dichiarato che il test inaugurale del suo prototipo Starhopper, che sfrutta lo stesso tipo di tecnologia in dotazione della navetta principale Starship, sarebbe avvenuto martedì scorso, 16 luglio. Questi piani hanno però subito una brusca battuta d’arresto quando un test preliminare ha provocato un esplosione del veicolo. Musk ha in seguito dichiarato via Twitter che questo era il risultato di una “perdita di carburante“, ma ha aggiunto che in realtà non c’era alcun danno significativo alla struttura interna di Starhopper.

 

Da SpaceX rassicurano: “Nessun ritardo, prevediamo di concludere con successo i test”

Il CEO di SpaceX ha quindi proseguito con una nuova tabella di marcia per il nuovo test, rassicurando che avrebbe avuto luogo durante questa settimana. Questo è sicuramente un passaggio obbligato per la società, che si trova ora a dover anticipare qualsiasi volo di prova dei prototipi Starhopper. Questi test consisteranno in voli sub-orbitali, ha detto Musk, seguiti dai test orbitali “2 o 3 mesi” dopo di essi.

SpaceX

Sulla base di come le tempistiche dichiarate da Musk saranno rispettate e nonostante le difficoltà incontrate, sembra ci siano buone probabilità che gli ultimi preparativi siano conclusi con successo. Musk ha inoltre condiviso alcuni dettagli sul lancio di Starship, che pare utilizzerà una struttura di lancio tutta nuova, che è attualmente in costruzione in un altro sito, proprio come fu per Falcon 9 e Falcon Heavy.

Telescopio TMT: i cittadini hawaiani insorgono a difesa del suolo sacro

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Alcuni manifestanti e alcune delle stesse autorità hawaiane stanno promuovendo numerose iniziative per contrastare i piani che prevedono la costruzione di un telescopio sulla cima di una montagna che alcuni hawaiani nativi considerano sacra. I dimostranti hanno formato un blocco per impedire l’accesso alla montagna più alta delle Hawaii, il Mauna Kea. Il governatore David Ige ha firmato un proclama di emergenza, dando ai funzionari delle forze dell’ordine maggiori spazi di manovra al fine di interrompere il blocco.

 

Non si fermano le proteste contro la costruzione del telescopio spaziale TMT

Il Thirty Meter Telescope (TMT) sarebbe tra i telescopi più grandi al mondo. Il progetto da 1,4 miliardi di dollari è stato a lungo fonte di controversie tra la popolazione delle Hawaii, dal momento che i manifestanti ritengono non solo che esso violerebbe il terreno sacro, ma anche che causerebbe seri danni ambientali. Il lavoro era stato precedentemente sospeso dopo le proteste del 2015, ma la Corte Suprema ha deciso ad ottobre che la costruzione sarebbe dovuta proseguire.

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Le proteste di questa settimana, guidate da un gruppo di nativi hawaiani, sono iniziate dopo che le autorità hanno annunciato che i lavori di costruzione del TMT avrebbero a breve avuto il via. Durante la terza giornata di proteste di mercoledì, oltre 1.000 persone si sono unite al blocco, secondo i resoconti dei media locali. Ma i funzionari sostengono che anche se i manifestanti hanno ritardato i loro piani, non sono riusciti ad interrompere il progetto.

 

La popolazione teme non solo la violazione del suolo sacro, ma anche seri danni ambientali

La polizia ha peraltro arrestato diverse persone che si erano rifiutate di sbloccare la strada, fatti che hanno spinto il governatore Ige ad emettere la proclamazione di emergenza. “Questo provvedimento emergenziale fornisce alle forze dell’ordine maggiore flessibilità e autorità per chiudere più aree e limitare l’accesso alla montagna“, ha dichiarato. “Ciò consentirà alle forze dell’ordine di migliorare la gestione del sito e delle aree circostanti e di garantire la sicurezza pubblica“.

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Mauna Kea è un vulcano inattivo. Non ci sono attualmente limiti legali alla costruzione del telescopio sul sito e l’opposizione alla costruzione è iniziata decenni or sono poiché molti indigeni la considerano una montagna sacra. Ma per gli scienziati, i cieli senza nuvole, il basso vapore atmosferico e altre condizioni lo rendono tra i migliori siti al mondo per l’astronomia.

Airbus presenta il concept di un aereo ibrido commerciale simile ad un uccello

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Airbus ha presentato un nuovo progetto concettuale per un aereo commerciale simile a un uccello, la cui struttura cerca di imitare un falco o un’aquila. Chiamato “Bird of Prey“, l’obiettivo progettuale non è quello di rappresentare un vero velivolo, ma piuttosto quello di ispirare la prossima generazione di ingegneri aeronautici.

Il design è stato presentato oggi in occasione dell’evento Royal International Air Tattoo e, secondo Airbus, è un aereo ibrido-elettrico con una capacità di 80 passeggeri e la cui forma ad ala e la parte posteriore imitano le ali e la coda piumate di un uccello.

 

Lo scopo è incoraggiare gli ingegneri più giovani

La compagnia ha rivelato che l’aeromobile avrebbe un’autonomia di 1.500 chilometri e comprende quattro eliche controrotanti, oltre a una struttura completamente composita nella fusoliera. Il design è stato creato con l’aiuto di ingegneri britannici e del team di ricerca e sviluppo di Tolosa. È stato appreso che il concetto verrà presentato come un elemento importante del progetto. 

Liam Fox, segretario governativo per il commercio internazionale, ha affermato che l’industria aeronautica del Regno Unito ha richiesto un aumento del numero di giovani ingegneri coinvolti nello sviluppo di nuove tecnologie per il settore. In questo modo, gli inglesi potrebbero avere un vantaggio competitivo rispetto ad altri paesi. A questo proposito, Fox ha dichiarato: “Il settore aerospaziale nel Regno Unito è un settore di £40 miliardi (50 miliardi di dollari), con il 90% di ciò che produce esportato“.

Da parte sua, il direttore operativo di Airbus, Mark Bentall, ha affermato che diversi elementi del progetto concettuale “Bird of Prey” sono collegati ai progetti di ricerca aeronautica del Regno Unito. Per questo motivo, ha assicurato che, anche se il disegno con le penne sulle ali dell’aereo non sarebbe il vero scopo del programma, il design della punta dell’ala, il miglioramento dei comandi del velivolo e il suo concetto ibrido-elettrico, rappresenta un area di grande interesse per il governo.

Salvare le foreste pluviali tropicali per aiutare a curare il mondo

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Attualmente il nostro pianeta è una pentola piena d’acqua messa sul fuoco e noi stiamo nuotando beati dentro di essa. Qualcuno si è accorto che la temperatura si sta alzando, ma non a tutti sembra importare e le possibili soluzioni vengono ignorate. Forse è una metafora abbastanza semplicista, ma il mondo sta andando avanti pressoché in questa maniera. Di modi per cercare di salvare tutti ce ne sono e di recente uno studio ne ha proposto un altro che risulta anche facilmente attuabile e riguarda le foreste pluviali tropicali.

Quest’ultime sono dei grossi polmoni verdi che si trovano nelle regionali equatoriali delle Americhe, Africa, Indonesia e Asia sud-orientale. Purtroppo i numeri si alberi sta riducendo drasticamente e questo a causa della mano dell’uomo. Incedi boschivi, disboscamento, caccia, costruzione di infrastrutture e altro ancora. Se da un lato tutto questo si può vedere come un attacco alle specie animali che vivono in queste regione, dall’altro c’è anche un attacco alla salute del nostro pianeta.

 

Salvare le foreste pluviali tropicali per salvare il mondo

Un studio pubblicato su Science condotto da alcuni ricercatori europei ha sottolineato come al mondo esista attualmente lo spazio per la creazione di quasi 1 miliardi di ettari di questo tipo di foreste. La crescita di una così vasta area di alberi permetterebbe non solo la preservazione degli habitat, ma anche a combattere il cambiamento climatico. Gli alberi aiutano a ridurre la presenza di carbonio nell’aria immagazzinandolo, migliorano la qualità dell’aria e purificano l’acqua.

Purtroppo creare una così vasta area non è facile per ovvie ragione, come lo sviluppo delle popolazioni che ne vivono ridosso. Per questo motivo lo studio è andato oltre e ha identificato alcuni luoghi definiti hotspots che sarebbero perfetti per l’inizio del risanamento di tali foreste. La speranze è che il loro studio facilita un comportamento orientato alla salvaguardia e al ripristino di questi polmoni verdi.

La lista di specie minacciate a livello globale si allunga: sono oltre 28.000

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Nel corso dei secoli, soprattutto degli ultimi due, l’uomo ha modellato il mondo cercando di renderlo più confortevole per la propria specie. Facendo questo, volente o nolente, ha trasformato gli habitat di altre specie, anche vegetali, rendendogli la vita più complicata; a questo va aggiunto anche l’effetto involontario ovvero i cambiamenti climatici. Il risultato di tutto questo è stato far estinguere alcune di queste e rende in pericolo molte altre. Un nuovo studio che ha preso in esame 106.000 specie ha quantificato che oltre 28.000 sono effettivamente a rischio.

Spesso si grida a come l’uomo abbia portato all’estinzione 1 milione di specie diverse, ma non è assolutamente così. Il numero è alto, certamente, ma non così tanto. Secondo l’IUCN, l’Unione Internazionale per la conservazione della natura, dal 1500 ad oggi se ne sono estinte 873, un numero di grand lunga più piccolo del milione. In ogni caso a questo numero va aggiunto quello di quelle minacciate che sono ben 28.338, ovvero il 27% di quelle prese in esame.

 

Specie a rischio e numeri in crescita

In questo aggiornamento la lista rossa di specie ha visto un aumento di 7000 nomi provenienti da tutto il mondo; di sicuro nei prossimi anni questo numero aumenterà sempre di più. Solo dall’Australia, a questo giro, sono arrivati 501 nomi, a sottolineare come anche un clima già estremo come quello della mega-isola, e quasi superficie totale del continente dell’Oceania, possa peggiorare rendendo impossibile la vita per alcune specie viventi. Niente e nessuno è salvo da tutto questo, animali acquatici, terrestri, volativi, piante, funghi e insetti.

Per essere più felici bisogna vivere vicino all’acqua

mare acqua essere più felici

Un azzurro specchio d’acqua, l’infinita distesa del mare con le sue acque profonde, sono da sempre sinonimo di calma interiore e trasmettono tranquillità e pace. Persino quando è in tempesta il mare riesce a farci stare meglio e la nostra mente scarica le sue tensioni sulla riva assieme alle onde. Ma secondo quanto scritto nel libro del ricercatore Wallace J. Nichols, dove ha raccolto tutte le sue ricerche, la vicinanza con l’acqua potrebbe anche farci essere più felici, non solo più sereni.

 

Blue Mind: essere più felici guardando l’acqua

Il libro, dal lungo titolo “Blue Mind: The Surprising Science That Shows How Being Near, In, On, Or Under Water Can Make You Happier, Healthier, More Connected, And Better At What You Do” (“La mente Blu: la scienza sorprendente che mostra come stare vicino, sopra, dentro o sotto l’acqua possa renderti più felice, più sano, più connesso e migliore nelle tue azioni”), racconta quindi come, attraverso le sue ricerche, Nichols abbia concluso che la vicinanza con l’acqua sia necessaria per la salute della nostra mente.

In una ricerca durata un decennio l’autore ha infatti dimostrato che la prossimità con l’acqua sia in grado di indurre il cervello umano al rilascio di sostanze come serotonina, dopamina ed ossitocina, tutte correlate con il benessere mentale e la felicità. Ma come avviene tutto ciò? Perché l’acqua ci fa essere più felici? Le ragioni possono essere molteplici e di diversa natura, ma ne riporteremo solo alcune brevemente riassunte, se poi siete interessati ad approfondire l’argomento potete ricorrere alla lettura del volume di Nichols.

 

Il contatto con le origine biologiche ed evolutive

In questo moderno mondo, così stressato e stressante, secondo Nichols ricaricare la mente è di fondamentale importanza e l’acqua sarebbe in grado di portare giovamento alle menti stanche. A sostegno di questa tesi, l’autore cita uno studio pubblicato su Environmental Psychology nel 1995 in il rendimento e la concentrazione di alcuni studenti vennero analizzate in modo comparativo tra due diversi gruppi. Ad uno dei due gruppi di studenti furono assegnate delle stanze con vista su un paesaggio urbano, mentre all’altro con vedute su paesaggi naturali. Questa comparazione aveva dimostrato che la vista di paesaggi con boschi e laghi, produceva come effetto l’ottenimento di risultati migliori nello studio e una maggiore attenzione.

Ma non è solo la tranquillità che ci trasmette a fare dell’acqua un valido aiuto per il nostro stato d’animo, l’acqua infatti è l’elemento che ci ospita sin dall’inizio della nostra esistenza. I nostri primi 9 mesi li abbiamo trascorsi immersi nel liquido amniotico all’interno del grembo materno, sicuri, protetti ed amati. Inoltre il corpo dei bambini presenta una percentuale di acqua più alta rispetto agli adulti (75% contro 60%). A questo si aggiunge il fatto che il cervello rimane comunque per i suoi ¾ composto di acqua e che lo è anche i 31% delle ossa.

Il cervello, permeato dal liquido cerebrospinale, reagisce quindi positivamente all’acqua perché ad essa siamo da sempre connessi. Non solo dall’inizio della nostra vita, ma dall’inizio della storia evolutiva dell’uomo. Secondo quanto riporta Nichols infatti “i nostri antenati vennero fuori dall’acqua (…) I feti umani, nelle prime fasi di sviluppo, hanno ancora strutture simili a fessure branchiali”. Ecco perché a contatto con l’acqua ci sentiamo “a casa”.

 

Che cosa ci fa essere più felici? La natura ed il blu

Ma non è solo l’essenza ed il legame con l’acqua a farci stare bene. Sembrerebbe infatti che anche il colore blu abbia degli effetti positivi sulla nostra mente. Questa tesi è supportata da uno studio del 2003, condotto su un campione di 232 persone di tutto il mondo. La maggioranza dei partecipanti ha indicato il blu come colore preferito e Nichols non si è mostrato affatto sorpreso di questo risultato, dato che questo è il colore predominante della Terra, tra cielo ed acqua.

Analogamente a quanto accaduto per il rendimento degli studenti con camere vista natura o vista città, in un altro studio citato nello scritto di Nichols, viene dimostrato come, osservare un paesaggio naturale, meglio ancora se marino, possa calmare il nostro subconscio stimolando aree del cervello associate alla positività, ai ricordi felici ed alla stabilità emotiva. Ovviamente la vista di una città o di un agglomerato urbano, stimola al contrario aree cerebrali legate allo stress.

La vicinanza con l’acqua ci aiuta quindi ad essere più felici, e Nichols lo dimostra con un altro studio, condotto nel 2010 attraverso l’app Mappiness, Con questa applicazione i ricercatori hanno chiesto a più di 22.000 utenti, di indicare il loro stato d’animo indicando il livello di felicità in un dato momento e luogo. Dallo studio è per l’appunto emerso che le persone erano più felici in prossimità di paesaggi naturali, con un aumento del 5,2% in prossimità di un corso d’acqua, un lago od al mare.